
di Gianni Lannes – sulatestagiannilannes.blogspot.it
Le ferite insanguinate dopo 20 anni sono ancora aperte. Il diritto alla giustizia non va in prescrizione mai, specie dopo una strage di Stato a stelle e strisce in tempo di pace. La notte fra il 3 il 4 novembre 1994 nel Mare Adriatico furono assassinati cinque pescatori e il loro cane Leone. Erano lavoratori onesti, padri di famiglia, persone umili, esseri umani, cittadini a cui lo Stato italiano ha impedito addirittura la sepoltura in terra, pur di non far venire a galla la verità indicibile, coperta dalla ragione di Stato. La verità è stata seppellita insieme alle vittime innocenti in carte ancora oggi top secret:
“Exercise Nato in Adriatic Maritime Operation in the Adratic. Operation Deny Flight was conducted from 12 april 1993 to 20 december 1995”. Ne avevo già scritto nel 2009 prove alla mano nel libro NATO: COLPITO E AFFONDATO. La magistratura italiana nel febbraio 2010 aveva riaperto le indagini ed inoltrato una rogatoria al Governo USA che aveva risposto di non saperne niente. I documenti ufficiali seguenti smentiscono definitivamente il Governo di Washington: alla voce “Sharp Guard”.
La verità non si può imprigionare per sempre dentro una menzogna grande quanto due Stati alleati, anzi complici.
A sparare senza un motivo contro il peschereccio di Molfetta, due unità da guerra a stelle e strisce, durante l’operazione “Sharp Guard”: USS YORKTOWN e USS RIVER.
L’Italia è un Paese a sovranità inesistente da 70 anni: dalla strage di Portella della Ginestra, alla strage di Ustica, dalle stragi di piazze e banche alle stragi nei treni, dalla strage del Moby Prince, alla strage del Cermis. I cosiddetti “Alleati” grazie alla tacita connivenza di governanti italidioti telecomandati, hanno ridotto al contempo lo Stivale in una discarica chimica e in una portarerei nucleare. Nel 1995 l’ammiraglio Umberto Guarnieri, sottocapo di Stato Maggiore della Marina Militare, in un rapporto alla Procura di Trani in relazione al Francesco Padre, brutalizzando impunemente i fatti, fa riferimento a un “naufragio”.
L’inchiesta giornalistica ha consentito di appurare che invece nell’area dove è stata fulmineamente colata a picco la motobarca italiana, stazionavano una dozzina di unità aeronavali della Nato. Infatti, a bordo della Baleares, una fregata spagnola, vi era il comandante in capo dell’operazione, ovvero il vice ammiraglio José A. Martines Sainz-Rosas (mai interrogato dai magistrati italiani). La versione ufficiale dell’accaduto è stata fornita in prima battuta da un aereo pattugliatore marittimo (P 3 C Orion) nordamericano decollato dalla base di bellica di Sigonella (in Sicilia).