L’allarme della Dia: “Boss mafiosi sempre più giovani, violenti e social”. Nella relazione DIA si parla della confisca dei beni della famiglia Fiore.

La relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia parla di Molfetta : “Il 5 febbraio 2018, a Molfetta, è stata eseguita la confisca (decreto n. 19/2015 R.G. Mis Prev. e decreto n.A/5 PROVV.2017 emesso il 15.11.2017 dal Tribunale di Bari) dei beni a carico degli eredi di un soggetto appartenente alla famiglia criminale denominata “La Cerasa”, coinvolto nell’operazione «Reset» che, nel 1996, disarticolò una vasta organizzazione dedita al traffico ed allo spaccio di stupefacenti operante in Molfetta e nell’hinterland di Bari.” (La D.I.A. ci ricorda, tra le altre attività svolte nel primo semestre del 2018, questa importante confisca del valore complessivo di 4,2 milioni, che ha riguardato il patrimonio degli eredi di Alfredo Fiore (la moglie, Vista Rosalba e i figli, Vito e Maria Fiore), pregiudicato ucciso in un agguato a Molfetta il 13 marzo 2014)  .

L’operazione “Doppio Gioco” (meglio descritta nel paragrafo dedicato alla città di Bari) ha dimostrato come il clan MERCANTE alimentasse (negli anni 2013-14) una fiorente attività di spaccio in Molfetta, rifornendo un grosso spacciatore che operava su quella piazza”.

“L’operazione “Angel”547 ha scoperto, invece, l’affiliazione di un gruppo criminale attivo per lo spaccio della droga nei comuni baresi di Ruvo, Molfetta e Palo del Colle e nella BAT, a Trani e Bisceglie, al clan MISCEO di Bari, il quale garantiva l’approvvigionamento dello stupefacente, ma effettuava anche un controllo economico sulla gestione dell’attività ed, in particolare, sui compensi per i pusher”.

“Il 19 aprile 2018, a Bari, la Polizia di Stato ha eseguito l’OCC n.19494/15 RG GIP, n. 226/17 Reg. Mis, e n. 17644/2014 RGNR emessa dal GIP del Tribunale di Bari il 10 aprile 2018 nei confronti di 21 indagati (13 in carcere, 5 ai domiciliari, 3 sottoposti a obblighi), facendo luce sull’as- sociazione armata di tipo mafioso denominata clan CAPRIATI, finalizzata alla commissione di delitti contro il patrimonio, la persona, nonché concernenti il traffico di stupefacenti (maggio 2014- aprile 2018) con l’aggravante dell’art. 7 della legge n. 203/1991. In particolare l’inchiesta ha dimostrato come il sodalizio esercitasse una fortissima influenza all’interno del porto di Bari e di alcuni uffici del Comune, fosse dedito ad attività estorsive (in particolare ai danni di un’azienda di recupero materiale ferroso, di un importante commerciante di prodotti ittici di Bari e di imprenditori ed operatori commerciali del Capoluogo) ed avesse imposto a commercianti delle feste patronali ed, in genere, a quelli del quartiere Carrassi di Bari, l’acquisto di merci, come buste in plastica, vassoi in alluminio, ghiaccio, detersivi, alimentari e prodotti caseari. Lo spaccio degli stupefacenti – eroina, cocaina e hashish – era distribuita su squadre dotate di autonomia gestionale, ma con evidenti intercon- nessioni tra loro, tutte comunque assoggettate al boss cui dovevano una parte del ricavato (cd. “pensiero”). La droga, approvvigionata attraverso vari canali (per la cocaina da Castel Volturno-CE, per l’hashish e la marijuana da Olanda ed Albania) mediante corrieri del luogo e tramite un pregiudicato di Carovigno (BR), veniva distribuita anche ad altre compagini criminali (come ai DI COSIMO nel quartiere Madonnella di Bari, al clan CIPRIANO ed a gruppi di Bitonto, Trani, Barletta, Bisceglie e Molfetta)”.

E poi la complessa relazione della D.I.A. fotografa la situazione nazionale delle mafie

La relazione semestrale: “I ragazzi, sempre più disoccupati, sono la linfa delle nuove mafie”

fonte: www.repubblica.it

Boss mafiosi sempre più giovani, violenti e spregiudicati. È un fatto: si abbassa e di molto l’età di iniziazione mafiosa. E le organizzazioni criminali, “nonostante la forte azione repressiva dello Stato, continuano ad attrarre le giovani generazioni“, autentica “linfa delle mafie, siano espressione diretta delle famiglie o semplice bacino di reclutamento da cui attingere manovalanza criminale“. È questo l’allarme della Direzione Investigativa Antimafia nella sua ultima Relazione semestrale, che sottolinea come nell’ultimo quinquennio “non solo ci siano stati casi di ‘mafiosi’ con età compresa tra i 14 e i 18 anni, ma come la fascia tra i 18 e i 40 anni abbia assunto una dimensione considerevole e tale, in alcuni casi, da superare quella della fascia 40-65, di piena maturità criminale”.

