Il porto di Molfetta crocevia dei traffici di droga

Droga dall’Albania c’è una sponda a Japigia

I finanzieri del Reparto aeronavale si insospettiscono quando notano che il comandante del motopeschereccio «Tonia» con base a Bisceglie segue rotte anomale e andature strane. Si stupiscono del fatto che, a un certo punto della navigazione, in prossimità delle acque albanesi, viene disinserito puntualmente l’impianto satellitare. Il perché è stato svelato dalle microspie installate a bordo dalle fiamme gialle. Quella imbarcazione, ritiene l’accusa, era il perno principale di un vasto traffico internazionale di droga, soprattutto marijuana, proveniente dall’Albania. A gestirlo, una rete di «grossisiti» che aveva una sponda anche a Bari, a Japigia e Bari Vecchia grazie a Vito Belviso, 45 anni finito in carcere con questa accusa. Marijuana, hashish e cocaina rifornivano anche piazze come Foggia e Cerignola. L’organizzazione aveva contatti anche in Spagna oltre che in Albania.

In 15, sui complessivi 28 indagati, sono stati arrestati nell’operazione «Blue box», dal nome del satellite che veniva disattivato. Tre dei destinatari delle misure cautelari, eseguite anche da Baschi Verdi e Stazione Navale di Bari in Puglia, Lombardia e Sicilia, risultavano far parte di nuclei familiari percettori di reddito di cittadinanza. Sequestrati beni per 3,5 milioni di euro. I fatti con- testati risalgono agli anni 2017-2018. L’inchiesta sulla rete di narcotrafficanti condotta dai finanzieri del Gico di Bari attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, tabulati telefonici, registrazioni video, mappature satellitari Gps, pedinamenti e grazie anche alle recenti dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, ex braccio destro del boss Palermiti di Japigia, Domenico Milella, ha accertato l’esistenza dell’associazione criminale transnazionale dedita al traffico di droga, con a capo il pregiudicato Girolamo Cuocci e suo padre Giuseppe. I corrieri della droga? Prevalentemente pescatori insospettabili.

Durante l’indagine, coordinata dal pm della Dda di Bari Ettore Cardinali, sono stati sequestrati oltre 700 chili di marijuana, più di una tonnellata di hashish, 300 grammi di cocaina, armi, munizioni, 14 auto, un motopeschereccio e circa 340 mila euro in contanti. Nel procedimento è indagato anche un finanziere, accusato di corruzione per aver, nel maggio 2017, raccolto informazioni riservate sulle indagini in corso per poi rivelarle in cambio di un abbonamento della squadra del Bari Calcio. Vicenda con riferimento alla quale il gip che ha firmato gli arresti, Annachiara Mastrorilli, ritiene non sussistano i gravi indizi di colpevolezza nei confronti del presunto complice del militare. Il collega cui il militare chiede informazioni non ha rivelato alcunché sull’inchiesta in corso.

Innumerevoli e ingegnosi gli espedienti cui ha fatto ricorso l’organizzazione criminale per nascondere la droga una volta arrivata a Bisceglie o Molfetta a bordo del motopeschereccio. L’organizzazione utilizzava automezzi dotati di doppi fondi per il trasporto della merce illecita e di un’autorimessa a Bisceglie per nascondere, all’interno dei veicoli parcheggiati, il quantitativo e la qualità di droga, oggetto di precedenti trattative commerciali. Insomma, prezzo e trasporto chiavi in mano è il caso di dire. Infine, i sodali disponevano di una cassa comune nella quale confluiva il ricavato della vendita degli stupefacenti e dalla quale, decurtate le spese di approvvigionamento, attingevano per la ripartizione degli utili e per pagare le spese legali. Oltre alle misure cautelari personali la Gdf ha eseguito sequestri preventivi finalizzati alla confisca per «sproporzione» ed «equivalente», di beni immobili, mobili registrati, tra cui un motopeschereccio, «Diamante», acquistato dall’organizzazione al posto di «Tonia», e rapporti finanziari.

Ad illustrare i particolari dell’operazione, il procuratore aggiunto Francesco Giannella, coordinatore dell’Antimafia, il comandante provinciale della Guardia di finanza, generale Roberto Pennoni, il comandante del Nucleo di polizia economico finanziaria, colonnello Luca Cioffi, il comandante del Reparto aeronavale del Corpo, colonnello Domenico Di Biase.

