Il procuratore nazionale Antimafia, Giovanni Melillo: “Il carcere è un luogo di normale operatività delle organizzazioni criminali” – fonte: www.immediato.net
La “mafia degli affari” del clan Li Bergolis-Miucci è stata decapitata dall’operazione antimafia “Mari e Monti” di oggi, che ha portato a 39 arresti e al sequestro di beni per 10 milioni di euro. Le aziende controllate operavano in vari settori, dall’allevamento all’edilizia per finire al turismo. Il nome dell’operazione, “Mari e Monti”, sta proprio a simboleggiare la strategia di reinvestimento dei proventi nelle imprese, con particolare attenzione a Vieste, realtà turistica tra le più importanti in Puglia.
La DDA di Bari ha coordinato il lavoro congiunto di Polizia, Carabinieri e Guardia di finanza per sgominare la più potente organizzazione criminale del Gargano, considerata dagli inquirenti “la più allarmante” della Puglia. A coordinare le indagini sono stati il procuratore della Repubblica Roberto Rossi e l’aggiunto della Dda Francesco Giannella, con i sostituti Ettore Cardinali, Bruna Manganelli e Luciana Silvestris, nonché il sostituto della Dna Giuseppe Gatti. Agli indagati vengono contestati 48 capi di imputazione, 25 sono ritenuti parte di un’associazione mafiosa, gli altri a vario titolo avrebbero partecipato a due diverse associazioni finalizzate al traffico di stupefacenti.
“È stata sgominata una delle più potenti organizzazioni criminali della mafia foggiana – ha detto il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo – colmando un deficit repressivo sul clan Li Bergolis che durava da una quindicina d’anni. Questa indagine fotografa una realtà di straordinaria pericolosità, la dimensione violenta, vessatoria e intimidatoria di questo gruppo mafioso si associa anche ad una straordinaria capacità di operare nella modernità, che sia quella del traffico internazionale di stupefacenti o del riciclaggio. Alcuni dei capi erano già in carcere, per questo va sottolineata la necessità di rimuovere la condizione di sostanziale dominio che le organizzazioni mafiose esercitano anche all’interno delle carceri. Non si cessa di essere mafiosi una volta in carcere. Il sistema di alta sicurezza si è dimostrato inidoneo, come dimostra la valutazione del pubblico ministero e del ministro della Giustizia che ha adottato il decreto”.
“Questa operazione ha una qualità particolare, ha agito su tutti i piani: personale, patrimoniale e della sicurezza all’interno delle carceri. Poi c’è stato un lavoro comune importantissimo, con un coordinamento assolutamente efficace che si è esplicitato con richieste comuni di misure di prevenzione, poi concesse”, ha sottolineato Rossi. Fondamentale anche l’apporto di 18 collaboratori di giustizia, che hanno reso 33 interrogatori, come ricordato da Giannella.
I nomi degli arrestati
Carcere per i fratelli Leonardo detto “Dino” Miucci 46 anni ed Enzo “U’Criatur” Miucci 41 anni. Con loro in cella Matteo Armillotta detto “Babbione”, 45 anni, Donato Bisceglia, 38 anni, Davide Carpano detto “Davidone”, 33 anni, Giovanni Caterino, 44 anni, basista della strage di San Marco, Marino Arturo Pio Ciccone, 66 anni, Nicola Ciliberti, 26 anni, Giuseppe Pio Ciociola detto “Pannone”, 21 anni, Gianmichele Ciuffreda, 37 anni, Libero Colangelo, 42 anni, Luigi Ferri detto “Gino”, 44 anni, Francesco Gallo, 54 anni, Michele Libero Guerra, 39 anni, Claudio Iannoli detto “Cellino”, 48 anni, Giovanni Iannoli detto “Smigol”, 38 anni, Orazio Pio La Torre, 32 anni, Matteo Lauriola, 33 anni, Luigi Mazzamurro, 45 anni, Antonio Miucci (figlio di Enzo), 22 anni, Raffaele Miucci, Raffaele Palena detto “Strizzaridd”, Matteo Pettinicchio (braccio destro di Enzo Miucci), Raffaele Prencipe detto “Arafat”, Roberto Prencipe detto “Roberto della Montagna”, Marco Primavera, Piergiorgio Quitadamo, Lorenzo Ricucci detto “Ciacciamucc”, Carmine Romano detto “Chicill”, Maria Gaetana Santoro detta “Nella”, Lorenzo Scarabino, Giuseppe Stramacchia, Tommaso Tomaiuolo, Angelo Totaro detto “Farfaridd”, Pasquale Totaro anche lui “Farfaridd”, Mario Totta e Gianluigi Troiano.
