
Era stato condannato a nove anni e tre mesi per la detenzione di un arsenale da guerra in una masseria di Andria. Ha subito recentemente un intervento chirurgico – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it
Non andrà in carcere, almeno per il momento, l’ex giudice barese Giuseppe De Benedictis, condannato a nove anni e tre mesi per la detenzione di un arsenale da guerra in una masseria di Andria, mentre è già stato trasferito dai domiciliari nell’istituto penitenziario di Trani l’imprenditore Antonio Tannoia (otto anni e sette mesi), che di quella masseria era il proprietario. La sentenza di condanna per entrambi è diventata definitiva pochi mesi fa, ma il magistrato ha ottenuto la sospensione del provvedimento da parte della Procura generale di Lecce, alla quale gli avvocati Gianfranco Schirone e Saverio Ingraffia hanno presentato apposita istanza per bloccare l’esecuzione della sentenza.
De Benedictis ha una condizione di salute incompatibile con il regime carcerario — hanno evidenziato gli avvocati — aggravata da un recente intervento chirurgico. E sul punto la Procura generale si è detta d’accordo nel tenerlo lontano dal carcere, in attesa che si pronunci il tribunale di sorveglianza.
Ma rispetto all’udienza che verrà (e che deve ancora essere fissata) ci sono questioni di possibili incompatibilità su cui gli avvocati si preparano a puntare. Perché De Benedictis è stato indagato e processato a Lecce, essendo in servizio all’ufficio gip-gup di Bari quando ha commesso i reati contestati ovvero la detenzione di armi e la corruzione in atti giudiziari, per la quale è stato condannato a sette anni insieme all’avvocato barese Giancarlo Chiariello.
Il tribunale di sorveglianza competente a valutare la sua attuale posizione, invece, è quello del luogo in cui il magistrato è sottoposto a misura cautelare, dunque nel caso specifico Bari, trovandosi agli arresti domiciliari nella sua casa di Molfetta. Proprio nel capoluogo, però, lavorano gli ex colleghi di De Benedictis, alcuni dei quali potrebbero addirittura adesso essere in servizio presso il tribunale di sorveglianza. Per gli avvocati difensori, dunque, si potrebbero profilare questioni di incompatibilità e richieste di spostamento della questione ad altra sede.
Di certo per l’ex giudice evitare il carcere non sarà facile, anche perché a breve potrebbe diventare definitiva anche la condanna per corruzione in atti giudiziari, che a marzo è stata solo lievemente ridimensionata in appello. I difensori hanno già presentato ricorso e in Cassazione sarà discussa anche la posizione del penalista Chiariello, a sua volta protagonista anche di un secondo processo a Bari per infedele dichiarazione dei redditi e di un procedimento davanti al tribunale di prevenzione in cui sta tentando di scongiurare un sequestro di beni milionario. E anche Chiariello rischia il carcere, considerato che la pena in appello è stata ridotta a sei anni (dai nove e otto mesi di primo grado) ma resta comunque al di sopra dei cinque anni che sarebbero necessari per ottenere i benefici di legge, considerato l’anno già scontato.