Le mafie si espandono. Dov’è la politica?

Le mafie proseguono imperterrite la loro scalata all’economia italiana e l’emergenza Covid-19 rischia concretamente di facilitare l’acquisizione di attività commerciali e imprenditoriali. I mafiosi hanno soldi, tanti e liquidi, e sono celeri nella concessione del credito e nella compravendita di immobili e attività imprenditoriali. I fatti parlano chiaro. Tra il mese di maggio e la metà di giugno abbiamo contato 18 operazioni antimafia concluse dalla magistratura e dalle forze di polizia. Di queste, sette hanno riguardato il Centro-Nord Italia -Bolzano e Trento, Firenze, Milano, Monza-Cantù, Trieste e Verona- e 11 il Centro-Sud, tra cui le città di Campobasso, Napoli, Torre Annunziata, Reggio Calabria e Palermo. Da Nord a Sud i mafiosi sono attivi soprattutto nel riciclaggio di denaro di provenienza illecita, nell’usura, nello spaccio e nel traffico di droga.

I boss, come emerge in particolare dalle inchieste nel Nord Italia, mirano ad espandersi nell’economia e fanno affari grazie anche alla complicità di “facilitatori” locali che sono in grado di costruire e manutenere reti di relazioni con imprenditori, liberi professionisti, dirigenti bancari, rappresentanti delle forze di polizia. Questi ultimi, infatti, sono importanti perché ai mafiosi, oltre all’accumulazione della ricchezza, interessa l’impunità. La corruzione, come abbiamo scritto più volte su questo giornale, e come confermano le inchieste, è diventata lo strumento principale di azione delle mafie. I boss, per dirla con le parole di uno di loro, hanno compreso da tempo che “è meglio essere voluti bene che temuti”. La corruzione non genera allarme sociale come un omicidio. Come un tarlo che si insinua nel legno, essa corrode e distrugge piano piano la democrazia e i principi del “libero mercato”, quindi anche la qualità della nostra vita e del nostro lavoro.

Le inchieste di Verona, Bolzano e Trento dimostrano che il Nord Est non è un’isola felice come molti credevano. Per troppi anni, anche a livello politico-istituzionale-investigativo, si è pensato che quello delle mafie fosse un problema esclusivamente del Mezzogiorno e che il Settentrione, ricco e laborioso, avesse gli anticorpi per tenere lontano questo virus criminale. I fatti, purtroppo, dimostrano una realtà ben diversa. Tutte le mafie italiane sono presenti e operano nel Nord Italia in modo stabile e radicato da decenni, tanto da aver costituito delle strutture composte da decine di persone inserite in un organigramma criminale ben definito e in collegamento con la case madri del Sud. È il caso, ad esempio, delle “locali” di ‘ndrangheta.

Nel Mezzogiorno, i mafiosi sono sempre più coinvolti nel caporalato e hanno messo in atto il loro welfare criminale, sostenendo famiglie e persone bisognose. Il regalo di una spesa di poche decine di euro per molti significa la perdita della propria libertà e l’asservimento ai criminali. Per le mafie, la riconquista di fette di consenso sociale che negli ultimi decenni, grazie anche all’opera repressiva dello Stato e preventiva di tante scuole e associazioni antimafia, esse avevano perduto. Un’ultima annotazione. Le inchieste dimostrano che il mercato della droga non dà segni di contrazione, che la penetrazione mafiosa nei Comuni continua e che le cosche sono sempre più coinvolte nel gioco d’azzardo, un mercato destinato a espandersi. Rispetto a questa situazione generale che sinteticamente abbiamo descritto, la politica nazionale e i grandi giornali non hanno dato segnali di grande interesse. E, questo, ci preoccupa ancora di più.

fonte: Tratto da Altreconomia 228 — Luglio/Agosto 2020 di Pierpaolo Romani coordinatore nazionale di “Avviso pubblico, enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie

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