fonte: di ANTONELLO CASSANO – http://bari.repubblica.it
L’accusa è contenuta in un decreto di perquisizione a firma dei pm Federico Perrone Capano e Lidia Giorgio e del procuratore Giuseppe Volpe che il 15 dicembre hanno inviato la finanza a perquisire la sede della Bpb. L’indagine (al momento nessun indagato) ruota attorno all’asta di marzo, pochi giorni prima dell’assemblea che annunciava la trasformazione della popolare in spa. Qualche ora dopo il titolo perse il 21 per cento del suo valore (passando da 9,15 a 7,50 euro per azione). Qualcuno però riuscì a vendere prima. Circa 2 milioni di azioni furono messe sul mercato a prezzo pieno. La finanza ha in mano un elenco di azionisti ‘fortunati’: si tratta di imprenditori di primo livello della città, in alcuni casi esposti con l’istituto di credito.
In almeno un paio di casi, questi azionisti di rilievo sono riusciti a vendere le loro azioni scavalcando l’ordine cronologico dei venditori. Tesi smentita dalla banca che parla di piccoli errori già corretti. Ed è proprio quello che è contenuto nel decreto dei due pm: “Con riferimento all’asta del 18 marzo 2016 (ultima asta utile prima dell’assemblea del 24 aprile in cui le azioni della Bpb hanno subito un deprezzamento dal valore di 9,53 euro a 7,50) – è scritto nel decreto della Procura – è emersa una significativa anomalia, consistita nell’inserimento manuale di ordini di vendita”.
In pratica, sarebbe stato violato l’ordine cronologico che permette di far vendere le azioni a chi ha presentato per primo la richiesta di liberarsene. Ad avvantaggiarsi di questa violazione, scavalcando l’ordine sarebbe proprio De Bartolomeo: “Tra gli ordini inseriti successivamente – scrivono ancora i due pm – in violazione del criterio cronologico vi sono gli ordini di vendita riconducibili a Debar costruzioni spa e ad alcuni esponenti della famiglia De Bartolomeo“. Ordini inseriti “benché privi di data certa di acquisizione dell’ordinativo. Di qui il fondato sospetto che detto inserimento sia stato eseguito in assenza di presupposti”. Grazie a questo inserimento manuale Debar ha alienato nell’asta del 18 marzo scorso, 430mila titoli della Bpb per un controvalore di 4 milioni e 97mila euro al prezzo di 9,53 euro per azione.
È questo che spinge i pm a ritenere che vi sia stato “un trattamento di favore da parte del management della Popolare di Bari nei confronti del socio Debar spa“. L’accusa della procura evidenzia la possibilità di “condotte lesive dell’integrità patrimoniale della banca“. Il caso Debar spinge così ad approfondire per chiarire se ci siano stati comportamenti analoghi. Qui ci sarebbe da parte della Bpb (che ieri ha dovuto rinviare nuovamente l’assemblea prevista per il 27 per la sua trasformazione in spa), l’ostacolo alle funzioni di vigilanza.
Il rischio che emerge da alcuni audit è che ci possano essere potenziali rettifiche ai fondi propri della banca, che contribuiscono a creare il prezzo per azione. Prezzo che attualmente è a 7,50 euro, ma che se fosse accertata la tesi dell’accusa potrebbe ridursi ancora.