L’albo pretorio poco trasparente

fonte: Matteo d’Ingeo – laltramolfetta.it – Novembre 2024

A far data dal 1° gennaio 2010, con l’entrata in vigore della legge n. 69 del 18 giugno 2009 (art. 32), le Pubbliche Amministrazioni dovevano pubblicare sui propri siti informatici-web tutti i provvedimenti amministrativi e atti pubblici. Prima di questa disposizione i cittadini si recavano quotidianamente presso la Casa Comunale e chiedevano al responsabile dell’Ufficio Messi di poter prendere visione degli atti pubblicati e poi, eventualmente, chiederne copia pagando il costo di riproduzione. 
Chiaramente, da quando è possibile accedere a tutti gli atti pubblicati sul sito web del Comune, la funzione del cittadino attivo è stata enormemente facilitata, oltreché meno onerosa, potendo leggere e scaricare i documenti stando comodamente seduto a casa. 
Ma, se da una parte è più rapido l’accesso agli atti (quando sono regolarmente pubblicati), dall’altra purtroppo, e molto spesso, ci troviamo di fronte a una trasparenza opaca dell’Amministrazione Comunale di Molfetta. 
E questa opacità riguarda la pubblicità di quegli atti che necessitano di un più attento e accurato “controllo civico”. Il riferimento è agli atti che riguardano l’edilizia in genere.

Per esempio, il 31 ottobre scorso è stato pubblicato un elenco di permessi di costruire in “conformità alla vigente normativa in materia di protezione di dati personali (D.Lgs. 196/2003 e ss.mm.ii)”. 

Non si capisce dove potrebbe esserci la violazione dei dati personali sensibili. Il senso della pubblicazione all’albo pretorio sottende anche la possibilità di poter fare opposizione a un qualsiasi atto che un cittadino terzo possa ritenere errato, ingiusto o in contrasto a determinate leggi. Leggendo questo elenco, il cittadino ha le mani legate perché non conosce  dove, per esempio, sorgerà “un nuovo corpo di fabbrica a destinazione commerciale di media struttura”, e non conosce il nome della società o dell’imprenditore che vuole costruirlo.

Se si ponesse il quesito sul che fare da più parti risponderebbero che, se qualcuno volesse leggere le carte e approfondire, dovrebbe recarsi presso gli uffici comunali e presentare una richiesta d’accesso agli atti. Ma sappiamo bene come finisce. Dopo un mese di attesa, il Dirigente di quegli uffici risponderebbe che non si può accedere agli atti perché non è rappresentato e giustificato alcun interesse legittimo. Questo esempio riguarda l’Ufficio Urbanistica-Ambiente. Invece se leggessimo un atto di pubblicazione di matrimonio, affisso nello stesso giorno dall’Ufficio Innovazione Servizi Cittadini e Imprese, la normativa in materia di protezione di dati personali sembrerebbe non essere stata violata. Nella foto (sotto) sono oscurati i dati, ma nell’originale ci sono nome, cognome e data di nascita. Quindi questi dati possono essere pubblicati perché non sono dati sensibili che ci svelano gli orientamenti sessuali di chi vuole sposarsi, le loro religioni, gli orientamenti politici, se hanno la fedina penale pulita o sono portatori di malattie terribili.

E non è finita, lo stesso Ufficio Innovazione Servizi Cittadini e Imprese, quando pubblica i provvedimenti autorizzativi per le occupazioni di suolo pubblico, o per l’allestimento dei dehors, non nasconde alcun dato personale dei richiedenti l’autorizzazione.
Nella foto (sotto) sono oscurati i dati, perché non siamo la bacheca dell’albo pretorio, ma nell’originale ci sono nome, cognome, codice fiscale, data di nascita, partita iva, nome dell’attività e codice fiscale della stessa e sua ubicazione. Il tutto è preceduto anche dal nome, e relativi dati personali, del tecnico che ha predisposto la domanda per il titolare dell’esercizio commerciale. Allora, come si giustifica questa discrepanza tra gli uffici comunali? Le lobby dei costruttori, o in taluni casi pseudo tali, decidono loro sul come utilizzare la legge D.Lgs. 196/2003?

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