Domiciliari a Maria Francesca Palumbo e Marco Raduano, quest’ultimo ex boss di Vieste, oggi collaboratore di giustizia, per un periodo alleato di Miucci prima di passare ai rivali Lombardi-Scirpoli.
Nell’ordinanza di ben 1007 pagine, gli inquirenti scrivono che il presente procedimento sarebbe praticamente in continuità con “Iscaro-Saburo”, dal nome della maxi operazione del 2004 contro la mafia garganica. Fu quello il primo processo che attestò l’esistenza di clan organizzati nel promontorio, guidati dai carismatici fratelliMatteo, Armando e Franco Li Bergolis, nipoti del capo supremo Ciccillo Li Bergolis,ucciso nel 2009. Matteo e Armando condannati in “Iscaro-Saburo” a circa 27 anni di galera, Franco all’ergastolo.
Prefetto Foggia: “Grande vittoria dello Stato”
Fervide congratulazioni del prefetto di Foggia, Maurizio Valiante, per la magistrale operazione denominata “Mari e Monti” – condotta, a partire dalle prime ore di questa mattina nella provincia di Foggia e in altre parti del territorio nazionale, dalla Polizia di Stato, dall’Arma dei Carabinieri e dalla Guardia di Finanza, sulla base delle indagini coordinate dal Procuratore della Direzione Nazionale Antimafia e dirette dal Procuratore della D.D.A. di Bari – che ha inferto un durissimo e significativo colpo ad uno dei sodalizi mafiosi più pericolosi e invasivi operanti storicamente nell’area garganica, con profonde e pervasive ramificazioni anche in ambito nazionale, in grado di saldare schemi di azione “militare” con strategie “affaristiche” all’avanguardia.
“Questa magistrale operazione – sottolinea Valiante – frutto di una accurata attività strategica e investigativa testimonia il grande valore e l’elevata professionalità della Magistratura e delle Forze di Polizia a cui rivolgo il mio sentito ringraziamento per l’incessante e encomiabile impegno nell’azione di contrasto delle organizzazioni mafiose che agiscono su questo territorio”
“Tutte le Istituzioni – evidenzia ancora il prefetto – sono instancabilmente impegnate nella lotta alle organizzazioni criminali per garantire la sicurezza delle nostre comunità e ripristinare la legalità in un contesto territoriale particolarmente critico in quanto esposto alle influenze criminali”. “Questa grande vittoria dello Stato – conclude il Prefetto – conforta tutte le componenti sociali ed economiche del territorio, rafforzandone la fiducia e favorendo la coesione socio-istituzionale, ed incentiva ancor di più tutti coloro che operano quotidianamente per tutelare e affermare saldamente la legalità nella nostra provincia”.
Droga, estorsioni e rapine: scacco matto alla mafia garganica. “La più allarmante criminalità organizzata della Puglia” – www.immediato.net
l procedimento penale da cui scaturisce l’operazione “Mari e Monti” rappresenta la più complessa, strutturata e, allo stesso tempo, innovativa indagine effettuata nel distretto barese sulla criminalità organizzata di tipo mafioso operante nella provincia di Foggia. La complessità strutturale è direttamente ricollegata all’ambizioso obbiettivo della progettualità investigativa: verificare la perdurante operatività criminale dell’associazione mafiosa garganica denominata clan li Bergolis, da epoca successiva al suo definitivo riconoscimento giudiziario, risalente al 2009, fino all’attualità, colmando, in tal modo, una lacuna ricostruttiva estesa per un arco temporale di 15 anni.
Sono stati acquisiti e messi a sistema gli esiti investigativi e giudiziari di una molteplicità di procedimenti penali, con l’utilizzazione di una copiosa e variegata serie di elementi, arricchitasi, negli ultimi tempi dei preziosi contributi di importanticollaboratori di giustizia. Molteplici i profili di novità, sia sul piano della composizione del gruppo di lavoro preposto all’acquisizione, all’analisi e allo sviluppo delle risultanze investigative sia in relazione alla metodologia di contrasto adottata, caratterizzata dal concomitante impiego dei plurimi e diversificati strumenti dell’attività di contrasto alle organizzazioni mafiose, sia in chiave repressiva che preventiva.
