La rete di Palamara e i magistrati usati per depistare le inchieste

Carlo Bonini e Giuliano Foschini per “la Repubblica”

EMMA MARCEGAGLIA CLAUDIO DESCALZI

                                                       EMMA MARCEGAGLIA CLAUDIO DESCALZI

Nel verminaio delle nomine ai vertici delle Procure italiane, c’ è una storia che, da sola, spiega qual era e qual è la posta in gioco del Grande Domino. E documenta come alcune delle scelte cruciali di una delle più influenti correnti della magistratura associata, Unicost, siano state indirizzate e condizionate dall’uomo che sussurrava all’orecchio dei magistrati e trafficava per aggiustare sentenze.

LUCA PALAMARA

LUCA PALAMARA

Un ragno dell’ intrigo. L’ avvocato siciliano Pietro Amara, arrestato nel 2018 dalla Procura di Roma (con cui ha recentemente patteggiato una condanna a tre anni per corruzione in atti giudiziari) e ora indagato dalla Procura di Milano proprio per la storia che qui raccontiamo. È una vicenda che si consuma nell’arco di quattro anni, dal gennaio del 2015 a pochi mesi fa.

Pietro Amara

PIETRO AMARA

Che fa perno nelle scelte del Csm e ha come protagonisti tre magistrati legati ad Amara: Luca Palamara (ora indagato per corruzione da Perugia), Antonio Savasta (già pm di Trani, ora agli arresti domiciliari e reo confesso per i reati di corruzione in atti giudiziari), Giancarlo Longo (ex pm di Siracusa, arrestato per corruzione, reato per cui ha patteggiato 5 anni di pena).

giuseppe pignatone

GIUSEPPE PIGNATONE

È la storia di un grande depistaggio che doveva far deragliare i processi istruiti dalla Procura di Milano sulle tangenti Eni in Nigeria e Algeria. Che spiega l’ urgenza di liberarsi dell’eredità di Pignatone a Roma e del suo migliore interprete, Paolo Ielo, di avvelenare il lavoro del Procuratore di Milano Francesco Greco e del suo sostituto Fabio De Pasquale. E che – lo vedremo – condiziona il giro di nomine che, nel 2017, porteranno il Consiglio superiore, di cui Palamara era kingmaker, a nominare i nuovi procuratori di Trani, Taranto, Gela.

PAOLO IELO

PAOLO IELO

L’anonimo di Trani su Eni –  La storia ha il suo incipit il 23 gennaio del 2015. Quando, un informatissimo anonimo recapitato alla Procura di Trani, invita a mettere il naso nelle faccende di Eni. Dove – si sostiene – un’infedele cordata che farebbe capo all’allora consigliere di amministrazione e membro del comitato di controllo Luigi Zingales, economista e professore a Chicago, e alla consigliera indipendente Karina Litwak, ha complottato contro l’amministratore delegato Claudio Descalzi e il suo predecessore Paolo Scaroni per costruire una macchinazione che li calunni accusandoli di un ruolo chiave per le tangenti che Eni avrebbe pagato in Nigeria (1,092 miliardi di dollari) e Algeria (198 milioni di euro) per le sue acquisizioni.

antonio savasta  ANTONIO SAVASTA

Tangenti su cui la Procura di Milano ha istruito due processi che mettono il management Eni in un angolo. È curioso che l’ anonimo scelga Trani per depositare la bomba che può far saltare il lavoro della Procura di Milano e mettere in salvo Descalzi e Scaroni. Lo è assai meno se si osserva chi prende in carico la pratica e l’ avvocato che, in quel momento, difende da nord a sud gli interessi di Eni. L’ anonimo viene trattato dal Procuratore di allora, Carlo Maria Capristo, e il suo sostituto Antonio Savasta, il primo di Unicost, il secondo di Magistratura indipendente. Mentre l’avvocato di Eni è proprio Pietro Amara, il professionista cui il cane a sei zampe versa 11 milioni di euro di parcelle dal 2003, di cui 7,6, fra il 2011 e il 2017.

CARLO MARIA CAPRISTO PROCURATORE CAPO DI TRANI CARLO MARIA CAPRISTO – PROCURATORE CAPO DI TRANI

Un’indagine anomala –  L’ autore dell’ anonimo, come lui stesso confesserà tre anni dopo una volta arrestato, è Pietro Amara. E la scelta del timing e quella del luogo – Trani – non appaiono casuali, visto che Capristo è organico a Unicost di cui Luca Palamara è uomo chiave al Csm. È un fatto che Capristo e Savasta si muovano in quel gennaio 2015 in modo quantomeno singolare. L’ anonimo viene iscritto al registro della Procura come “procedimento contro ignoti” e, tuttavia, Savasta dispone che la Guardia di Finanza di Bari compia atti di indagine normalmente incongrui per un procedimento di quel genere.

