Il 29 luglio 2006 è stato definitivamente approvato il disegno di legge che – raccogliendo consensi trasversali nella maggioranza e nell’opposizione – ha introdotto un provvedimento di “ indulto ”. Si tratta di uno sconto di pena di tre anni per chi ha commesso reati fino al 2 maggio 2006. Sono state stabilite molte esclusioni: l’indulto non è applicabile ai reati di terrorismo (compresa l’associazione eversiva), strage, banda armata, schiavitù, prostituzione minorile, pedo-pornografia, tratta di persone, violenza sessuale, sequestro, riciclaggio, produzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti, usura.
Nessuno sconto di pena per chi è stato condannato per mafia, salva l’eccezione per chi ha violato l’articolo 416-ter del Codice penale sul voto di scambio (che punisce chi chiede i voti alla mafia in cambio di denaro). Lo sconto di pena sarà comunque condizionato alla buona condotta fuori dalla cella: in caso di commissione di nuovi reati nei cinque anni successivi alla concessione dell’indulto, il beneficio sarà revocato.
Si tratta di un provvedimento lungamente atteso e che trova il proprio fondamento nell’esigenza di sfoltire l’ormai cronico sovraffollamento delle nostre carceri e di evitare l’ingolfamento della macchina giudiziaria, oltre che nella necessità contingente di non deludere le aspettative che si erano da tempo create all’interno della popolazione carceraria.
Se questa doveva essere (ed effettivamente è) la ragion d’essere dell’ indulto, logica avrebbe voluto che si adottasse un provvedimento selettivo, incentrato su quelle tipologie di reati e di autori (tossicodipendenti, immigrati clandestini, eccetera) che effettivamente affollano le carceri e le aule giudiziarie. Sorprende, in particolare, il fatto che l’indulto sia destinato ad estendersi anche a quei reati tipicamente espressivi delle più gravi forme di criminalità economica (corruzione e concussione, reati societari e fallimentari, reati finanziari, tributari, in materia di sicurezza del lavoro e di protezione dell’ambiente, e così via), rispetto ai quali non sussiste alcuna delle ragioni che giustificano il provvedimento di clemenza.
Non sono, certo, i reati economici quelli che sovraccaricano le scarse risorse umane e materiali della giustizia penale, né sono gli autori di tali reati quelli che compongono la popolazione carceraria italiana – salvo rarissime quanto clamorose eccezioni.
Se poi dovesse risultare che questo sia stato il prezzo politico da pagare per ottenere il voto favorevole all’indulto da parte del maggior partito di opposizione, allora si dovrebbe amaramente constatare una sorta di paradossale reviviscenza della nefasta stagione delle leggi “ad personam”, che si auspicava estinta con la fine del precedente governo.
Dopo i guasti legislativi e le polemiche del quinquennio appena trascorso, ci si sarebbe invece aspettati su questo terreno un’iniziativa governativa e parlamentare di ben altro spessore. Viceversa, già in sede di formazione della compagine governativa, non sembra essersi tenuto adeguato conto della gravità e serietà del problema della giustizia in Italia; sarebbe stata auspicabile un’assegnazione del ministero della Giustizia secondo criteri analoghi a quelli seguiti per il Ministero dell’Economia, ossia con la ricerca di una personalità tecnica di riconosciuta indipendenza e prestigio, individuata sulla base di un preciso "progetto giustizia", del quale invece non si vedono ancora le tracce.
Vorrei augurarmi, sinceramente, che lo scetticismo e il pessimismo di oggi possano venire presto smentiti dai fatti.
Con questa speranza dobbiamo convincerci che l’indulto è stato un provvedimento di clemenza ispirato, forse, a ragioni di pura opportunità politica e pacificazione sociale e non ha alle sue radici un vero e proprio progetto. Mentre il dibattito è ancora in corso le carceri ricominciano a riempirsi ma non di “ colletti bianchi”.