È la prima volta, infatti, che una indagine antimafia della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari vede il concomitante coinvolgimento della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, dei Servizi Centrali e Interprovinciali di Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza e dei loro ulteriori organismi periferici. Ulteriore significativo elemento di novità è dato dal fatto che l’azione di contrasto si sia caratterizzata per la concomitante esecuzione di misure cautelari personali e reali disposte dal GIP del Tribunale di Bari, di sequestri di prevenzione patrimoniale, adottati in via di urgenza dalla sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Bari (su proposta formulata congiuntamente dal Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e dal Procuratore della Repubblica di Bari) e di provvedimenti ministeriali applicativi del regime detentivo speciale di cui all’art. 41 bis per alcuni indagati.
Da “mafia militare” a “mafia degli affari”
Il percorso evolutivo del clan li Bergolis risulta caratterizzato dalla coesistenza di elementi legati alla tradizione con profili di significativa modernità, con la conseguente capacità di associare alla sua originaria configurazione conforme agli schemi della cosiddetta “mafia militare”, il più evoluto e sofisticato profilo di “mafia degli affari”. In perfetta continuità con la sua genesi, il sodalizio mafioso garganico si caratterizza per la sua forte connotazione familistica e per un radicamento territoriale quanto mai pervasivo, elementi che hanno, nel tempo, assicurato tenuta omertosa, saldezza del vincolo associativo e generalizzata capacità di condizionamento ambientale, aspetto quest’ultimo, particolarmente evidente, in forma talvolta eclatante, nel favoreggiamento delle latitanze e nell’esercizio della pratica estorsiva, imposta come riconoscimento di una tassa di sovranità e quasi sempre caratterizzata da una minaccia tacita, realizzata mediante comportamento concludente, con assenza di denuncia da parte degli imprenditori taglieggiati. Sul piano degli assetti organizzativi, l’organizzazione mafiosa si caratterizza per la coesistenza di una pluralità di cellule, dislocate in varie località del promontorio, dotate di autonomia operativa ma gerarchicamente riconducibili, sul piano endo-associativo, ad un’unica linea di comando di tipo verticale. Elemento centrale che caratterizza i profili metodologici e le strategie operative del sodalizio mafioso garganico è rappresentato dalla feroce contrapposizione armata con il clan Romito-Lombardi-Ricucci, che ha generato, nel corso di oltre un decennio, una inarrestabile scia di sangue, culminata nel quadruplice omicidio di Apricena del 9 agosto 2017 (impropriamente nota come “strage di S. Marco in Lamis”), nell’ambito del quale furono barbaramente uccisi anche due agricoltori assolutamente estranei alle dinamiche mafiose.
Giovani leve, accordi e droga
La capacità di reclutamento di soggetti minorenni è una peculiare caratteristica del clan li Bergolis, con l’attivazione di un percorso di tutoraggio delle cosiddette giovani leve, la cui affidabilità viene inizialmente saggiata con il loro impiego nella commissione di reati predatori. Significativamente allarmante è stata la capacità del sodalizio di crescere e svilupparsi anche in costanza di regimo carcerario di molti dei suoi membri più autorevoli. A comprova dell’assoluta inidoneità del regime di “alta sicurezza”, a cui gli esponenti apicali del clan li Bergolis sono stati fino ad ora sottoposti, ad impedire il mantenimento dei collegamenti con il sodalizio mafioso di appartenenza e con i più vasti circuiti delle organizzazioni mafiose operanti nella provincia di Foggia, l’indagine ha messo in evidenza la capacità di sviluppare, mediante pizzini veicolati dai familiari, l’uso della corrispondenza epistolare e l’abusivo utilizzo di apparati cellulari, uno stabile canale di collegamento endo-associativo anche in ambito carcerario, finalizzato alla gestione della cassa comune, all’assistenza economica degli associati detenuti, all’attuazione degli scopi associativi e alla promozione e sviluppo del traffico di droga. L’attuale quanto mai allarmante spiccata vitalità operativa del clan li Bergolis è stata drammaticamente posta in evidenza dall’inarrestabile percorso espansivo compiuto dal sodalizio mafioso negli ultimi anni, chiaramente orientato a proiettare la propria egemonia, originariamente radicata nell’entroterra, sulle coste garganiche compiendo, in tal modo, un decisivo salto di qualità nel processo di modernizzazione. Il controllo di Vieste, conseguito all’esito di una ulteriore sanguinosa estensione in quell’area del conflitto armato con il contrapposto clan Romito-Lombardi- Ricucci, ha consentito al clan li Bergolis di occupare uno spazio significativo nella rete del narco-traffico internazionale, ponendosi quale affidabile interlocutore dei cartelli criminali albanesi e di importanti cosche della ‘ndrangheta reggina.
