La fabbrica della politica effimera. Retrospettiva del futuro – seconda parte

Questo articolo è stato consegnato in redazione il 25 gennaio 2023 per il numero di Febbraio – “L’AltraMolfetta”

Leggi la prima parte 

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seconda parte

Target dopo target – Il futuro, per qualsiasi movimento o partito di sinistra o centro-sinistra, deve passare da una nuova visione della società e dei suoi bisogni, target dopo target. E per farlo è necessario radicarsi nella città reale e non quella virtuale; c’è bisogno di connettersi con quell’elettorato astensionista, sempre più in aumento, con nuove modalità di comunicazione, informazione e coinvolgimento. Un processo lungo e faticoso, ma non più procrastinabile, che deve abbandonare la politica mordi e fuggi, e che non può esaurirsi con il comunicato stampa o il post sulla pagina FB del consigliere comunale, felici e contenti tutti e con la coscienza a posto. No, cari amici, la rete è diventata la tomba della politica.

La rete e la partecipazione – Ho sempre pensato, ma posso sbagliarmi, che l’ambito della “rete” cittadina tra networks commerciali, quelli d’informazione, facebook e altri social media, può contare sul coinvolgimento di 4 o 6mila cittadini-elettori, distribuiti nelle varie realtà e a volte sovrapponibili. Questa valutazione potrebbe anche diventare, per assurdo, una delle chiavi di lettura della scarsa partecipazione democratica dei cittadini molfettesi agli appuntamenti elettorali comunali. Se si tiene conto che, nell’ultima tornata delle comunali 2022, su 56.000 aventi diritto di voto hanno votato solo 32.000 cittadine/i, ne rimangono fuori 24.000 che non si sono presentati alle urne. Per essere ottimisti, posto che potrebbero essere 4.000 quelli che per motivi di salute, lavoro o impossibilitati dell’ultimo momento, ne rimangono fuori 20.000.

Per una città come Molfetta è un numero elevato e non penso siano tutti astensionisti politici per scelta; potrebbero essere semplicemente cittadini disinformati, delusi, demotivati e scarsamente coinvolti, lontanissimi dalla “rete”. Ecco, questo target di cittadini potrebbe diventare la nuova risorsa elettorale della sinistra. Non tutti s’informano in rete, non tutti hanno un profilo social, non tutti frequentano amici o conoscenti a loro volta informati e spesso accade che molti cittadini non siano a conoscenza della scadenza elettorale.

Il futuro politico – La nuova politica, il partito o il movimento del futuro deve necessariamente andare oltre la rete e tornare a comunicare nella città reale, porta a porta, nel condominio, nel quartiere. E dal quartiere deve tornare alla sede fisica e non virtuale, dove i giovani possano formarsi alla cittadinanza attiva. La politica deve tornare a organizzare assemblee aperte ai cittadini in luoghi pubblici per discutere sui temi sociali più attuali in modo da raccogliere spunti di riflessione e proposte da elaborare per farle diventare progetti politici di governo. Il popolo dei social deve tornare a ritrovarsi fisicamente, dialogare, discutere e confrontarsi superando anche le diverse visioni del mondo. La rete e i social devono essere un valore aggiunto della comunicazione, e non l’unico strumento di divulgazione del fare politica.

I contenuti e la conoscenza dei fatti – Tutto quanto fin qui detto era riferito ad un possibile metodo, ma il metodo non basta per realizzare un nuovo progetto politico, c’è bisogno dei contenuti, della conoscenza dei fatti, quelli veri e concreti e non le chiacchiere da bar e facebook, e la loro interpretazione.   A tal proposito, sempre in riferimento, alla lettera di dimissioni di Drago, vorrei ricordare alcuni passaggi importanti: “L’attuale Amministrazione non sembra essersi avvalsa con la necessaria determinazione — come si è potuto constatare anche nella notte della conclusione dello spoglio dei voti — lasciando campo libero a squadre di delinquenti più o meno organizzate, ma probabilmente sobillate dal vero boss della città (che non si chiama Tommaso, ma Giuseppe)” … “Ormai penso, purtroppo, che nell’attuale situazione in cui è sprofondata Molfetta solo un deciso intervento della Magistratura possa avere una qualche efficacia”.