Le nuove leve al sud

Il fenomeno  dei boss mafiosi sempre più giovani, secondo la Dda “da una parte pone la questione della successione nella reggenza delle cosche, dall’altra non appare certamente disgiunto da una crisi sociale diffusa che, soprattutto nelle aree meridionali, non sembra offrire ai giovani valide alternative per una emancipazione dalla cultura mafiosa”. I numeri parlano chiaro: le nuove leve criminali appartengono innanzitutto alla Campania, alla Calabria, alla Sicilia e alla Puglia.

E secondo l'”Eurostat Regional Yearbook 2018″, in Campania, Calabria, Sicilia e Puglia ci sono infatti anche 4 degli 11 distretti europei con il maggior numero di under24 non occupati.Una sovrapposizione, quella della presenza mafiosa e della mancanza di opportunità di lavoro, che secondo la Direzione distrettuale antimafia sembra confermare come la criminalità organizzata, riducendo l’iniziativa imprenditoriale lecita, “approfitta dello stato di bisogno di molti giovani e specula sulla manodopera locale, dando l’effimera sensazione di distribuire un salario, sempre minimo, per generare dipendenza e senza garantire i contributi previdenziali – e quindi un futuro – ai giovani impiegati al suo servizio”.

 

Il ricambio generazionale

Il “ricambio generazionale, con boss sempre più giovani, delinea la relazione semestrale,  si avverte all’interno della ‘ndrangheta, di Cosa nostra, della Sacra corona unita. Con  caratteristiche particolari  nella camorra: soprattutto nell’hinterland napoletano, qui “le giovani leve non sempre risultano espressione delle storiche organizzazioni” ed “appaiono, piuttosto, come micro-formazioni in cerca di spazio per tentare la scalata al potere criminale, che si affiancano ai giovani delinquenti, terza generazione delle famiglie più rappresentative dei quartieri del centro storico e dell’area nord. Il denominatore è, senza dubbio, la spregiudicatezza criminale che porta a continue scorribande e sparatorie incontrollate”.

La voglia di affrancarsi e l’uso dei social

La volontà di affrancarsi dai vecchi boss, l’ambizione di riconoscimento e di carriera  l’uso indiscriminato della violenza sono gli stilemi di
“trasformazione della ‘cultura mafiosa’ che investe anche il linguaggio, al passo con i tempi, non tanto rispetto ai contenuti delle comunicazioni – sempre criptiche, imperative e cariche di violenza – quanto piuttosto per gli strumenti social utilizzati, che consentono di aggregare velocemente gli affiliati al sodalizio e, allo stesso tempo, di rendere più difficoltosa l’intercettazione dei messaggi”.

Donne guadagnano posizioni in gerarchia clan

“La presenza di parenti all’interno della catena di comando conferma la centralità della famiglia, quale strumento di coesione. Non di rado le alleanze sono rafforzate da matrimoni tra giovani di gruppi diversi, con le donne che assumono, sempre più spesso, ruoli di rilievo nella gerarchia dei clan, soprattutto in assenza dei mariti o dei figli detenuti”. Nel capitolo dedicato alla camorra, la Direzione investigativa antimafia ne ribadisce “il peculiare assetto organizzativo privo di un organismo sovraordinato all’intero sistema criminale, composto, invece, da una galassia di clan dal potere consolidato e da un sottobosco di gruppi, spesso tra loro in conflitto”.

A Napoli, ad esempio, “si è assistito alla scomparsa dei capi carismatici, alcuni detenuti e altri costretti da tempo alla latitanza, il cui ruolo è stato assunto da familiari o elementi di secondo piano, che non sempre hanno mostrato pari capacità nella guida dei sodalizi” mentre “in altre zone, pregiudicati poco più che adolescenti si sono posti a capo di gruppi emergenti, tentando di assumere il predominio in particolare delle piazze di spaccio, delle attività estorsive ai danni degli esercizi commerciali e dei fiorenti mercati della contraffazione, con azioni connotate da notevole aggressività, con omicidi, attentati e sparatorie, le cosiddette ‘stese'”.

Risultato: “l’assenza di una solidità gestionale è degenerata in lotte intestine, che hanno inciso sulla stabilità di un gran numero di organizzazioni camorristiche” e che “rimandano ad un contesto magmatico ed in continuo mutamento”.

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