La storia di un “torrino”. Com’era, com’è.

Negli ultimi mesi alcuni “beni comuni” della nostra città sono stati oggetto di petizioni, esposti, sentenze giudiziarie e ordinanze sindacali. La muraglia pensile attende lo sgombero delle occupazioni abusive, la canna fumaria dell’esercizio commerciale “Beer Condicio” attende l’esito della richiesta di rimozione perché difforme dalle prescrizioni della Soprintendenza, la trasformazione di una “porta” del bar Duomo, in “distributore automatico di sigarette”, nella Via Arco Chiesa Vecchia è stata bloccata con un’ordinanza sindacale. Invece il bene comune per eccellenza, ovvero le cupole e le torri del Duomo di Molfetta sono state graziate dal Tribunale di Trani perché ha sentenziato la natura “abusiva” di alcune opere murarie costruite in adiacenza al nostro monumento simbolo. Certa stampa regionale ha utilizzato titoli e argomentazioni fuorvianti su questa vicenda e noi cercheremo di ricostruire la vera storia dell’ormai celebre “torrino del torrino”.

Il movimento civico “Liberatorio Politico” di Molfetta in data 17.08.2012 presentò un esposto alla Procura di Trani per verificare la legittimità del permesso di costruire n.1313 del 12/06/2008, e successive varianti; dopo sei anni è giunta la sentenza n. 14 del 16.01.2018, nei confronti di Annalisa Nanna, nella sua qualità di proprietaria dell’immobile sito alla via Arco Chiesa Vecchia n.19, eIacobellis Domenico, in qualità di Progettista e Direttore dei Lavori.

La dott.ssa Angela Schiralli, ha pronunciato la sentenza di non luogo a procedere, nei confronti di NANNA Annalisa in ordine al reato ex artt. 48-479 c.p. perché il fatto non sussiste. Invece il reato ex art.181 D.L.vo n.42/2004, relativo alla mancanza dell’autorizzazione paesaggistica, è estinto solo per intervenuta prescrizione

Nei confronti di IACOBELLIS Domenico, è stata pronunciata la sentenza di non luogo a procedere in ordine ai reati a lui ascritti perché estinti per intervenuta prescrizioneMa, nella motivazione della sentenza, si evidenzia che, nonostante la estinzione del reato (art.181 D.lgsl n.42/2004) per prescrizione, le opere realizzate sono abusive.

Il giudice, nel redigere le motivazioni della sentenza, ha utilizzato le stesse conclusioni del Consulente Tecnico del Pubblico Ministero ritenendo: “il Permesso di Costruire n. 1313/2008, rilasciato dal Comune di Molfetta in assenza della prescritta autorizzazione paesaggistica – almeno nella parte in cui autorizzava l’alterazione dello stato dei luoghi e dell’aspetto esteriore dell’edificio (demolizione e ricostruzione, in posizione diversa, della parete di ultimo piano e inserimento di una nuova volumetria al di sopra del colmo originario dello stesso edificio) è inefficace e, pertanto, “… le relative opere realizzate erano e restano abusive.

Ancor prima di interessare la Procura di Trani, il “Liberatorio” aveva chiesto al Sindaco Azzollini, in data 19 aprile 2012 prot. n.24682, di verificare la legittimità, e riesame in autotutela, del permesso a costruire n.1313 del 12/06/2008, e successive varianti, dell’immobile sito alla via Arco Chiesa Vecchia n.19.

Con la suddetta prima istanza, si cercava di dimostrare, come il permesso a costruire originario n. 1313/2008 sembrava essere viziato, oltre che dall’assenza del permesso paesaggistico, anche da altri elementi che, ancora più a monte, hanno offerto un quadro incompleto per le determinazioni dell’Ufficio Tecnico del Comune di Molfetta e della stessa Soprintendenza, condizionandone probabilmente l’operato.

Le quote attestate nella relazione tecnica, relative alla distanza/altezza dal Duomo, non possono che aver impedito, agli Uffici competenti dell’epoca, di visualizzare e determinare in anticipo il carico urbanistico che sarebbe derivato con l’edificazione del torrino-scala rispetto all’altezza delle cupole e delle torri campanarie del Duomo. Ovviamente non si sta parlando delle quote interne, che sono state oggetto anche di pronunce giudiziarie, ma di quelle esterne, che sono state dichiarate avendo come riferimento non la quota stradale, ma la quota del primo piano.Un simile escamotage, probabilmente, ha impedito agli Uffici del Comune di rappresentarsi la reale distanza/altezza del torrino da edificare rispetto alle cupole del Duomo e con tutta probabilità non avrebbero rilasciato un tale permesso a costruire.

Altro equivoco che, con tutta probabilità ha contribuito non poco al rilascio del permesso, è stata la dichiarazione, a proposito della richiesta di edificazione della scala-torrino che non vi fosse altra possibilità di accedere al solaio della mansarda, se non per il tramite di una scala nuova da costruirsi. Si può vedere invece, dalle stesse fotografie allegate alla relazione, che sul lato ovest del muro perimetrale, lateralmente, era invece presente una porta-finestra che metteva in comunicazione la mansarda con il terrazzo condominiale.

Questa porta, ora eliminata, consentiva l’accesso comodo al terrazzo condominiale e per questa via, altrettanto comodamente e in sicurezza, la salita con scala esterna mobile per l’eventuale manutenzione della copertura del solaio.