Questo provvedimento ha accelerato un processo socio-ambientale in atto nel nostro Paese, che produce una sorta di “indulto permanente” e consolida una prassi di deroga a leggi e norme giuridiche; la nostra città – sotto questo aspetto – potrebbe rappresentare un interessante laboratorio giuridico e di costume. I circa 70 graziati da “Indultopoli” che sono tornati a casa devono farci riflettere sulla storia di questa città in termini percentuali rispetto al numero di abitanti. Ma la beffa, se così si può chiamare, non riguarda tanto questi cittadini che hanno purtroppo fatto una loro scelta di vita, ma riguarderà tutti gli altri che non andranno mai in galera. Se visitate i siti Web che ci aiutano a ricostruire l’elenco dei reati che rientrano in “Indultopoli”, con grande stupore e tantissima amarezza scoprirete che reati come – peculato, indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, concussione, abuso d’ufficio, violenza o minaccia a pubblico ufficiale, resistenza a pubblico ufficiale, abusivo esercizio di una professione, scambio elettorale politico-mafioso, delitti colposi contro la salute pubblica, falsificazioni, aggiotaggio, insider trading, bancarotta fraudolenta, estorsione, truffa, ricettazione, impiego di denaro di provenienza illecita – saranno graziati e molti procedimenti penali in corso che riguardano la nostra città si concluderanno a “ tarallucci e vino” . Questo sì, mortifica i cittadini e li allontana sempre di più dalle Istituzioni.
Abbiamo parlato nei mesi scorsi di occupazione abusiva di strade e marciapiedi e durante il mese di agosto Se a questo ci aggiungiamo altre sanzioni che riguardano le condizioni igienico sanitarie e libretti sanitari, la tracciabilità e l’etichettatura della merce, ne viene fuori un quadro desolante e di sfiducia nei confronti di chi dovrebbe quotidianamente controllare amministrativamente il territorio, ma Molfetta è diventata ormai una città in deroga. I giorni successivi alle due operazioni, gli abusivi hanno mantenuto con arroganza i loro spazi ed ancora oggi mentre scrivo nessun intervento radicale da parte dei vigili urbani, perché questa storia è di loro competenza e non dei carabinieri. A margine di questo episodio vi riporto ciò che mi ha risposto un ausiliario del traffico della Multiservizi quando gli ho chiesto perché non facevano pagare il grattino per la sosta degli ambulanti abusivi. Con qualche difficoltà mi ha spiegato che non lo fanno più dopo aver subito il taglio delle gomme alla propria auto. Lascio a voi commentare.
Rimanendo nell’ambito dell’occupazione del suolo pubblico vorrei segnalarvi ancora due realtà in forte espansione. Se riuscirete a scansare le casse dei fruttivendoli, a dribblare ed evitare escrementi canini, dovrete fare i conti, prima o poi, con i paletti parapedonali e/o dissuasori di sosta.Negli ultimi mesi, prima e dopo la campagna elettorale, anche questo è servito a qualcuno per racimolare qualche voto. Abbiamo categorie di cittadini in fascia di eccellenza, privilegiati che si creano davanti alle proprie abitazioni una vera e propria barriera architettonica. Non si riesce mai a capire perché quel civico sì e quello accanto, no. La risposta forse potrebbe darla il Dirigente Comunale dott. De Michele perché esperto in deroghe al codice della strada. Sarebbe interessante sapere se l’installazione è a carico del privato o della pubblica amministrazione; nel caso in cui la seconda ipotesi fosse quella praticata, il fatto sarebbe ancora più grave. Un altro fenomeno in preoccupante crescita è rappresentato dai Pass per diversamente abili che ormai imperversano sui cruscotti delle auto in zona di sosta a pagamento.
Non vorrei essere frainteso dai cittadini direttamente interessati e dalle loro famiglie, ma il fenomeno mi sta preoccupando perché ha avuto un’improvvisa impennata in termini numerici, creando seri problemi al normale reperimento di parcheggio nelle aree a pagamento. Badate bene non sono tanto preoccupato per la carenza di parcheggio, ma di questa anomala crescita di diversamente abili nella nostra città. Se fossi in lei, signor Sindaco, mobiliterei l’Organizzazione Mondiale della Sanità per capire se a Molfetta è scoppiata qualche particolare epidemia che ha creato negli ultimi sei mesi così tante invalidità. Speriamo che sia anche questo un fenomeno legato alle ultime consultazioni elettorali. Però per stare tutti tranquilli un controllo lo farei a tutti i permessi; non vorrei che ci sia qualche permesso intestato a qualche cittadino defunto qualche anno fa o a qualche falso invalido. Dottor de Michele, che ne dice? Siamo in deroga o promuoviamo l’indulto permanente?
matteo d’Ingeo
Caro Matteo, complimenti per il tuo articolo su L’Altra Molfetta, per la qualità di questo post, che con le sottolineature e le foto va benissimo. M’è piaciuta anche l’intervista su molfettalive.it, sarebbe meraviglioso se le tue normalissime idee fossero implementate al più presto.