Il salto di qualità della nostra criminalità e i possibili mandanti dell’omicidio Carnicella

La nostra criminalità fa il salto di qualità

di Matteo d’Ingeo – 9 febbraio 2011

Nelle ultime 24 ore ancora una rapina e un tentativo di spaccio di monete false; quest’ultimo reato mancava nel variegato panorama criminale molfettese e alla mente tornano ancora una volta le dichiarazioni del presidente dell’Associazione Provinciale Antiracket:                                                    

“La criminalità a Molfetta è circoscritta a fenomeni fisiologici, che rientrano nelle normali dinamiche di un popoloso centro urbano… Quel che accade quotidianamente a Molfetta non è sicuramente sintomatico di una situazione di compromissione dell’ordine pubblico…”

E’ un pensiero già sentito vent’anni fa quando, forze politiche e Forze dell’Ordine, sottovalutavano i fenomeni di micro e macro-criminalità ritenendo la situazione molfettese “non allarmante” rispetto a tanti altri comuni della provincia di Bari. 
Quello che è accaduto dal 7 luglio 1992 in poi  lo sanno tutti.
Purtroppo la realtà è un’altra ed oggi, come allora, nessuno vuole accettare l’idea che in questa città si deve parlare di fenomeno criminale e mafioso in crescita.
Qualche mese fa è nato anche un comitato spontaneo di cittadini “Comitato Cittadino per la sicurezza e la legalità” che, insieme al “Liberatorio Politico”, ha ricostruito cronologicamente solo gli incendi e le esplosioni che hanno interessato automobili e attività commerciali e ha chiesto al Sindacoe al Prefetto la creazione del cosiddetto “Comitato Comunale di monitoraggio dei fenomeni delinquenziali”, ai sensi della delibera del C.C. n. 48/’97 e mai istituito.
Sono stati classificati solo quelli conosciuti attraverso la stampa e privati cittadini e tra il febbraio 2008 e il 1 ottobre 2010 a Molfetta tra incendi ed esplosioni causate da bombe carta, sono state coinvolte 43 autovetture e 9 esercizi commerciali. A questo dobbiamo aggiungere centinaia di furti in abitazioni e di autovetture, scippi, atti di intimidazione, spaccio di droga, abusivismo, reati ambientali e tanti altri fatti delittuosi di varia natura. Basterebbe solo questo per affermare che in questa città la criminalità non è circoscrittaa fenomeni fisiologici.
Certamente non può considerarsi un fenomeno fisiologico il ritrovamento 3,5 chili di esplosivo, 12 detonatori e 52 metri di miccia a lenta combustione, in contrada “San Leonardo” in un casolare abbandonato, oppure la scoperta di quattro automobili di grossa cilindrata, rubate ed equipaggiate con lastre di acciaio anti-proiettile e dispositivi elettronici inibitori di segnali radio, utilizzate per compiere furti e rapine, all’interno di tre box in via del Gesù, poco distanti dal Tribunale di Molfetta.
Potrebbero essere già allarmanti i ritrovamenti e il coinvolgimento di volti già noti alle forze dell’ordine locali, ma quando accanto ai nostri malavitosi ne ritroviamo altri di Corato, Bitonto o Bari, allora sì che le cose cambiano. Nell’operazione in cui vengono sequestrate le autovetture oltre al molfettese Francesco Grosso e al coratino Tommaso Nuzzi, cade nella rete dei carabinieri di Molfetta, il 32enne Vincenzo Barbieri.
Il Barbieri non può considerarsi un semplice rapinatore o ladruncolo di periferia, ma è un ex baby killer, arrestato molti anni fa per associazione per delinquere di stampo mafioso, traffico di stupefacenti, detenzione di armi da guerra e tentativo di omicidio (questo a soli 16 anni). Lui e il barese Basilio Ciani, del clan Strisciuglio, ritrovato in una casa molfettese con una semiautomatica cal.6,35 sotto il letto, devono convincerci che i clan baresi (e albanesi) si sono già abbondantemente infiltrati nel nostro tessuto sociale. A questo ci aggiungiamo anche il fermo del 37enne molfettese Daniele Petruzzella sorpreso, insieme ad un incensurato, alla guida di uno scooter  mentre si liberava di un rudimentale ordigno esplosivo già pronto per l’uso e contenente 530 grammi di un potente esplosivo. Il fatto che Daniele Petruzzella sia stato già coinvolto in attività criminali in passato, diventa irrilevante rispetto alla sua nuova attività. Viene spontaneo chiedersi cosa ci facesse con quell’ordigno e a chi fosse destinato. Spero che gli inquirenti verifichino la natura dell’esplosivo con altri esplosivi usati a Molfetta negli ultimi anni, dalla bomba in Piazza Paradiso alle bombe in ville o esercizi commerciali, per finire a quelle usate per far esplodere alcune autovetture. Certo non sarà lo stesso esplosivo di cui parla il pentito Salvatore Annacondia durante un’audizione davanti alla Commissione Parlamentare Antimafia a metà anni ’90.
Annacondia riferiva al Presidente Violante che in una zona di mare al largo tra Trani e Molfetta durante l’ultima guerra scaricarono migliaia e migliaia di tonnellate di esplosivo, di armi, di munizioni. Questa zona viene chiamata “le munizioni“.
Si pescavano le “tamburrelle” e le “cazzarole” di tritolo, ossia ruote da 2 chili e mezzo o da 5 chili che hanno un buco al centro. Si pescavano pure delle scatole che sono anticarro con un esplosivo a base di nitroglicerina,  bianco, molto leggero come il polistirolo ed è più potente del T4. Questo esplosivo scoppia anche se cade della cenere sopra o per uno spostamento; è molto efficace e potente. Si pescano anche delle mine che vengono smontate e dalle quali si ricava la gelatina.
Da Molfetta fino al largo di Vieste è tutto pieno. E’ una cosa personale che aveva lui e qualcun altro di Molfetta, Bisceglie e di Barletta.
A distanza di oltre 15 anni, vorrei solo sperare che questo “bancomat del mare” della criminalità locale sia stato in un certo modo smantellato dalle bonifiche belliche ancora in corso, ma ne dubito. Ma il problema non è solo questo, la criminalità locale si è arricchita in questi ultimi anni di nuove figure sociali e di nuovi delitti.
La criminalità molfettese non è più solo quella del furto o dello spaccio di droga, ma è significativamente caratterizzata da truffe, evasioni fiscali, bancarotte fraudolente, concussioni, corruzioni, peculato, voto di scambio, usura, racket, minacce, associazioni a delinquere; e gli autori di molti di questi reati sono “colletti bianchi”, politici, noti imprenditori, comuni cittadini. Peccato che molta stampa locale non ne parli.
Concludo con un pensiero dello stesso Salvatore Annacondia di 15 anni fa che condivido pienamente: La malavita pugliese è abbastanza pericolosa ed è molto più avanzata delle altre perché ha assorbito tutte le mentalità, sia della mafia siciliana sia della ‘ndrangheta calabrese sia, infine, della camorra campana. La Puglia era un campo aperto a tutti. In tutti gli anni di frequentazione con queste persone abbiamo assorbito la loro mentalità”.

