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Fu il primo a sollevare il caso, ma tiene a puntualizzare «me ne interessai da studioso, non perché invitato da qualcuno a farlo». E questo accresce decisamente i suoi meriti, anche perché in tempi assolutamente non sospetti – cioè nel lontanissimo 1987 – portò il caso addirittura in Parlamento. In Senato, dov’era stato eletto e dove ha lasciato un ricordo pressoché unanime: di grande scienziato, mite politico e abile diplomatico.
Giorgio Nebbia, tra i più preziosi collaboratori della Gazzetta, ci ha scritto subito dopo il nostro “calde ggiamento” circa lo smantellamento dell’ex Saibi. Lo abbiamo contattato per saperne di più, della sua battaglia ecologista e dei pericoli che ancora oggi potrebbero minacciare i cittadini di Margherita e del Nord Barese.
Senatore, esiste davvero un pericolo di salute legato al sito dell’ex stabilimento Saibi?
«Non saprei, le mie indagini risalgono a molti anni fa. Per cui bisognerebbe farne di nuove, per rendersi conto se effettivamente esiste un rischio legato alla presenza dell’ex stabilimento a ridosso delle saline. Ma posso fare io una domanda a voi?»
Faccia pure?
«Ma è ancora lì? Cioè, non l’hanno ancora rimosso?»
Già, è ancora lì.
«Questo è veramente scandaloso, sono davvero senza parole. Questo mi sembra il dato più allarmante. Se esiste, o no, una relazione tra gli ammalati di cancro e la presenza dell’eco mostro naturalmente non glielo saprei dire, non glielo potrei dimostrare. Per giunta su due piedi. Ma mi sembra davvero uno scempio che quello stabilimento sia ancora lì, che non sia stato rimosso e che non sia stata avviata una radicale bonifica del territorio».
Facciamo un passo indietro, professore. Lei se ne occupò perché invitato a farlo da un organismo ufficiale, oppure per curiosità sua personale?
«Lo feci perché ci passavo, davanti a Margherita. E mi incuriosì, all’epoca, questo stabilimento se vogliamo all’avanguardia. Ma quello che lasciava sul territorio mi sembrò, fin dalle prime battute della mia ricerca, quanto meno preoccupante».
Quanti stabilimenti c’erano, e ancora ci sono, in Italia che producono bromo?
«Pochi, davvero molto pochi. Quando aprì, quello di Margherita era forse l’unico d’Italia. Per questo, ribadisco, che il progetto iniziale, al netto delle sue conseguenze, era anche molto all’avanguardia».
Lei fu il primo parlamentare italiano, tra l’altro non del luogo, a sollevare la questione dell’ex Saibi. Lo fece da studioso, da tecnico, da cittadino…
«Lo feci da essere umano, mi verrebbe da dire. Lo feci da uomo di governo e da studioso, perché avevo ricevuto molte segnalazioni di cittadini e di colleghi. Chi mi conosce sa che non inseguo questo tipo di rivendicazioni, ma fui certamente il primo parlamentare ad occuparmi del caso».
E anche l’ultimo. O sbagliamo?
«Non saprei, so per certo che la questione all’epoca suscitò non poche reazioni. Dieci anni prima si era verificato il disastro di Seveso (10 luglio 1976, nello stabilimento della società Icmesa; ndr), l’opinione pubblica era molto attenta. Lo fu anche in occasione delle mie osservazioni sull’ex Saibi».
Al suo posto potrebbe nascere una “Casa delle farfalle”, un progetto poetico e davvero innocuo rispetto all’eco mostro che si trova invece adesso.
«Incoraggiatelo, in tutti i modi. Le farfalle sono altra cosa rispetto ai residui di quella fabbrica. Incoraggiatelo, con tutte le energie». [Da. Gri.]
Video – Bonifica ex Saibi
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