“La magistratura come mercimonio” Capristo e Nardi saranno processati

La Procura di Potenza ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio entrambi, l’ex procuratore e l’ex giudice coinvolti nell’inchiesta sulle indagini truccate a Trani e Taranto. Il processo al via il 6 marzo – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

Avrebbero fatto “mercimonio della funzione di procuratore della Repubblica” l’ex procuratore di Trani e Taranto, Carlo Maria Capristo, e l’ex giudice tranese Michele Nardi. Il primo si faceva corrompere, il secondo corrompeva, ha sostenuto la Procura di Potenza, che ha chiesto e ottenuto per entrambi il rinvio a giudizio. Il processo a loro carico comincerà il 6 marzo, data in cui di nuovo finirà sotto accusa l’amministrazione della giustizia in Puglia.

Capristo e Nardi non erano due magistrati qualsiasi ma personaggi di primo piano: l’uno alla guida di uffici giudiziari importanti, l’altro giudice e poi ispettore ministeriale. Avrebbero utilizzato la Procura e il tribunale come “un palcoscenico di potere“, aveva scritto il gip nell’ordinanza con cui – nel giugno 2021 – a Capristo era stato imposto l’obbligo di dimora.

All’epoca erano finiti in carcere l’avvocato siciliano Pietro Amara e il poliziotto materano Filippo Paradiso, mentre per l’avvocato tranese Giacomo Ragno e per Nicola Nicoletti, socio di Pwc-PricewaterhouseCoopers e già consulente Ilva, erano stati disposti i domiciliari. L’inchiesta riguardava indagini truccate prima a Trani e poi a Taranto, in primis quella sull’Ilva, ma dopo l’esecuzione delle misure era stata divisa in due filoni in base a dove erano stati commessi i fatti.

Salvati dalla prescrizione

Cinque imputati sono usciti indenni dall’udienza preliminare davanti alla giudice Rossella Magarelli. Si tratta dell’ex pm Antonio Savasta, l’avvocato Giacomo Ragno, l’imprenditore Flavio D’Introno, il commercialista Massimiliano Soave e il ragioniere Franco Maria Balducci. Erano accusati di concussione nei confronti dei fratelli Sergio e Massimo Zucaro, ma la gup ha riqualificato il reato in induzione indebita a dare o promettere utilità, dichiarandolo prescritto. Prescrizione (soltanto per questa ipotesi) anche per Nardi e Capristo. L’accusa aveva ipotizzato che i magistrati, tramite la mediazione di D’Introno e Balducci, avrebbero indotto i fratelli Zuccaro – coinvolti in un’inchiesta per riciclaggio – a nominare Ragno quale avvocato e Soave come commercialista, versando al primo 5mila euro e al secondo 10mila.

Tale ricostruzione è stata fermamente contestata dagli avvocati difensori, che hanno bollato come inattendibili le dichiarazioni di D’Introno (colonna portante delle tesi accusatorie). In relazione alla posizione di Savasta, gli avvocati Massimo e Riccardo Manfreda hanno parlato di affermazioni “illogiche e contraddittorie”, evidenziando che anche gli Zucaro (che in udienza non si sono costituiti parte civile) non avevano mai fatto il nome dell’ex pm. Gli avvocati Manfreda hanno espresso “apprezzamento per il positivo epilogo di una vicenda giudiziaria in cui è stata fortemente ridimensionata la solidità dell’impianto di accusa e delle dichiarazioni di alcuni coimputati”.

Il sistema Trani

L’esistenza di meccanismi corruttivi in quegli uffici giudiziari, negli anni in cui il capo era Capristo, è stata già certificata da una sentenza emessa dal tribunale di Lecce, che ha condannato a dieci anni Savasta, a quattro il pm Luigi Scimè e l’immobiliarista Luigi D’Agostino, a quattro e quattro mesi l’avvocato Ruggiero Sfrecola e a due anni e otto mesi il collega Giacomo Ragno. Annullate invece le condanne emesse nei confronti degli altri imputati – a partire da Michele Nardi (a cui era stata inflitta la pena di 16 anni e quattro mesi), dopo che la Corte d’appello di Lecce si è ritenuta incompetente. Gli atti di indagine sono stati trasferiti a Potenza, laddove in realtà era già stata scritta tutta la parte della storia che riguardava Capristo. Il cui rapporto con Nardi è emerso prepotentemente nelle indagini lucane.

Vittime e carnefici

La Procura di Potenza ha contestato a Nardi e Capristo l’accusa di corruzione. Il primo avrebbe aiutato il secondo a farsi nominare procuratore della Repubblica a Trani e da lui avrebbe ottenuto esito processuale favorevole per vicende in cui erano coinvolte persone di suo interesse. Capristo era accusato anche di abuso d’ufficio e favoreggiamento per aver aiutato il suo segretario Domenico Cotugno a eludere le indagini sulla fuga di notizie relative a un’inchiesta assegnata al pm Michele Ruggiero (che oggi è in servizio a Bari). Cotugno – è stato contestato – avrebbe fatto avere notizie riservate a due indagati ma il procuratore l’aveva coperto, danneggiando l’inchiesta condotta dal suo sostituto.

Le parole di Nardi

Nardi ha provato fino all’ultimo a difendersi, trasformando le dichiarazioni spontanee quasi in un’arringa che si è aggiunta a quella dei difensori Domenico Mariani e Carlo Taormina. Alla giudice ha mostrato slide e manoscritti, compresa quella lettera scritta mentre era in carcere e indirizzata a Capristo. Da lì sono partite le indagini di Potenza e sono cominciati i suoi ulteriori guai. A ingigantirli sono state, ancora una volta, le dichiarazioni di D’Introno, che l’ex giudice ha cercato di smontare una a una. Per il momento non ci è riuscito, ma da marzo potrà ricominciare a difendersi davanti al tribunale. Nel frattempo aspetta la chiusura dell’indagine trasferita da Lecce, per cui era stato già condannato.

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