Una volta stabilito, perché dichiarato addirittura nella relazione, che vi erano altre possibilità di accesso più consone ad impatto “zero”, si potrebbe ritenere, ancor oggi, che vi siano ragioni sufficienti per considerare il torrino-scala ridondante e inopportuno e quindi ingiustificata la sua edificazione, perché basata sull’erroneo presupposto che non vi fossero altre vie di accesso.

Ricordiamo, anche, che la Soprintendenza di Bari in data 18 luglio 2008 prot. N. 6149 in relazione allo stesso complesso immobiliare ex Palazzo Dogana Vecchia, in situazione analoga ha diversamente prescritto che debba essere categoricamente esclusa la possibilità della realizzazione di qualsivoglia sovrastruttura, ancorché precaria, sui lastrici di copertura.

Da ultimo, ma non per importanza, nella stessa relazione si legge che il muro della mansarda sarebbe stato demolito e ricostruito in arretramento per liberare il filo della facciata. In verità gli organi del Comune preposti all’epoca, sembrerebbe non abbiano considerato che, rilasciando tale permesso, avrebbero violato le norme sul piano di recupero del centro storico di Molfetta che impongono tuttora l’approccio conservativo per le superfetazioni storicizzate oppure la demolizione senza ricostruzione, così come si prescrive nel piano di recupero del centro storico e a prescindere dal parere della Soprintendenza di Bari. Concedendo l’arretramento del muro, non vi è chi non noti che lo skyline dell’intera cortina è mutato e la nuova mansarda con soverchiante torrino ha determinato una nuova forma architettonica, affatto armonica e fortemente impattante, visibile attualmente anche dalla strada ed in lontananza. Quando vi era il “vecchio muro” si apriva sullo stesso una finestrella di poche decine di centimetri, oggi abbiamo una moderna porta finestra.

A tal proposito la Soprintendenza “ha dimenticato”, che si trattava di un bene sottoposto a vincolo monumentale e a vincolo paesaggistico per il quale, inutile ricordarlo, vige il divieto assoluto di apportare modifiche alle facciate.

Com’era da contestare anche la porta-finestra del piano secondo che risulta innalzata di almeno due conci per essere allineata alle due finestre ed è singolare che nella piantina dello stato di fatto le finestre risultino già allineate.

Insomma una visione inaccettabile del potere di tutela e salvaguardia dei beni paesistici e culturali che il Comune, in un moto d’orgoglio, non può continuare a ignorare. Una storia surreale, fatta di ricorsi al Tar, dichiarazione di perenzione di processi innanzi al CdS, processi penali chiusi per prescrizione che devono far riflettere la nuova Amministrazione.

Si restituirebbe alla città di Molfetta un pezzo della sua storia, ponendo fine a quella sfregiante immagine per la quale ogni molfettese, e crediamo anche il Comune, continua a soffrire.

Infine, qualche parola sulla richiesta in sanatoria sulla compatibilità paesaggistica di opere già eseguite con il permesso di costruire n. 1313 del 12.06.2008 che la proprietaria ha presentato al Comune di Molfetta il 04-10-2016, ancor prima della sentenza.

La richiesta di sanatoria non andrebbe accolta per diversi motivi:

  • perché, in zona vincolata culturalmente e paesaggisticamente, si è trattata la richiesta di permesso a costruire in base alla logica del piano regolatore, senza riflettere sul fatto che sarebbe nata una nuova forma architettonica non armonizzata con la geometria propria del complesso denominato del Palazzo Dogana Vecchia, di cui l’immobile è parte integrante;
  • perché gli Uffici della Soprintendenza dell’epoca hanno solo valutato e dato pareri sulle modalità di costruzione del torrino e dell’arretramento del muro di facciata, senza essere investiti della valutazione dell’impatto paesaggistico, ingenerando confusione (anche a livello processuale), essendo tutto confluito in un unico procedimento di valutazione per il rilascio del permesso a costruire;
  • perché di conseguenza il permesso a costruire è scaturito da una valutazione sommaria che non si è potuta giovare di un approfondimento sulla valutazione dell’impatto paesaggistico (lo dimostra il fatto che sul frontespizio del permesso a costruire 1313 del 12.06.2008, la parte relativa all’acquisizione del permesso paesaggistico non riporta né numero di protocollo, né data);
  • perché solo l’acquisizione preventiva di quel parere avrebbe potuto disvelare il forte impatto paesaggistico;
  • perché, anche prescindendo dall’assenza della valutazione dell’impatto paesaggistico, in zona vincolata vi è il divieto di incremento dei volumi esistenti perché creano cubatura;
  • perché, per giurisprudenza costante, un vano scala finalizzato a consentire l’accesso da un appartamento ad una terrazza crea nuova cubatura;
  • perché la sanatoria nella zona circostante il Duomo creerebbe un precedente inaccettabile e darebbe spazio a richieste analoghe;
  •  perché l’abuso permane.                   

Se la mansarda e il torrino dovessero permanere, che almeno non vi sia la sconfitta rappresentata dalla concessione della sanatoria e che si rimanga in uno stato di incertezza giuridica.

di Matteo d’Ingeo – www.laltramolfetta.it  Luglio 2018

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