Le rivelazioni di Milella.

Agli atti dell’inchiesta le dichiarazioni del pentito dei Palermiti

Per parlare degli stupefacenti, acquistati anche via terra dalla Spagna, gli indagati usavano nelle con- versazioni un linguaggio criptico. «Pippigas» o «hyundai» stava per «hashish»; «insalata» per «marijuana»; «bangale», «bancale», «banga» indicava il quantitativo della marijuana; «lucchetto» per «cocaina»; «centralina», «foto» indicava il campione di droga; «documenti» e «pomata» si riferiva al pagamento. A «tradurre» l’oscuro linguaggio usato dall’organizzazione dedita al traffico di droga smantellata ieri dalla Guardia di finanza, anche un «interprete» d’eccezione. Agli atti dell’inchiesta, infatti, ci sono le dichiarazioni di un pentito eccellente.

«L’interpretazione degli investigatori – annota sul punto il gip del Tribunale di Bari Annachiara Mastrorilli – trova ulteriore conforto delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Milella Domenico, soggetto con un ruolo apicale del gruppo Palermiti-Milella da sempre dedito al narcotraffico. Lo stesso nel corso dell’interrogatorio del 12 febbraio 2020, dopo aver riferito in merito a una transazione di venti chili di hashish ceduta a Cuocci Girolamo, tramite Belviso Vito, si soffermava sul linguaggio utilizzato per la transazioni. Nello specifico, il Milella riferiva che un «Banco» o «Bancale» equivale a 30 chili di hashish, perché i quantitativi rilevanti tra grossisiti di hashish sono sempre confezionati in bancali da trenta chili. Lo stesso ha anche riferito che nel periodo di interesse il prezzo di un chilo di hashish era di circa 900 euro al chilo per il grossista che poi lo rivendeva a circa 1.200 euro».

«Dopo la verifica di un “provino” – annota tra l’altro Milella a verbale – noi acquistavamo lo stupefacente che Belviso portava direttamente a Japigia e noi pagavamo in contanti».

«Nel corso dell’attività investigativa – si legge tra l’altro nell’ordinanza – emergeva una struttura criminale ben organizzata a livello internazionale capace di fa giungere in Italia ingenti quantitativi di hashish, marijuana e in misura ridotta cocaina». E ancora: «Figura centrale del traffico era certamente quella di Cuocci Girolamo che, residente in Bisceglie, seppure ristretto agli ar- resti domiciliari – per quasi l’intero arco dell’indagine -, costituiva l’anello di collegamento con i fornitori di marijuana in Albania e con una cellula di albanesi di stanza a Bisceglie ed avente contatti diretti con i fornitori di hashish dimoranti in Spagna».

fonte: Giovanni Longo – www.lagazzettadelmezzogiorno.it

Traffico internazionale di droga, 15 arresti a Bari: sequestro da 3,5 milioni di euro

Grazie alle microspie installate su un peschereccio i finanzieri ascoltavano in diretta la compravendita di marijuana dai venditori albanesi: quelle intercettazioni, insieme a una lunga attività investigativa, hanno portato all’esecuzione di 15 misure cautelari e al sequestro di beni per 3,5 milioni nell’operazione denominata “Blue box”. Tra le persone arrestate ce ne sono anche tre che percepivano il reddito di cittadinanza ma in realtà guadagnavano migliaia di euro con il narcotraffico.

La regia dell’inchiesta è del pm della Dda Ettore Cardinali, che ha coordinato gli uomini del Nucleo di polizia economico finanziaria e del Roan, diretti rispettivamente dal colonnello Luca Cioffi e dal colonnello Domenico De Biase. “L’intenso lavoro svolto dalle forze dell’ordine e dai magistrati è la dimostrazione che La squadra Stato non si ferma, che lavora instancabilmente anche durante il lockdown e porta a casa i risultati – ha il coordinatore della Dda, Francesco Giannella – con i fatti concreti rispondiamo a chi, in questi giorni, ha detto che i dipendenti pubblici portano a casa lo stipendio senza lavorare”.

