Intrecci pompe funebri e ospedale. Otto condanne tra cui 5 medici

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di Antonello Norscia (www.lagazzettadelmezzogiorno.it/…)

Otto condanne (tra cui cinque medici) ed un’assoluzione col rito abbreviato. E ancora: 3 patteggiamenti e 8 rinvii a giudizio. Questo l’esito dell’udienza preliminare relativa all’inchiesta «Caro Estinto» che svelò un malaffare economico celato nei funerali di numerosi ammalati deceduti all’ospedale di Molfetta o dimessi perché terminali.

Dinanzi al gup del Tribunale di Trani, Grazia Miccoli ha dunque resistito l’impianto accusatorio imbastito dal pubblico ministero Ettore Cardinali, che nei mesi scorsi contestualmente alle 20 richieste di rinvio a giudizio chiese al gip l’archiviazione per un’altra trentina di indagati, per alcuni con formula dubitativa.

Il 16 marzo 2006 l’indagine, basata anche su intercettazioni, sfociò in sette arresti. Col formale atto d’imputazione il pm Cardinali, a seconda delle singole presunte responsabilità, contestò, a vario titolo, i reati di associazione per delinquere, rivelazione ed utilizzazione di segreto d’ufficio, falso ideologico, corruzione, concussione e peculato. Il business funebre sarebbe stato collaudato. Per annientare la concorrenza bisognava giocare d’anticipo, con qualcuno che dall’interno dell’ospedale monitorasse le agonie, profittando del dolore dei congiunti che non avrebbero posto ostacoli alla scelta della ditta di onoranza funebri. Ciascuno avrebbe avuto un ruolo ben preciso: personale paramedico quali “vedette”, e dottori compiacenti, o perlomeno pigri, che redigevano certificati di morte senza constatare personalmente i decessi, basandosi sulle indicazioni fornite dai rappresentanti delle pompe funebri.

Alcuni medici avrebbero percepito 25 euro per la redazione dei certificati di morte. Per gli inquirenti, le imprese funebri fuori dal sistema perdevano una rilevante fetta dei decessi ospedalieri.

Hanno patteggiato la pena: l’operatore coordinatore professionale Giovanni Caputi (2 anni e 6 mesi di reclusione), Francesco Guardavaccaro, gestore delle onoranze funebri «Padre Pio» (2 anni) ed il medico necroscopo Anna Elisabetta Altomare (6 mesi convertiti in poco meno di 7mila euro di multa).

Condannati con rito abbreviato: l’ausiliario socio sanitario Angelo Picca (assolto però da altre accuse) e Giovanni De Nichilo (che da Picca avrebbe ricevuto pannolini e cerotti dell’ospedale) ad 1 anno e 4 mesi di reclusione; il medico necroscopo Elio Massarelli a 10 mesi; Teresa De Cesare e Fabio Luigi Ciannamea, entrambi dottori del reparto medicina, rispettivamente ad 8 e 6 mesi; Tiziana Guardavaccaro , titolare delle onoranze funebri «Padre Pio» a 6 mesi; i medici convenzionati con il Servizio Sanitario Regionale, Nunzio Fiorentini Cavallotti e Francesco Spezzacatena ad 1 anno.
Tutte le pene (sia da patteggiamento che da rito abbreviato) sono state però coperte dall’indulto. Il medico necroscopo Rosa Colamaria, difesa dall’avv. Pasquale Serrone, è stata assolta.

Rinvio a giudizio per Giuseppe Spagnoletti, titolare delle pompe funebri «La Cattolica», Michele Defronzo, suo dipendente, Vincenzo Samarelli e Domenico Bovenga, operatori coordinatori professionali, ed i medici convenzionati Luigi Massari, Enrico Pansini, Vito De Gennaro, Isabella Dragone. Il dibattimento inizierà l’8 ottobre davanti al Tribunale di Trani.

Tutto cominciò nel marzo 2006.  Così ne parlò la stampa
(www.diritticittadino.it/…)

Affari sulle onoranze al caro estinto Sette arresti, indagati 43 medici. Scoperto un giro di segnalazioni per monopolizzare il mercato Inchiesta a Molfetta, in manette infermieri e impresari funebri.

L’obiettivo era sbaragliare la concorrenza delle altre imprese funebri di Molfetta.