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Dopo 23 anni c’è un possibile mandante per l’omicidio del sindaco Gianni Carnicella

di Matteo d’Ingeo –  3 settembre 2015   

 

Una notizia che non sorprende affatto chi da sempre non ha mai creduto al “gesto isolato di una sola mano assassina“. Prima l’Osservatorio 7 Luglio sull’illegalità e poi il Movimento Liberatorio hanno puntato sempre il dito su quel mondo variegato che andava sotto il nome di “Piazza Paradiso” e su chi aveva armato l’omicida del sindaco di Molfetta.

Ed ecco che dopo tanti anni di domande senza risposte, improvvisamente si apre uno spiraglio di verità per bocca di una voce autorevole qual è il Procuratore aggiunto della Procura di Bari Dott. Pasquale Drago. In una audizione della “Commissione Parlamentare d’inchiesta sul fenomeno delle intimidazioni nei confronti degli amministratori locali, tenutasi presso la Prefettura di Bari, su richiesta d’informazioni da parte della Presidente Senatrice Lo Moro, Drago rilascia delle dichiarazioni che potrebbero mettere in discussione tutta la vicenda. Inquadrando storicamente gli eventi criminali del territorio molfettese e parlando delle famiglie che negli anni ’90 erano state processate con condanne pesantissime per lo spaccio di droga, riferisce di un possibile mandante dell’omicidio del primo cittadino molfettese individuabile nel capo di una di queste famiglie criminali.

Nello stesso intervento parla di alcuni soggetti, vicini a quelle famiglie, che stanno tentando, da due o tre anni, di riappropriarsi del controllo criminale del territorio molfettese. Sono dichiarazioni importantissime e preoccupanti, e allo stesso tempo ci danno ragione di quanto andiamo affermando nell’ultimo decennio; nel recente convegno del 6 luglio 2015 il coordinatore del Movimento Liberatorio ha tracciato un quadro d’insieme della possibilità che alcune famiglie, protagoniste della primavera criminale di Molfetta degli anni ’90, si stiano riorganizzando dopo aver investito i probabili proventi dello spaccio della droga. Qualcuno ha fatto anche il salto di qualità investendo in attività imprenditoriali e probabilmente ripulendo il danaro sporco. Noi non abbiamo mai abbassato la guardia e alla luce di queste notizie che ci riportano indietro nel tempo chiediamo alle istituzioni comunali, nazionali e giudiziarie di fare luce definitivamente sulla vicenda dell’omicidio del sindaco Gianni Carnicella. Venga pronunciato il nome del mandante di quell’efferato delitto.

Inoltre chiediamo al Presidente del Consiglio Comunale e al Sindaco di Molfetta di riportare in Consiglio Comunale il regolamento per l’istituzione del “Comitato Comunale di Monitoraggio dei fenomeni delinquenziali” inserendo i rappresentanti della cittadinanza attiva come parte integrante del Comitato, e non come semplici e occasionali ospiti in ascolto. Lo chiediamo perché se è vero, come è vero, che il territorio molfettese è sotto scacco della vecchia ed emergente criminalità, le istituzioni con i cittadini responsabili e attivi vinceranno ancora come hanno fatto negli anni ’90.

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2 Risposte a “Il salto di qualità della nostra criminalità e i possibili mandanti dell’omicidio Carnicella”

  1. In questa notte di autunno insonne ho passeggiato, ahimè, con lei provando la medesima delusione e tristezza che mi lacera ogni volta rientro in città.
    Sono passati 21 anni da quando sono partito e circa 30 anni dal mio incontro con l’amico Matteo, battagliero ieri come oggi, nonostante la sorda indifferenza della comunità alle battaglie di legalità e di costruzione di una sana, responsabile e visionaria coscienza civile.
    Mi congedo tuttavia con una riflessione di speranza perché sin quando ci saranno cittadini come lei, come Matteo e tanti altri, la condivisione di un’idea diversa di Molfetta e della sua comunità potrà diventare un percorso, un progetto e, perché no, una realtà.

    Con gratitudine e stima per il suo articolo.

    Cosimo Gadaleta
    (Milano – Molfetta)

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