Un cartello tra imprese riconducibili a pregiudicati avrebbe monopolizzato per anni il commercio del pesce della Puglia settentrionale, uno dei più importanti della regione. Un meccanismo che, a suon di minacce, sarebbe riuscito a indirizzare gli acquisti degli operatori (ristoratori e commercianti al dettaglio) verso un ristretto manipolo di grossisti, danneggiando così i piccoli operatori. È l’oggetto di una inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Bari, partita nel 2019 da un esposto anonimo e concentrata su alcune persone nei cui confronti il pm Ettore Cardinali ipotizza le accuse di concorso in estorsione e associazione per delinquere di stampo mafioso. Accuse che però, almeno in parte, sono state archiviate.
L’inchiesta sul mercato ittico della Puglia settentrionale è molto ramificata, tanto da riguardare due province (Foggia e Bat) e – indirettamente – l’operato di diverse amministrazioni comunali: a gennaio di un anno fa la Prefettura di Foggia ha ad esempio emesso dieci interdittive antimafia nei confronti di altrettante imprese del settore, una delle quali – la Marittica di Manfredonia – collegata con il procedimento che a giugno 2019 ha portato allo scioglimento per mafia del Comune sipontino. Il fascicolo è infatti partito proprio da Foggia, con i pm Maria Gravina e Anna Landi, salvo poi arrivare a Bari per competenza distrettuale sui reati associativi di stampo mafioso.
L’esposto anonimo a base dell’indagine riguarda l’attività di tre società di Bisceglie, Margherita di Savoia e Manfredonia che, in base alle relazioni di servizio della Guardia costiera depositate nel fascicolo, nel 2019 sono state sottoposte a controlli: ne sono emerse violazioni di carattere amministrativo con il conseguente sequestro di prodotti in cattivo stato di conservazione oppure sprovvisti di indicazioni di tracciabilità, spesso acquistati proprio dalla Marittica.
La Procura di Foggia ha così delegato gli approfondimenti al Gico della Finanza di Bari, che ha radiografato il settore ittico di Margherita di Savoia. Nel mirino sono finiti sei grossisti e 26 piccole imprese di pesca e acquacoltura, gran parte delle quali inattive. Almeno sulla carta, a giudicare dai volumi di affari inesistenti: «Diverse di esse – hanno scritto i militari – hanno presentato dichiarazioni dei redditi solo per alcune annualità (spesso relative ad annualità remote), altre ancora hanno dichiarato solo i redditi percepiti come persona fisica da altre ditte, mentre talaltre pur risultando ancora attive non hanno mai presentato alcuna dichiarazione». Vero è che la gran parte degli amministratori sono risultati gravati da precedenti penali o di polizia. Ma questo, secondo i militari, non è sufficiente a dire che il mercato sia controllato da una organizzazione di tipo mafioso: tutt’al più è un settore che si fonda sull’evasione fiscale, visto che 24 dei 32 operatori censiti «hanno omesso di presentare buona parte delle previste dichiarazioni fiscali». L’inchiesta non è finita. Ma al termine dei primi accertamenti Il pm Cardinali ha chiesto l’archiviazione nei confronti di alcuni degli indagati, tra cui A.G., 53 anni, di Bisceglie (avvocato Antonio La Scala), richiesta accolta dal gup Francesco Agnino.
fonte: MASSIMILIANO SCAGLIARINI – www.lagazzettadelmezzogiorno.it