LUIGI ZINGALES LUIGI ZINGALES

Vengono infatti acquisiti documenti nella sede di Eni e, in particolare, gli interventi di Zingales in Consiglio di amministrazione. L’uomo ritenuto il «rompicoglioni» che con le sue domande «paralizzava l’ operatività dell’ azienda». Più che un atto di indagine appare un avviso ai naviganti. L’ indagine di Trani, tuttavia, non cammina. Perché quel complotto – come scrive in una nota del 15 aprile 2016 la Guardia di Finanza di Bari – semplicemente non esiste. Perché Zingales e la Litwak hanno fatto solo il loro lavoro e l’ unica cosa da fare è spedire quell’ anonimo per dovuta conoscenza a Milano.

Giancarlo Longo GIANCARLO LONGO

Amara non si dà per vinto. Incontra in modo carbonaro il procuratore Capristo non a Trani, dove sarebbe logico, ma nella galleria Sordi, a Roma, dove viene informato che la faccenda è su un binario morto. Incarica allora il suo sodale Giuseppe Calafiore di trovare un’ altra Procura dove la faccenda possa camminare. È la procura di Siracusa, dove c’ è un pm a disposizione, Giancarlo Longo, altro magistrato di Unicost. Per radicare la competenza viene inscenato un finto sequestro di persona, proprio a Siracusa, di Alessandro Ferraro, braccio destro di Amara, che sostiene di essere stato preso in ostaggio da non meglio precisati uomini di colore che hanno a che fare con le tangenti Eni. Longo si autoassegna il fascicolo e ottiene che Trani, il 22 aprile 2016, trasmetta per competenza gli atti sull’ anonimo.

FRANCESCO GRECO

FRANCESCO GRECO

Le manovre di Longo  Longo è tipo che va per le spicce. Sa di non avere nulla in mano ed è capace, tuttavia, di inviare un avviso di garanzia alla consigliera Litwak per un reato grottesco (diffamazione) che per giunta richiede per essere procedibile di una querela di parte che arriverà solo dopo che l’ avviso di garanzia è partito.

Intanto – è l’estate del 2016 – al “Fatto quotidiano” viene propinata la polpetta avvelenata del complotto Eni su cui indaga Siracusa e la storia finisce in prima pagina. La Procura di Milano mangia la foglia e spoglia Siracusa della competenza. Nel frattempo, i conti con Unicost vengono saldati.

FABIO DE PASQUALE

FABIO DE PASQUALE

Savasta, Capristo e Palamara  A novembre del 2016, la Procura generale di Cassazione incolpa disciplinarmente Savasta a Trani per gravi violazioni disciplinari. Savasta potrebbe essere fermato, ma la pratica arriva alla commissione disciplinare dove siede Palamara e il pm infedele, nel novembre 2017, viene assolto per alcuni degli stessi reati che poi confesserà al procuratore di Lecce Leonardo Leone De Castris quando lo manderà in carcere (gennaio 2019).

GIUSEPPE CALAFIORE 1 GIUSEPPE CALAFIORE 

Capristo, invece, nel marzo del 2016, con i voti di Unicost e in singolare coincidenza con la migrazione dell’indagine sull’anonimo da Trani a Siracusa, viene mandato a Taranto, la Procura competente per il luogo dove, curiosamente, Amara ha trasferito il suo domicilio fiscale. E, al suo posto, arriva da Roma un altro magistrato che non conosce Amara, ma è legato da amicizia ventennale a Palamara, Antonino Di Maio. Mentre a Gela si te, l’ altro burattino di questa vicenda.

L’ ultimo affondo – Tra il 2018 e l’ inizio 2019, lo sappiamo, viene giù tutto. L’arresto di Amara si porta dietro i corrotti Longo e Savasta, ma, evidentemente, Amara cerca di lavorare alla riduzione del “danno”. Ai pm di Messina e Roma confessa il complotto su Eni, sostenendo di esserne il solo artefice. E tuttavia, la Procura di Milano non gli crede e lo indaga.

Ed è a questo punto, siamo nella primavera scorsa, che Stefano Fava, «angelo custode» di Luca Palamara e pm nel pool di Paolo Ielo che ha lavorato su Amara e lo ha arrestato, solleva conflitto di competenza con la Procura di Milano chiedendo che gli vengano trasmessi gli atti sul complotto.

Descalzi Scaroni

DESCALZI SCARONI

Greco, procuratore di Milano, informa Pignatone, che cade dalle nuvole. Fava non ha informato né lui, né Ielo di quell’ iniziativa, di cui, per giunta, non si comprende il senso.

A Fava viene ritirata la delega. E comincia il dossieraggio su Pignatone, Ielo e – guarda caso – le legittime consulenze di suo fratello Domenico con Eni. Il resto è storia dei giorni scorsi. Palamara, Fava, Unicost, l’ avvocato Amara. La tela di un ragno che ora comincia ad apparire nitidamente per ciò che è stata.

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