di VITTORIO RICAPITO – bari.repubblica.it
La Commissione europea, che a settembre 2013 ha aperto una procedura d’infrazione contro l’Italia sul caso Ilva di Taranto, passa alla fase 2: invia il parere motivato alle autorità italiane con cui mette nero su bianco l’accusa di violazione di norme ambientali per non aver vigilato a sufficienza sui gravi problemi di inquinamento del più grande impianto siderurgico d’Europa.
L’Italia, scrive la commissione presieduta da Janez Potocnick, non ha provveduto a far sì che l’Ilva funzioni in conformità alla normativa UE in materia di emissioni industriali, con conseguenze potenzialmente gravi per la salute umana e per l’ambiente. La Commissione ha già inviato all’Italia due lettere di messa in mora, nel settembre 2013 e nell’aprile 2014, con le quali ha invitato le autorità italiane ad adottare misure per assicurare che l’esercizio dell’impianto venga messo in conformità con la direttiva sulle emissioni industriali. Sebbene alcune carenze siano state risolte, si registrano ancora diverse violazioni: l’inosservanza delle condizioni stabilite nelle autorizzazioni, l’inadeguata gestione dei sottoprodotti e dei rifiuti e protezione e monitoraggio insufficienti del suolo e delle acque sotterranee.
“Si tratta di pericoli ancora attuali – commenta Alessandro Marescotti di Peacelink leggendo la lettera inviata all’Italia in conferenza stampa a margine dell’udienza preliminare sul caso Ilva – la Commissione europea ci scrive che esistono ancora oggi emissioni non controllate e polveri che escono dalla fabbrica con conseguenze potenzialmente gravi per la salute della popolazione locale e per l’ambiente circostante. L’Europa indica all’Italia che l’Ilva non rispetta le prescrizioni dell’Aia (autorizzazione integrata ambientale) in numerosi settori. Le prove di laboratorio evidenziano un forte inquinamento dell’aria, del suolo, delle acque di superficie e delle falde acquifere. In particolare, l’inquinamento del quartiere cittadino di Tamburi è riconducibile alle emissioni dell’acciaieria”.
Canta vittoria Antonio Battaglia, l’anima “europea” di Peacelink, che da Lussemburgo commenta “Credo che Taranto debba essere presa per i capelli dall’Europa prima che affondi definitivamente. In Italia non c’è volontà politica di salvarla. Per questo abbiamo da tempo spostato le nostre battaglie a Bruxelles relazionando dettagliatamente su quanto accade a Taranto. Ora l’Italia rischia di finire davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione una seconda volta dopo la condanna del marzo 2011 per il mancato rilascio delle autorizzazioni relative alle emissioni industriali per diversi impianti, fra cui l’Ilva”. La Commissione ha concesso all’Italia due mesi per rispondere.