
La narrazione delle numerose rapine, e queste immagini, ci riportano indietro negli anni ’90. A pochi passi dal sottopasso della stazione ferroviaria. Una storia triste che si ripete e che si intreccia con una situazione di crisi e disagio sociale contingente allarmante. La crescente microcriminalità locale, e di importazione, non può essere disarticolata dal mercato della droga che è rimasto sempre fiorente anche dopo le grandi operazioni antidroga del ’94 e ’96. Il mercato esiste, è fiorente e la domanda non manca.
Non escluderei il nesso di alcune rapine con l’approvvigionamento di droga da parte di soggetti che vengono anche da fuori città. Funziona sempre così, il criminale crea un rapporto di dipendenza con il malcapitato tossicodipendente che si rende disponibile anche a mettere in atto gesti estremi pur di pagarsi la dose giornaliera, o per più giorni.
Come accadeva in passato bisogna mettere in moto tutti gli apparati istituzionali e sociali, per arginare, prevenire questa nuova ondata di una vecchia piaga sociale. Ci sono ancora famiglie dedite allo spaccio, corrieri che si muovono in lungo e in largo in città sulle silenziose biciclette elettriche e tutto sembra essere invisibile a chi dovrebbe vigilare.
Negli ultimi anni ci sono stati tanti piccoli interventi delle forze dell’ordine per arrestare piccoli spacciatori ma manca, come accadde per le gradi operazioni Primavera e Reset, un lavoro corale d’intelligence investigativo più avanzato. Ma è anche vero che le nostre forze dell’ordine hanno le stesse risorse di uomini e mezzi che avevano 30anni fa, quando il nostro territorio da controllare era un terzo di quello odierno. Pertanto ci vorrebbero più uomini, più mezzi e nuove tecniche investigative con relativa tecnologia più moderna, perchè la criminalità è sempre più avanti.
Matteo d’Ingeo

