L’ex giudice De Benedictis e le armi: medici e avvocati nella rete segreta degli acquirenti

I nuovi verbali del secondo processo in cui è imputato l’ex gip insieme con un imprenditore agricolo e un militare dell’Esercito. L’arsenale fu trovato in una masseria ad Andria – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

Il colonnello voleva qualcosa di nuovo, allora ho chiamato il dottore e gli ho detto “Ce l’hai ancora la Ap2000?. Abbiamo fatto una finta cessione e poi lunedì l’ho venduta al colonnello. Io l’ho pagata 500 euro, nuova costa 700. Sono rimasti tutti e due contenti…” – parlavano così il 27 settembre 2020 l’ex giudice barese Giuseppe De Benedictis e un caporal maggiore dell’Esercito, Antonio Serafino. Parlavano nella Fiat Punto del militare, senza sospettare di essere intercettati, e svelavano segreti sui collezionisti di armi della provincia di Bari. I poliziotti della Squadra mobile li ascoltavano da qualche settimana, però, in un’indagine della Dda di Bari sui clan di Bitonto.

L'ex giudice Giuseppe De Benedictis

Ricostruendo i passaggi di armi che finivano agli affiliati, erano andati a ritroso ed erano arrivati prima a Serafino e poi agli appassionati di pistole e fucili che si muovono in un mondo ai confini della legalità e spesso molto vicini ad ambienti di estrema destra. Alcuni di loro sono stati identificati con nome e cognome, di altri si sa soltanto la professione: “l’avvocato”, “il dottore”, “il colonnello”. E poi “il giudice”, ovvero quel De Benedictis che a un certo punto è comparso sulla scena delle indagini e ha indotto il pm Marco D’Agostino e il procuratore aggiunto Francesco Giannella a inviare una parte degli atti a Lecce, dove i pm Roberta Licci e Alessandro Prontera hanno infine chiesto il rinvio a giudizio per lo stesso De Benedictis, Serafino e l’imprenditore agricolo andriese Antonio Tannoia. Quest’ultimo e l’ex magistrato saranno giudicati con il rito abbreviato il 28 giugno. Il caporale ha ottenuto di patteggiare una pena di cinque anni.

Sono accusati di detenzione abusiva di armi e ricettazione in relazione all’arsenale scoperto nella masseria di Andria e ai pezzi trovati nella disponibilità di Serafino e Tannoia. Dal fascicolo principale – che è quello per cui si sta celebrando il processo – sono state stralciate le posizioni di De Benedictis e di un’altra persona, per ulteriori episodi di detenzione abusiva di armi, ricettazione e per falso ideologico commesso da pubblico ufficiale. Che ci fossero “altre complicità da individuare”, del resto, gli inquirenti lo hanno scritto più volte. Perché se fin dall’inizio Serafino è stato indicato come “fornitore di armi in favore di pregiudicati bitontini”, il prosieguo degli accertamenti ha fatto capire che anche De Benedictis sul mercato illecito svolgeva contemporaneamente il ruolo di acquirente e procacciatore.

Da alcune intercettazioni emerge che teneva contatti con persone che avevano disponibilità di fucili e pistole di ogni genere e che in alcuni casi le ha fatte arrivare ad altri appassionati. A Putignano, per esempio, c’era un venditore che il giudice e Serafino sono andati a trovare più di una volta. Un altro contatto per gli acquisti era tale Pietro, che “lavora in prefettura a Massa Carrara” e frequentava gente coinvolta in un blitz in Toscana. Poi c’era “quello di Parma che ha la monofilare in 9 para mai denunciata – diceva De Benedictis il 28 febbraio 2021 – e dobbiamo vedere quanto vuole…”. Un altro che poteva cedere un Uzi, “ma in cambio non vuole soldi, devo vedere che va cercando…”, spiegava ancora l’allora magistrato. Poi un tale Franco, a cui Serafino mandava un messaggio esplicito: “Stavo pulendo la macchinetta che ho preso da te, ma mi sono reso conto che manca uno spillo. Non è che ti è caduto mentre la pulivi?”. E persino un venditore che i due amici indicavano come “il gay, quello da cui comprai un centinaio di cartucce cinesi rosse”.

Una vicenda ancora più esplicita è quella relativa all’acquisto di armi da parte di Luca, commilitone di Serafino in servizio in un’altra regione italiana, che venne a contrattare in un bar di Terlizzi e dal quale potrebbe aver comprato anche Tannoia. “È uno tranquillo, sta nell’Esercito – diceva Serafino all’amico – ha viso da studente, occhiali, capelli brizzolati, 38-40 anni”. Una persona affidabile, ma che proponeva prezzi ritenuti troppo alti: “L’ho conosciuto, è una brava persona – spiegava il caporal maggiore a De Benedictis il 22 febbraio 2021 – ma con i prezzi non ci siamo, è lontano anni luce sia dalle quotazioni che dal contenuto. Se domani vuole rivedere i prezzi, ben venga…”. Nei giorni successivi, evidentemente, si riusciva a trovare un accordo tanto che – secondo gli investigatori – l’acquisto di Serafino di armi da passare poi al giudice andava in porto e il famoso Luca veniva facilmente identificato. A distanza di un paio di mesi, la polizia scopriva l’arsenale ad Andria – che si ritiene riconducibile a De Benedictis – e poi armi illegali anche nella disponibilità di Tannoia e Serafino.

In casa di quest’ultimo a Ruvo di Puglia, oltre al materiale che si ritiene servisse per modificare le armi, sono stati trovati anche un quadro, tre mattoncini e un orologio da muro raffiguranti Benito Mussolini nonché un libro da collezione intitolato Mussolini pensiero e azione.

 

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