Parole pesanti come macigni e riferimenti allusivi ben precisi che potrebbero indicare una strada da percorrere per approfondire gli eventuali legami tra politica e criminalità molfettese. Nessuno ha capitalizzato politicamente il suggerimento di Drago, così come nessuno ha mai raccolto il suggerimento, da me lanciato più volte in rete, di chiedere al Prefetto l’accesso della Commissione d’indagine nella Casa Comunale, ai sensi dell’articolo 143 – Testo unico degli enti locali (TUEL , D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267),  per verificare se ci fossero stati, nei 9 mesi di attività amministrativa dell’assessora Carmela Germano, e dopo, eventuali forme di condizionamento tali da determinare un’alterazione dei procedimenti di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi, compromettendo il buon andamento o l’imparzialità dell’amministrazione comunale. Ma non sono solo queste le “conoscenze” che la politica e i consiglieri comunali dovrebbero avere nel loro bagaglio culturale. L’albo pretorio è il primo strumento di conoscenza della vita socio-politico-amministrativa di una città; poi la lettura delle concessioni edilizie e commerciali, le concessioni dei contributi sociali e culturali, le costituzioni di parte civile del Comune e i fascicoli di indagini penali nei confronti di amministratori e impiegati comunali rappresentano già una immensa miniera di notizie per i consiglieri comunali. In particolare, i consiglieri di opposizione, se vogliono svolgere seriamente il loro mandato e se con l’ordinaria attività non riescono ad incidere sulla maggioranza di governo devono utilizzare altre strategie. Spesso il ricorso alle denunce in Procura è necessario quando la politica si blocca davanti al muro di gomma del sindaco di turno che ritarda, ignora, evita di rispondere a interrogazioni ben precise che portano alla luce gravi irregolarità in taluni atti amministrativi. Perché poi non dobbiamo lamentarci quando le Procure si sostituiscono alla politica per far emergere il marcio che sta sviluppando la cancrena della politica.

Lo sguardo al passato per non commettere gli stessi errori – Spesso anch’io affermo che l’esperienza della “Primavera molfettese” è irripetibile, ma se facessimo la stessa operazione che ho suggerito per la ”vecchia corriera”, recuperando l’anima e il metodo di quell’esperienza, riappropriandoci solo degli aspetti positivi varrebbe la pena di tentare l’impossibile. Periodicamente ricordo a me stesso, e a chi non ha vissuto quell’esperienza, alcuni riferimenti contenuti nel libro verde del  ’94  perché oggi, ancor più di 30anni fa, quella visione di città è tremendamente attuale. Ciò che allora erano ipotesi e verità nascoste, oggi sono realtà sociali, politiche e processuali. Dedico ai più giovani una sintesi del documento dell’appello per “RESTITUIRE LA CITTA’ AI CITTADINI” che nel 1993 ha rappresentato la parola d’ordine della “Primavera molfettese“, affinché si appassionino alla politica vissuta, partecipata, sudata, conquistata e realizzata.

“Molfetta vive una fase importante della sua storia. Siamo a un bivio. Dobbiamo scegliere se continuare a percorrere le vecchie strade o imboccare quelle di una radicale trasformazione. Il ceto politico e affaristico che ha governato la città occupando ogni spazio della vita amministrativa, sociale, economica e culturale si sta disgregando. Anche a Molfetta, come nel resto del Paese, il sistema di potere fondato sulla corruzione, sulle clientele, sul voto di scambio è entrato in crisi, anche se non mancano i tentativi di tenerlo ancora in piedi. I danni provocati sono gravissimi: la città è scivolata verso livelli mai toccati prima di degrado sociale, di dissesto territoriale, e di illegalità diffusa sino ai limiti di pericolose contiguità tra la politica e criminalità; l’idea stessa della politica è squalificata e sempre più associata alle logiche dell’astuzia affaristica.

Troppi sono stati coloro che hanno ceduto o non hanno saputo ascoltare, interpretare, aggregare e rappresentare a livello istituzionale il dissenso pure esistente nella città. In questi anni difficili, però, c’è stato anche un altro modo di fare politica, un’opposizione diffusa, che ha di volta in volta, assunto forme collettive o individuali, visibili o sommerse, ma sempre civilmente consapevoli. Un’area vasta e variegata, anche se frammentata, composta da gruppi di base e nuovi movimenti politici, gruppi di volontariato, associazioni eco-pacifiste, di giovani e di donne, operatori sociali e animatori culturali, responsabili e gruppi della comunità ecclesiale, che insieme hanno testimoniato una qualificata progettualità politica sulla città. Un grande potenziale di intelligenze, professionalità, passione, ansia di giustizia. Gente che ha svolto con abnegazione il proprio impegno nel sociale o ha fatto semplicemente il proprio dovere, tenendo così in piedi il meglio di una città che il ceto politico dominante sta invece degradando.

E’ giunto il momento che questa ” politica diffusa” si aggreghi e assuma il compito di governare la città rompendo radicalmente con il passato. Il futuro non può essere affidato ai soliti nomi, a vecchi e nuovi notabili della D.C. magari camuffati sotto qualche nuova sigla, a pezzi delle vecchie forze politiche di maggioranza o di opposizione, corresponsabili del degrado, che cercano di perpetuare il loro potere con patetici quanto pericolosi tentativi di riciclarsi indossando nuove maschere. La città ha bisogno di cittadini onesti, competenti, responsabili, e soprattutto credibili perché non compromessi con il vecchio sistema; di persone che hanno saputo concretamente testimoniare con il loro impegno politico, sociale, culturale o professionale la loro adesione ai valori fondamentali della democrazia, della solidarietà, della legalità, della difesa dell’ambiente, della pace e della dignità della persona.

Per fare tutto questo, Molfetta ha bisogno di uno straordinario risveglio delle coscienze, di un nuovo protagonismo dei cittadini per costruire una fase di radicale rinnovamento della vita politica e sociale, che si contrapponga alle logiche dei comitati d’affari che feriscono la dignità della nostra città e mortificano la speranza”.

Nel 1993 eravamo molto più avanti.

di Matteo d’Ingeo

 

 

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