Le infiltrazioni: Comuni sciolti e interdittive
Gli ingenti capitali derivanti dal narcotraffico internazionale hanno favorito il percorso di infiltrazione nel tessuto economico imprenditoriale, messo anche in evidenza dalle numerose interdittive antimafia disposte dal Prefetto di Foggia, con riferimento ad imprese ritenute, in qualche modo, riconducibili o comunque collegate al clan li Bergolis. La penetrante capacità di condizionamento mafioso del clan li Bergolis ha riverberato i suoi effetti anche sull’apparato politico- amministrativo locale, generando, nell’ultimo decennio, lo scioglimento per mafia dei comuni di Monte S. Angelo, Mattinata e Manfredonia.
Arresti e sequestri
L’ordinanza cautelare ha disposto la custodia in carcere di 37 indagati (tra cui una donna) e gli arresti domiciliari per altri 2 (compresa una donna). Alcuni di tali soggetti sono già detenuti. Agli indagati vengono contestati n. 48 capi di imputazione, segnatamente: 1 associazione mafiosa (a carico di 25 indagati); 2 associazioni finalizzate al traffico di stupefacenti (una a carico di 11 indagati, l’altra a carico di 10 indagati); 21 delitti in tema di stupefacenti; 11 delitti estorsivi; 5 delitti in materia di armi; 9 delitti vari (rapina, furto aggravato, favoreggiamento, trasferimento fraudolento di valori, ricettazione). 10 milioni di euro circa è il valore complessivo sottoposto a sequestro patrimoniale. Il procedimento “Mari e Monti” avrebbe dovuto ricomprendere ulteriori 7 posizioni soggettive di esponenti della consorteria tutti deceduti per morte violenta a causa di lesioni da colpi d’arma da fuoco. Il GIP ha ritenuto, altresì, di rigettare la misura nei confronti di ulteriori 7 indagati, dei quali 2 per mancanza di gravità indiziaria e 5 per mancanza di attualità di esigenze cautelari (sebbene ne riconosca la gravità indiziaria).
Questi i numeri dell’indagine: 33 interrogatori resi da 18 differenti collaboratori di giustizia, per totali 3580 pagine; 75 intercettazioni di differenti utenze telefoniche; 53ambienti oggetto di intercettazione tra presenti; 16 apparati telefonici oggetto di intercettazione telematica con captatore informatico; 22 siti sottoposti a videosorveglianza; 16 intercettazioni di colloqui carcerari (con 43 colloqui utilizzati); 160 pronunce giudiziarie acquisite e versate in atti; 26 procedimenti penali collegati, analizzati; 3 provvedimenti di scioglimento comunale (Monte S. Angelo, Mattinata e Manfredonia); 14 interdittive antimafia esaminate; un elevato numero di verbali di arresto e di annotazioni di p.g.; sequestri, nel tempo, di 11 fucili, 9 pistole, 3 ordigni esplosivi, 10 kg di materiale esplosivo, 636 munizioni; sequestri, nel tempo, di 1674 Kg di marijuana; 1, 3 Kg di cocaina; 1 kg. di eroina; 3 kg di hashish.
Lo stato di belligeranza permanente tra le due organizzazioni mafiose “Li Bergolis“ e “Romito-Ricucci-Lombardi”, a far data dal 2009 ha originato 21 omicidi e 18 tentati omicidi, talchè è immanente il rischio di pianificazione e consumazione di ulteriori fatti di sangue. Pertanto, non sorprende che il giudice nel provvedimento cautelare definisca lo scenario associativo investigato come “la più allarmante criminalità organizzata del territorio pugliese”.
È importante sottolineare che il procedimento si trova ancora nella fase delle indagini preliminari e che, all’esecuzione delle misure cautelari odierne, seguirà l’interrogatorio di garanzia e il confronto con la difesa degli indagati, la cui eventuale colpevolezza in ordine ai reati contestati dovrà essere accertata in sede dibattimentale nel rispetto del contraddittorio con la difesa degli indagati.
