
Il magistrato è il coordinatore della Direzione distrettuale antimafia. E avvisa: “Dobbiamo capire che la movida non è soltanto un fatto di moda, ma un fenomeno sociale con risvolti criminologici. I boss mafiosi insegnano ai ragazzi che la ricchezza è un modello da ostentare in pubblico” – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it
«La movida e i social sono i luoghi in cui le giovani leve dei clan manifestano la loro caratura criminale. Anche a Bari». Lo dice il coordinatore della Direzione distrettuale antimafia, Francesco Giannella, all’indomani dell’operazione “Mari e monti”, che ha svelato come nel Foggiano i ragazzini vengano addestrati al crimine per essere legittimati a entrare nei clan. Parla di condivisione dei valori mafiosi familiari ma anche delle nuove modalità di affermazione di quei valori da parte dei giovanissimi, a margine dell’incontro “Mafia e disagio giovanile” a cui ha partecipato anche il referente nazionale di Libera, don Luigi Ciotti. E Giannella lancia un monito proprio nel giorno in cui il sindaco Vito Leccese impone nuove regole alla movida nell’Umbertino: «Bene le ordinanze e le nuove norme, ma occorre farle rispettare».

Procuratore, don Ciotti dice che «le mafie arruolano minori perché così si rigenerano»: è un’interpretazione corretta?
«È assolutamente vero. Accade soprattutto perché le prospettive di guadagno, per chi viene arruolato da un clan, sono clamorose rispetto a quelle che può avere un giovane che fa una vita normale. I social propongono modelli diversi da quelli proponibili moralmente, in cui il denaro è importantissimo. La prospettiva del guadagno facile, del resto, è quella che induce molte persone a fare passi non soltanto verso la criminalità organizzata, ma in generale verso il crimine».
Da Bari l’allarme di don Ciotti: “C’è un sistema violento, il crimine è normalizzato e i ragazzi sono le vittime”
Quando si parla di clan, del resto, si parla di profitti elevati, soprattutto legati al traffico di droga.
«In Italia c’è un consumo enorme, soprattutto di cocaina. Nell’ultimo anno ne abbiamo sequestrate 3 tonnellate, si pensi a quanta ne circola che non troviamo. Durante le perquisizioni sul Gargano, nell’ambito del blitz contro i Li Bergolis, abbiamo sequestrato 450mila euro in contanti, presumibilmente provento di vendita di stupefacenti. Abbiamo idea di cosa significhino cifre del genere per un ragazzo?».
L’operazione “Mari e monti” ha portato alla luce l’esistenza di pratiche di addestramento nei confronti dei minori, che venivano mandati a fare furti o piccole rapine per dimostrare il loro valore.
«C’è una tendenza a tramandare il crimine insegnandolo, per fare in modo che i giovani rampolli possano continuare le attività dei genitori e dei nonni per mantenere in vita i clan. Per loro è naturale conservare certe tradizioni e fare il loro percorso criminale».
Anche a Bari le indagini hanno mostrato che i ragazzini vengono usati come spacciatori perché insospettabili.
«La legge è favorevole nei confronti dei minori e ancor di più degli infraquattordicenni, la loro sostanziale impunibilità significa per i gruppi criminali avere soldatini sempre pronti ad agire, che rischiano meno degli adulti».
Senza entrare nel merito di indagini in corso, è preoccupante che un 21enne — il presunto omicida di Antonella Lopez — dica che andava in discoteca armato perché ormai è necessario.
«È preoccupante ma è la realtà, ci sono molti segnali che ci dicono che nei luoghi di aggregazione, le discoteche ma anche la movida, si manifesta apertamente la caratura criminale dei giovani. Se una persona vuole fare la scalata criminale, oggi deve farla pubblicamente e non di nascosto, quindi nei luoghi di aggregazione e sui social».
L’allarme movida pericolosa non è soltanto per le discoteche: a Repubblica è arrivato anche da alcuni gestori dei locali dell’Umbertino, che vedono tra i loro clienti giovanissimi con la pistola.
«Dobbiamo capire che la movida non è più un fatto soltanto di moda, ma è anche un fenomeno sociale e che riveste aspetti criminologici. È il luogo in cui convivono consumatori e spacciatori di droga, perché le vecchie piazze di spaccio ora non esistono più. Sono state superate, il consumatore si reca in un luogo comune in cui stanno insieme, si divertono insieme e si fanno anche compagnia, con vantaggio reciproco sia degli spacciatori sia degli esercenti, perché come aumenta la clientela degli uni, aumenta quella degli altri».
Ai gestori che dicono di aver paura cosa risponde?
«La paura di parlare non esiste, è un alibi. Si parla con le persone giuste, le forze dell’ordine, i magistrati della Dda. Si studiano strategie ma la prevenzione non è compito nostro, bensì di chi deve fare le norme. Devono smetterla, però, di credere che i problemi si risolvano soltanto scrivendo: anche quando si scrive un atto amministrativo, un’ordinanza comunale, poi va fatto rispettare, altrimenti la regola diventa inefficace e chi l’ha scritta diventa ridicolo».