Per farlo, secondo la procura di Trani, Giuseppe Spagnoletti, titolare delle imprese funebri «Atof» e «La Cattolica» , aveva bisogno di sapere prima degli altri dei decessi in città. Cosa che avveniva grazie a quattro infermieri dell’ospedale cittadino, che provvedevano a segnalargli ( in cambio di denaro) tempestivamente i decessi ( avvenuti o imminenti) dei ricoverati.

Poi 43 medici compiacenti, alcuni in servizio all’ospedale, altri alla Asl e molti di base, provvedevano al disbrigo delle relative pratiche in maniera molto rapida, in modo da evitare che i familiari avessero il tempo di potersi rivolgere ad un’altra impresa funebre.

È quanto accertato, in cinque mesi di indagini, dai carabinieri del nucleo operativo di Bari che ieri hanno eseguito sette ordinanze di custodia cautelare in carcere su disposizione del gip del Tribunale di Trani, Roberto Oliveri del Castillo, che ha accolto la richiesta del sostituto procuratore Ettore Cardinali. I reati contestati, a vario titolo, sono associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, concussione, rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio, falso in atto pubblico e peculato. Oltre a Spagnoletti, in manette sono finiti un suo dipendente, Michele Defronzo, un altro imprenditore, Francesco Guardavaccaro, gli infermieri Giovanni Caputi, Domenico Bovenga, Vincenzo Samarelli e l’ausiliario Angelo Picca, tutti in servizio al reparto di Medicina dell’ospedale di Molfetta.

L’associazione per delinquere è contesta a Spagnoletti, Defronzo e ai quattro dipendenti dell’ospedale di Molfetta.
Questi ultimi sono accusati anche di rivelazione di segreti d’ufficio, poiché utilizzavano notizie riservate quali il decesso imminente o già avvenuto di persone ricoverate nel loro ospedale per loro scopi e in cambio erano «stipendiati» dagli imprenditori: per ogni decesso segnalato ricevevano in cambio somme comprese tra i 200 e i 250 euro a testa. Complessivamente, nei circa cinque mesi di indagine, i carabinieri avrebbero accertato una quarantina di segnalazioni. Si aggirava tra i 100 e i 200 euro, invece, la retribuzione dei medici, che avrebbero certificato le dimissioni dal proprio reparto di alcuni pazienti, facendoli risultare ancora vivi anche se in realtà morti. Lo scopo era consentire il trasporto della salma nell’abitazione della famiglia, in modo che i medici di base, a loro volta, avrebbero potuto compilare più speditamente il modulo relativo al decesso, e quelli della Ausl attestare rapidamente la morte del paziente. Tutte cose che, invece, non si potevano garantire lasciando i pazienti deceduti in ospedale, dove devono trascorrere 24 ore prima della consegna della salma. Per questo i 43 medici sono iscritti nel registro degli indagati della procura di Trani. L’altro imprenditore arrestato, Guardavaccaro, è un ex dipendente di Spagnoletti: una volta messo in proprio con l’impresa «Padre Pio» , avrebbe tentato di utilizzare lo stesso sistema del suo ex datore di lavoro, grazie alla collaborazione di uno dei quattro infermieri.

Ma il suo tentativo sarebbe durato poco, perché Spagnoletti lo avrebbe scoperto. Ad uno degli infermieri inoltre la procura contesta anche il peculato, perché nell’ambito delle indagini è emerso – attraverso videofilmati – che sottraeva prodotti farmaceutici e medicinali dai depositi dei vari reparti per rivenderseli. L’indagine è partita dopo la segnalazione di un operatore del settore delle pompe funebri che avevano denunciato l’esistenza del presunto «comitato d’affari» . Secondo gli investigatori, infine, le elargizioni di denaro a infermieri e medici venivano recuperate da Spagnoletti, facendole ricadere sui clienti dell’agenzia «La Cattolica» , ovvero i parenti dei defunti: in altre parole, i costi erano sostenuti direttamente dall’impresa, ma quando i parenti andavano a pagare materialmente il servizio funebre «La Cattolica» li recuperava attraverso sottofatturazioni. L’indagine dei carabinieri è partita dopo la denuncia di un operatore del settore Carmen Carbonara. Sono durate cinque mesi le indagini dei carabinieri del nucleo operativo di Bari.

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