Si espande a macchia d’olio nella vicina Giovinazzo l’inchiesta giudiziaria che ruota attorno ai 146 lotti, 34 dei quali già abitati, «costruiti – secondo l’accusa – in barba alla destinazione urbanistica, tipizzata, in quella maglia, come zona artigianale».
Nelle ultime ore, infatti, la Procura della Repubblica di Bari ha notificato a 173 persone (all'inizio erano "appena" 50, ndr), coinvolte, a vario titolo, nell’inchiesta sulla zona D1.1, i relativi avvisi di conclusione delle indagini preliminari.
Tra nomi eccellenti e meno noti di Giovinazzo, anche indagati molfettesi. Si tratta di circa 20 persone, tra rappresentanti legali, amministratori e soci di aziende del settore edile. Ma anche proprietari e assegnatari dei lotti.
173 avvisi di conclusione delle indagini preliminari che il penalista Tiziano Tedeschi, difensore di alcuni indagati, definisce «un atto dovuto».
«Alla luce degli esiti peritali dei consulenti del pubblico ministero Renato Nitti, esiti per diversi aspetti non condivisibili – prosegue davanti ai nostri taccuini – tali avvisi di conclusione delle indagini preliminari risultano essere dei semplici atti dovuti».
D'altronde, con l'avviso di conclusione delle indagini «il pubblico ministero formalizza il capo d'imputazione dando la possibilità alle parti di poter prendere visione degli atti e di poter depositare documenti e memorie» tira dritto Tiziano Tedeschi.
Al centro delle analisi investigative avviate dalla magistratura barese figurano, adesso, anche due nomi eccellenti: il 46enne Vincenzo Turturro, in carica dal 2006, ed ora a capo del settore Urbanistica, Ambiente, Attività Produttive, Patrimonio e Lavori Pubblici del Comune di Giovinazzo, e il suo predecessore, il 65enne Gaetano Remine, in carica sino al 2005.
«In qualità di dirigente dell'U.T.C. – sezione edilizia privata del Comune di Giovinazzo, in carica dal 2006– si legge nell'atto notificato all'arch. Vincenzo Turturro – lo stesso ha adottato gli atti dell'iter procedimentale della lottizzazione e dei singoli P.d.C.».
L'ing. Gaetano Remine, invece, «in qualità di ex dirigente dell'U.T.C. – sezione edilizia privata del Comune di Giovinazzo, in carica fino al 2005, ha adottato gli atti dell'iter procedimentale, è stato il firmatario del frazionamento propedeutico alla lottizzazione ed ha altresì partecipato alla convenzione di lottizzazione del 25 maggio 2004».
Assieme a loro, nel fascicolo d'inchiesta del pubblico ministero inquirente, Renato Nitti, sono iscritti i nomi di 123 acquirenti assegnatari e proprietari dei lotti, 35 imprenditori e 13 direttori dei lavori e progettisti. In tutto sono 173 gli indagati dalla Procura della Repubblica di Bari.
Tutti inquisiti, a vario titolo, per i reati di lottizzazione abusiva e violazione del testo unico delle norme sull’edilizia.
«L'imputazione così come prospettata, a carico di 173 indagati – va avanti il legale giovinazzese –prevede anche il coinvolgimento di soggetti che tecnicamente non hanno avuto un rapporto diretto con gli atti oggetto di contestazione».
Per il pubblico ministero Renato Nitti, invece, titolare dell'inchiesta «i 173 indagati, in corso tra loro, hanno realizzato una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale comportante una profonda alterazione del carico urbanistico».
«Ed, in particolare – prosegue – hanno realizzato la lottizzazione della maglia D1.1 destinata ad attività artigianale di servizio in violazione di numerosi strumenti urbanistici vigenti».
Secondo il Piano Regolatore Generale Comunale, infatti, la vasta area, riservata per il 75% ad unità artigianali e per il restante 25% ad insediamenti abitativi, doveva essere destinata a zona artigianale.
Ma in realtà, sino al blitz congiunto di Carabinieri, Corpo Forestale dello Stato e Polizia Municipale, era in corso la costruzione di vere e proprie villette acquistate da chi non aveva nessuna intenzione di aprire un’attività artigianale.
Acquistate come abitazioni residenziali (e non come "casa e bottega"), alcune pagate a prezzi di mercato, altre con le agevolazioni previste dalla legge per gli artigiani, appunto.
Per ogni lotto si sarebbero potuti realizzare tre piani, di cui uno (interrato) da destinare a garage, uno (piano terra) all’attività artigianale e uno (il primo) per gli uffici e l’abitazione dell’artigiano.
«Di fatto nelle unità immobiliari – secondo la Procura della Repubblica di Bari – non vi sarebbe traccia di questa suddivisione, anzi i tre piani sarebbero stati adibiti a locali esclusivamente residenziali».
«Il piano terra, per esempio, dove doveva essere realizzato il laboratorio artigianale – si legge nella nota – era nella gran parte delle unità immobiliari realizzate diventato un piano rialzato ed adibito a "zona giorno", il primo piano a "zona notte" ed esternamente erano stati realizzati anche dei balconi che, invece, non sono previsti nei lotti artigianali».
«Non solo, ma anche l’iter amministrativo della lottizzazione sarebbe – sempre per la Procura della Repubblica di Bari – illeggittimo: in fase di approvazione da parte della massima assise cittadina non è stato richiesto il parere delle Ferrovie dello Stato, proprietario di alcuni suoli nella zona».
«In fase di realizzazione – va avanti – non sono state rispettate le distanze di sicurezza dai binari (i lotti sono stati costruiti a 20 metri di distanza, le normative urbanistiche ne richiedono 30)».
«La volumetria residenziale non doveva, poi, essere superiore al 20% di quella prevista ad attività produttiva. Ed infine – afferma la Procura della Repubblica di Bari – non è stata rispettata la legge Tognoli, lì dove si stabilisce la superficie minima che in ogni lottizzazione deve essere riservata ai parcheggi».
Secondo Tiziano Tedeschi, invece, «le perizie richieste dal pubblico ministero Renato Nitti e dal giudice per le indagini preliminari Vito Fanizzi non hanno dimostrato esaustivamente la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio che avrebbe comportato la profonda alterazione del carico urbanistico».
«Ma tutto ciò – aggiunge – sarà oggetto di attente discussioni nelle sedi giudiziarie».
«Allo stato, purtroppo, si prospettano tempo non brevi per la risoluzione della vicenda che vede implicati anche cittadini completamente ignari di quanto a loro contestato», dice ancora.
Ed infine dinanzi ai nostri taccuini si congeda con queste parole: «Di certo questa è una vicenda che avrà degli effetti allo stato poco preventivabili sia in ordine di tempo che rispetto ai risultati anche se – termina – vi sono una serie di argomentazioni pregnanti a favore della difesa».
Uno L'Ing Remine è stato in carica sino al 2004 primo appunto , due prima di nominare le persone la convenzione era un atto dovuto che doveva firmare x forza , tre è un nome che pochi possono essere degni di nominarlo grazie.