
Maxioperazione dei carabinieri della Compagnia di San Vito dei Normanni, nel Brindisino: 39 gli indagati. Nessuno dei taglieggiati denunciava – fonte: bari.repubblica.it
Lo spaccio di droga era il core business dell’organizzazione criminale, capeggiata da Gianluca Lamendola, nipote del mesagnese Carlo Cantanna, disarticolata il 18 luglio a seguito della maxioperazione dei carabinieri della Compagnia di San Vito dei Normanni che ha portato a 22 arresti. Sono 39, complessivamente, le persone indagate. Le indagini preliminari, coordinate e dirette dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce e sviluppate in piena sinergia con la Direzione centrale per i servizi antidroga del ministero dell’Interno, hanno permesso di acquisire elementi di prova su una presunta attività di traffico di sostanze stupefacenti attraverso cui sarebbero stati accumulati ingenti capitali che poi, oltre a essere redistribuiti alle famiglie dei detenuti, sarebbero stati interrati nei fondi adiacenti a una masseria di contrada Mascava, principale base operativa dell’associazione, situata a Brindisi, ai confini con i comuni di Mesagne, San Vito dei Normanni e Carovigno.

Sono stati, quindi, individuati canali di rifornimento della sostanza stupefacente, proveniente dalle province di Bari e Foggia, e tracciati i flussi per un quantitativo superiore a 50 chili di sostanza stupefacente, fra cocaina, eroina, hashish e marijuana, successivamente immessa, tramite i referenti di zona, sulle piazze di spaccio di San Vito dei Normanni, Brindisi, Carovigno, Fasano, San Pancrazio Salentino e Corato. Anche la sostanza droga, come le somme di denaro, veniva interrata nell’area rurale di contrada Mascava, potendo contare sull’assoggettamento dei proprietari dei terreni.
Le indagini hanno disvelato, inoltre, un collaudato meccanismo di copertura dei beni, o dei proventi, derivanti da delitto, attraverso l’investimento nell’acquisto di vetture da parte di concessionarie, riconducibili ai membri del sodalizio o a esponenti in affari con l’organizzazione, in particolare nel traffico di sostanze stupefacenti.

L’attività investigativa ha consentito, poi, di riscontrare almeno cinque tentativi di estorsione a danno di imprenditori locali, che operano nel settore alimentare, della ristorazione e del terziario, a cui era stata imposta la consegna di circa 500 euro mensili in cambio di protezione.
E poi cinque estorsioni consumate in danno di imprenditori, operanti nel settore della compravendita auto o commercio pellet, e di privati cittadini entrati in conflitto con gli interessi dell’organizzazione, per un totale di circa 19mila euro.
Alcune estorsioni sono state commesse con modalità “particolarmente violente e tutte caratterizzate da un atteggiamento scarsamente collaborativo delle vittime. Nessuna di loro, infatti, ha denunciato i fatti, rifugiandosi in condotte reticenti non favorendo, così, le progressioni investigative”, dicono gli inquirenti.
L’associazione mafiosa avrebbe integrato “quelle tipiche condotte sia di affiliazione che di permanenza nel gruppo, nel rispetto di regole che il capo dell’organizzazione avrebbe imposto secondo il rigore che caratterizza le organizzazioni criminali mafiose”. I comportamenti contrari alle regole “risultavano sistematicamente sanzionati con l’irrogazione di punizioni corporali simboliche, come il taglio della schiena, alla presenza di altri affiliati, in grado di amplificare l’intimidazione interna”.
In un caso, a uno degli affiliati, responsabile di aver fatto violentare la compagna, è stato imposto l’isolamento all’interno di una delle basi nella disponibilità dell’organizzazione, con sede a Fasano.
Eseguiti numerosi arresti in flagranza di reato e sequestri di armi clandestine, fra cui pistole, fucili e sostanze stupefacenti, per un traffico accertato superiore a 50 chili fra cocaina, eroina, hashish e marijuana, oltre al sequestro di una coltivazione di canapa indiana, costituita da circa mille esemplari, individuata nell’area rurale tra San Vito dei Normanni, Mesagne e Latiano.
L’organizzazione, infine, è accusata di aver detenuto, oltre a quelle sequestrate, altre armi comuni da sparo, e da guerra, come una pistola mitragliatrice skorpion, occultate e prontamente disponibili.
Nel corso delle indagini sono state riscontrate numerose violazioni della normativa antimafia commesse dal presunto reggente dell’organizzazione sottoposto a sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, che avrebbe violato sistematicamente gli obblighi derivanti dalla misura di prevenzione.