Inchiesta sul porto fantasma di Molfetta Calderoni (Cmc) risponde alle domande del gip sulle bombe. Chiesta la revoca dei domiciliari

di Andrea Alberizia – www.ravennaedintorni.it

La presenza degli ordigni sul fondale marino nelle acque di Molfetta è stato il tema su cui si è concentrata l’attenzione del giudice per le indagini preliminari di Ravenna durante l’ora e mezza di interrogatorio di Giorgio Calderoni: il manager ravennate della Cmc è ai domiciliari dal 7 ottobre nell’inchiesta della procura di Trani su una presunta maxi truffa da 150 milioni di euro per la realizzazione del nuovo porto commerciale nella località pugliese dove la coop edile ravennate è capofila del consorzio vincitore dell’appalto per i lavori pubblici.

Di fronte al Gip Antonella Guidomei, delegata dal tribunale di Trani, il 53enne direttore di cantiere in Puglia ha risposto alle domande assistito dall’avvocato Roberto Fariselli:

« La presenza degli ordigni non è in discussione – commenta il legale –, è stata accertata dagli uomini della Marina militare». Fariselli poi conferma lo stupore di fronte all’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip temendo una reiterazione del reato: « Consideriamo la condotta di Calderoni più che limpida. Abbiamo richiesto la revoca dei domiciliari perché crediano non ci sia nessun rischio di reiterazione». Entro tre o quattro giorni è attesa la decisione del tribunale di Trani.

Per quanto riguarda invece le intercettazioni disposte dalla procura in cui emerge il rapporto di Calderoni con il senatore Antonio Azzollini, l’avvocato non ha dubbi: « Era il normale rapporto che ci può essere tra il sindaco di una città per cui stava lavorando la ditta di Calderoni. Nessuna amicizia particolare, non mi pare che nelle telefonate si parli di vacanze fatte insieme. Era solo il doveroso rispetto di un imprenditore verso il committente di un appalto importante».

Nell’inchiesta che procede ipotizzando un ampio ventaglio di reati –  associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato, abuso d’ufficio, reati contro la fede pubblica, frode in pubbliche forniture, attentato alla sicurezza dei trasporti e violazioni ambientali – sono indagate in totale una sessantina di persone: tra questi, oltre a Calderoni, anche diversi dipendenti della Cmc a partire dal presidente Massimo Matteucci e dall’amministratore delegato Dario Foschini. Che si sono dichiarati estranei alla vicenda e perplessi sulle decisioni della magistratura confidando che presto la cooperativa ravennate possa uscire dai fascicoli di indagine.

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