Due anni di indagini hanno fatto finire in carcere – su disposizione della gip Annachiara MastrorilliGiuseppe Cuocci, Girolamo Cuocci, Giacomo Mastrapasqua, Antonio Scarcelli, Vito Belviso, Vito Mezzina, Lulzim Caca, Amarilto Dedka, Gerald Shera, Gioni Moularaj; ai domiciliari invece Marino Mezzina, Benito Gadaleta, Renato Caca, Fatjon Gjonaj, Antonio Biase. Ventotto sono in totale le persone indagate a vario titolo, per i reati di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope aggravata dalla transnazionalità, possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi, spendita e introduzione nello Stato di monete falsificate, trasferimento fraudolento di valori e ricettazione.

La base operativa del traffico internazionale (tra Puglia, Spagna e Albania) era a Bisceglie e dal porto di Molfetta partiva il peschereccio che si riforniva di marijuana dai Balcani ma lo stupefacente veniva venduto anche nelle province di Bari e Foggia. Non è un caso che per incastrare i responsabili, la Dda si sia avvalsa anche della collaborazione di un ex pezzo grosso de clan Palermiti di Japigia, che ha deciso di collaborare con la giustizia.

fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

Quattro molfettesi arrestati  nel blitz delle Fiamme Gialle

Scacco matto della Guardia di Finanza di Bari a un’organizzazione internazionale dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti. L’operazione denominata «Blue Box» ha portato all’arresto di quindici persone: quattro sono di Molfetta.

Si tratta del 64enne Giuseppe Cuocci, del 56enne Vito Mezzina, del 43enne Antonio Biase e del 48enne Benito Gadaleta (gli ultimi due detenuti nel proprio domicilio).

Dalle prime luci dell’alba, al termine di una complessa attività investigativa nel contrasto al traffico di sostanze stupefacenti iniziata nel 2017 e coordinata dal pubblico ministero antimafia di Bari Ettore Cardinali, oltre 120 militari del Gruppo d’investigazione sulla criminalità organizzata del Nucleo di polizia economico-finanziaria e della stazione navale di Bari hanno squarciato il silenzio della notte. Gli uomini delle Fiamme Gialle hanno dato esecuzione in Puglia, Lombardia e Sicilia a un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali a carico di 15 persone, 4 come specificato di Molfetta (ritenuta, insieme alla vicina Bisceglie, tra le basi operative del traffico di sostanze stupefacenti) emesse dal giudice delle indagini preliminari Annachiara Mastrorilli.

Cuocci e Mezzina, finiti dietro le sbarre, erano noti nel clan rispettivamente come «U’ Molfettese» e «Il Notaio». Tutti i 28 indagati, di cui 15 destinatari della misura restrittiva, rispondono, a vario titolo, di produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope aggravata dalla transnazionalità, possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi, spendita e introduzione nello Stato di monete falsificate, trasferimento fraudolento di valori e ricettazione. Come affermano gli uomini delle Fiamme Gialle, l’esecuzione dei provvedimenti cautelari costituisce l’epilogo di un’articolata attività di indagine svolta attraverso l’incrocio dei dati risultanti dalle intercettazioni telefoniche e ambientali, dai tabulati telefonici, dalle registrazioni video, dalle georeferenziazioni satellitari Gps, nonché dall’attività di osservazione, controllo e pedinamento. Numerosi sono stati i riscontri durante le investigazioni che hanno permesso ai militari di sequestrare 709,42 chilogrammi di marijuana, 1.036,86 chilogrammi di hashish, 333 grammi di cocaina, una pistola Glock, munizionamento di numeroso calibro, oltre 339.000 euro in contanti, 14 autoveicoli, un motoveicolo e un peschereccio.

I presunti componente del clan utilizzavano un linguaggio in codice con termini allusivi, interpretati anche grazie alle dichiarazioni rese da un collaboratore di giustizia del gruppo mafioso Palermiti-Mi- lella. Oltre alle misure cautelari personali è in corso, a carico dei componenti dell’organizzazione, il sequestro preventivo di beni immobili, mobili registrati, tra cui una motonave da pesca, e rapporti finanziari per un valore complessivo di 3,5 milioni di euro.

fonte: Matteo Diamante – www.lagazzettadelmezzogiorno.it

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