La mafia foggiana si mette in politica. E i Comuni tremano

Si raccontano tante storie, da queste parti. La più incredibile è di qualche anno fa e riguarda un assalto a un portavalori. È necessario sapere che in qualsiasi parte di Europa un blindato venga assaltato — è accaduto in Francia, in Germania, in Olanda — ecco, è quasi certo che ci sia la mano dei cerignolani. La procedura è la stessa: bloccano il mezzo carico di soldi in autostrada, si premurano per facilitare la fuga di tagliare nelle ore precedenti il guard rail, utilizzano un drone per osservare dall’alto la zona, sono armati fino ai denti, con kalashnikov, mitragliatori, armi da guerra. E in pochi minuti colpiscono, solitamente senza bisogno di sparare. Portando via milioni di euro. Un paio di anni fa, si diceva, per far comprendere ai vigilantes con chi avessero a che fare, un gruppo di rapinatori montò un tre piedi di fronte al blindato, nel centro della strada, come quelli delle macchine fotografiche. Solo che al posto della reflex, contro il blindato puntarono un bazooka.

Benvenuti a Cerignola, 70mila abitanti ai piedi del Tavoliere delle Puglia, la città di Giuseppe Di Vittorio. Da ieri Comune commissariato per mafia. Dice il governo, che giovedì ha inviato il provvedimento di scioglimento al Quirinale, che «il Comune presenta forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata che compromettono la libera determinazione e l’imparzialità degli organi elettivi». La provincia di Foggia — parole del procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho — è oggi «la principale emergenza criminale italiana, perché la più sottovalutata». Lo denuncia da tempo anche il procuratore antimafia di Bari, Giuseppe Volpe che ha creato un gruppo di magistrati che lavora soltanto su Foggia, con straordinari risultati. Ma non basta: non basta perché la gente non denuncia (nessuno si è costituito parte civile nell’ultimo processo contro i clan di Foggia), i criminali non parlano (due pentiti in 30 anni) e, nell’indifferenza del resto dell’Italia, (dati 2017-2018) c’è un omicidio a settimana, una rapina al giorno, un’estorsione ogni 48 ore.

Cerignola, si diceva, nella geografia criminale è raccontata come la città dei gangster: rapinatori di blindati, leader in Italia nel furto e nel riciclaggio dei pezzi di auto. Ma si tratta di una rappresentazione parziale, come parziale è raccontare i capibastone del Gargano come pastori. Questi sono mafiosi. E dunque occupano la politica. È stato commissariato il Comune di Monte Sant’Angelo, è commissariata Mattinata, rischia Manfredonia. Il sindaco di Cerignola, l’avvocato Franco Metta (civico vicino al centrodestra), oggi sbraita («Vergogna. Sono vittima degli sciacalli in divisa») ma fino a qualche giorno fa — per lo meno così ricostruisce la relazione ministeriale — celebrava e festeggiava i matrimoni di pregiudicati, tutelava i loro esercizi commerciali, mentre i clan mettevano le mani anche sugli appalti (e i subappalti) comunali.

«Basta parole, questo è il governo dell’antimafia dei fatti» dice il ministro Francesco Boccia. Alcuni giorni fa, proprio a Cerignola, il procuratore di Foggia Ludovico Vaccaro aveva chiesto l’aiuto della società civile: «La situazione è disperata. Abbiamo bisogno di tutti voi per fare pulizia». «Non vi daremo tregua» ha detto qualche settimana il prefetto di Foggia, Raffaele Grassi — poliziotto di primissimo livello, ex direttore dello Sco, a Foggia ora non per caso — davanti a una platea di attoniti imprenditori, i più importanti della Provincia. Li aveva convocati nei suoi uffici per dire loro: «Io e voi conosciamo i nomi di tutti i mafiosi di questa terra: Trisciuoglio, Francavilla, Prencipe, Li Bergolis, Romito.

Ora è arrivato il momento per voi di decidere da che parte del tavolo sedersi». Qualcuno, tra gli imprenditori in platea, per la tensione è scoppiato in lacrime. Qualche ora prima Grassi aveva firmato un’interdittiva antimafia nei confronti delle aziende di ex dirigenti di Confindustria: uno di loro era un parente dei Trisciuoglio e dei Romito. Gestiva la riscossione dei tributi, cioè i soldi dei contribuenti, per il Comune di Foggia e per molti della provincia.

fonte: Giuliano Foschini – rep.repubblica.it

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