Le ultime bugie di Cristoforo Brattoli

Lettera aperta rivolta a Cristoforo Brattoli, scritta il 23 agosto 2011 da Matteo d’Ingeo

Sento il dovere morale, e civico, d’intervenire sul manifesto tormentone di fine estate firmato da un cittadino, autore di quel gesto criminale efferato che stroncò la vita del nostro Sindaco Gianni Carnicella.
Sono stato coinvolto indirettamente in uno dei quadretti dell’improvvisato cantastorie e il mio è un intervento personale nella veste di semplice cittadino da sempre impegnato come volontario della cittadinanza attiva; non sono mai stato un giornalista e non ho mai avuto tesserini di pubblicista, per scelta, ma sono stato “onorato” dal Brattoli da questa nobile e difficile investitura.
Sorprende il modo in cui, lui, abbia voluto coinvolgermi, quasi fossi depositario e custode fedele dei tanti segreti della vita politica molfettese degli ultimi 20 anni; sorprende anche il comportamento di taluni “giornalisti” che, pur di non riportare il mio nome, pur scritto sul manifesto, hanno recuperato dai loro archivi le sigle di movimenti e associazioni che il sottoscritto ha orgogliosamente rappresentato e rappresenta ancora oggi.
Il mio messaggio sarà principalmente rivolto a Cristofaro Brattoli, ma è anche rivolto a quei direttori di testate giornalistiche, responsabili di redazioni, editori, giornalisti e pubblicisti che in questa città censurano e imbavagliano notizie, fatti e persone rendendosi indirettamente responsabili dell’oscuramento dell’informazione diventando detrattori di verità.
Questa città, anche se in tanti non lo vogliono accettare, è morta insieme al suo sindaco quel pomeriggio del 7 luglio 1992.
Ed è proprio quella “VERITÀ”, invocata dallo stesso Brattoli nel suo manifesto pubblico, che dobbiamo cercare e svelare.
Non c’è bisogno di “pizzini”, di messaggi criptati e trasversali, la ricerca di verità non è nella memoria di qualche “signor X” o nel segreto del confessionale di qualche prete, ma è nei fatti che conosce solo Cristofaro Brattoli.
Pertanto se costui vuole convincerci del suo “pentimento” dovrebbe veramente fare il primo passo perché, a dire il vero, ad oggi, di passi non ne abbiamo visti e il manifesto non lo si può considerare tale.
Se vuole pentirsi deve mostrare con i fatti concreti il suo pentimento e l’unica cosa da fare è raccontare la VERITA’ senza attendere l’anno prossimo.
Deve semplicemente recarsi in Piazza Duomo a Trani, farsi ricevere dal Procuratore Capo e raccontare la verità senza i vuoti di memoria che ha avuto durante il processo del 1993.

Potrebbe cominciare a raccontare che ruolo avevano i signori Nino Spezzacatena, De Robertis Paolo, Fiore Alfredo, Racanati Tommaso, Magarelli Damiano, Fiore Cosimo e Petruzzella Saverio in quella società costituita per l’organizzazione del maledetto concerto di Nino D’Angelo, e che ci faceva in quella società un politico e un imprenditore insieme a noti esponenti della criminalità locale?

Qual era il vero obiettivo dell’organizzazione di quel concerto e con quali soldi lo si finanziava?

Oltre ad essere imprenditore di fiducia del comune di Molfetta, che attività svolgeva in quegli anni, tra la Puglia, Calabria, Campania e Sicilia e perché girava armato?

Chi era il politico o impiegato comunale che lo ha favorito per molti anni nell’affidamento di lavori presso il comune a trattativa privata per la modica cifra di circa 70/80 milioni l’anno?
Chi ha utilizzato in questi anni le attrezzature della sua impresa Palcoscenici Sud e dove sono state depositate?
Perché il 18 maggio 2006 ha minacciato il candidato sindaco Lillino di Gioia in Piazza Paradiso e quest’ultimo non ha ritenuto, insieme alla sua coalizione di dover denunciare il fatto?

Chi ha concesso l’anno scorso e quest’anno l’autorizzazione a lui o ai suoi familiari per l’attività di ristorazione nelle vicinanze della Madonna dei Martiri pur non avendo i requisiti che le leggi igienico-sanitarie prevedono?
Basterebbe la verità solo su queste poche domande per intravedere una pur minima volontà di pentimento.
Cristofaro Brattoli deve convincersi che non è una questione personale ma è una questione di principio e nessuno vuole impedire a lui e ai tanti protagonisti di quel “mondo variegato che andava sotto il nome di Piazza Paradiso” (come diceva il PM. Elisabetta Pugliese) di avere una vita normale.

Dopo aver scontato la pena devono sforzarsi di essere cittadini come gli altri e se vogliono essere riabilitati devono rispettare le leggi e i regolamenti come fanno tutti i comuni mortali. E se l’autorizzazione non si può ottenere non si può pretenderla con l’arroganza o atti di intimidazione strisciante.
Se Cristofaro Brattoli vuole completare l’azione di pentimento ci dica anche chi lo sta aiutando in questo percorso, chi lo ha fotografato dal 7 luglio scorso in poi nelle sue varie stazioni di pentimento, chi ha curato la grafica del suo manifesto e quale tipografia lo ha stampato.
Dopo tutto anche queste sono verità che rendono giustizia.

Matteo d’Ingeo

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