La famiglia Minuto, i prestanome e la truffa

L’Associazione Sportiva “Life Power” nasce molti anni fa in via San Benedetto 7, in un locale seminterrato che era stato fino alla fine degli anni ’90 di proprietà di un signore che abbiamo conosciuto nelle carte processuali dell’ex assessore allo sport Spadavecchia, indagato qualche anno fa per voto di scambio.  Dopo il locale diventa, per un breve periodo, una sorta di sala giochi e poi si trasforma in una vera e propria palestra gestita da Pasquale Minuto. Negli stessi locali, ma con l’entrata dal numero civico 5, c’era un’altra associazione sportiva, la “Ventunesimo Gym” che fruttò alla famiglia Minuto circa 30mila euro. Pasquale Minuto, infatti, in veste di proprietario dei locali (o delle macchine?) chiese al comune il risarcimento per i danni che le acque meteoriche avevano procurato alle attrezzature ginniche presenti nel locale e lo ottenne. Poi le stesse macchine con l’associazione migrarono verso i locali della Piscina Comunale e poi ancora verso i campi comunali da tennis e calcetto di via Gramsci. Nel 2012 si arriva al sequestro degli impianti e di una possibile truffa confezionata, ai danni della comunità, e del Comune di Molfetta, da alcuni membri della famiglia Minuto e da altri cittadini.

Il 18.06.2018 il giudice monocratico del Tribunale di Trani, Andrea D’Angeli ha condannato ad 1 anno e 6 mesi di reclusione, col beneficio della pena sospesa, per l’accusa di truffa aggravata, i molfettesi Paolo Minuto, 53 anni, e Mauro Angione, 52 anni. I due sono stati ritenuti i gestori di fatto dell’associazione sportiva Life Power a cui il Comune di Molfetta aveva affidato la gestione dei campi di calcio e tennis siti in via Gramsci. Assolto con l’equivalente della vecchia formula dell’insufficienza di prove, “per non aver commesso il fatto”, il terzo imputato: Pasquale Minuto, 50enne molfettese. Riconosciuto il diritto al risarcimento del Comune, costituitosi parte civile: la sentenza ha fissato una provvisionale di 25mila euro.

Gli amministratori apparenti, Filomena Amato e Vito Parisi, erano prestanome degli effettivi gestori dell’associazione che per l’aggiudicazione dell’area offrirono un canone annuo di 50mila euro. Una somma alta per sbarazzarsi dei concorrenti e metter in atto, secondo l’accusa, il disegno truffaldino, mirato da un lato ad incamerare i proventi delle attività sportive e dall’altro a non pagare il canone al Comune. Sarebbe stato architettato uno stratagemma per non pagare i canoni successivi alla prima annualità e difendersi in successivi contenziosi col Comune: ” Far risultare l’occupazione da parte di un terzo dell’immobile sito all’interno dell’impianto sportivo, che in realtà era stato già rilasciato dall’originario custode , convincendo Alberto Alfredo Pacillo a introdursi nello stabile con la sua famiglia” secondo la magistratura. Una situazione che avrebbe prefigurato un inadempimento contrattuale del Comune che nel capitolato d’appalto del 2002 si era impegnato a ” mettere a disposizione l’immobile libero da terzi”, tant’è che il Comune aveva ottemperato mandando in pensione il vecchio custode. Nel 2011 il Tribunale condannò al pagamento di 110mila euro il fittizio gestore Vito Parisi per il mancato pagamento del canone di locazione fino al 2008. La procura calcolò un danno per le casse comunali, sino a marzo 2012, di oltre 373mila euro. Tra 90 giorni il deposito delle motivazioni della sentenza di primo grado.

Invece non abbiamo registrato alcun commento, o comunicato stampa, da parte della Senatrice e consigliera comunale Carmela Minuto, poteva lei non sapere di questa brutta storia?

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