
Le carte dell’inchiesta che ha portato in carcere la consigliera comunale Ferri col suo compagno e ai domiciliari Nicola Canonico – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it
“Francesca non ti preoccupare, che a Japigia e a Libertà siamo forti, quelli sono tutti amici. Specialmente a Japigia, basta che Tommy Parisi dice aho, votate e quelli votano come a Berlusconi…”: parlava così un procacciatore di voti nell’agosto 2019 in una conversazione intercettata con Francesca Ferri, la consigliera comunale di Puglia Popolare che mercoledì, 26 ottobre, è finita in carcere e ieri è stata sospesa dalla carica pubblica. Tommy Parisi, figlio del boss di Japigia Savino, è citato nelle intercettazioni ma estraneo all’inchiesta. Ferri invece è accusata di avere comprato voti per le elezioni comunali di Bari e Valenzano del 2019.
E dalle carte dell’inchiesta emerge che si sarebbe mossa anche per le regionali del 2020, alle quali fu candidata con “La Puglia domani” a sostegno di Raffaele Fitto, ma con le sue 1.976 preferenze nella circoscrizione di Bari non fu eletta. Oltre a Ferri sono state arrestate altre 16 persone, tra cui il compagno Filippo Dentamaro e Salvatore Buscemi, il presunto capoclan di Valenzano, che vengono accusati di scambio elettorale politico mafioso, nonché gli affiliati a Buscemi.
Agli arresti domiciliari l’imprenditore (presidente del Foggia Calcio e già consigliere comunale e regionale di centrosinistra) Nicola Canonico: non risponde di reati connessi alla mafia ma di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale, per avere – secondo i pm – gestito pacchetti di voti a pagamento a sostegno di Ferri quando era candidata con “Pasquale Di Rella sindaco di Bari”. Una volta incassata l’elezione in Comune, Ferri voleva il salto di qualità. Ma sapeva che non era facile: “Per andare alla Regione come facciamo noi servono 300mila euro”.
I furbetti del voto
Sarebbero quelli che incassano i soldi dai candidati e poi non garantiscono la preferenza. Come sapeva bene la stessa Ferri: “Ci sono i furbi che fanno la foto e la girano agli altri, a me così è successo alle regionali e mi hanno fregata”. Il riferimento era alle elezioni del 2015, quando la consigliera era candidata con Forza Italia. Per il 2020, invece, il compagno Dentamaro aveva un altro piano: “Io ho più difficoltà ad avere un voto da una persona che a fare un accordo per 500 voti. Oggi ho trovato le liste di Zaccaro (un “portatore” delle comunali) con 800 nomi, numeri di telefoni e indirizzi di gente che ti ha votato – diceva a Ferri – Tu ora devi fare un bel gruppo WhatsApp, ringraziarli e metterti a disposizione”. Nel trionfo della politica concepita come scambio. Anzi, un vero e proprio “mercimonio della funzione pubblica”, scrive la giudice Rossana De Cristofaro nell’ordinanza di custodia cautelare, che è stata emessa su richiesta dei pm Fabio Buquicchio e Michele Ruggiero.
Gli altri indagati
Oltre alle persone raggiunte da misure cautelari ce ne sono altre 28 coinvolte nelle indagini di Carabinieri, Guardia di finanza e Polizia. Otto sono i cosiddetti “portatori di voti”: si tratta di Michele e Giovanni Zaccaro, Lorenzo Dentamaro, Gaetano Muscatelli, Vito Caggianelli, Michele D’Atri, Michele Zizza e Luigi Ressa (per i quali era stata chiesta la misura cautelare, rigettata dalla giudice). Alcuni di loro erano candidati al Comune, insieme con Ferri, o ai Municipi.
Altre persone indagate nel filone d’inchiesta che riguarda il clan sono invece Alberto Baresi, Rocco Bellomo, Davide Costantino, Domenico Fazio, Giuseppe Fiore e Salvatore Petragallo. Nell’ambito del filone elettorale, invece, gli ex sindaci Antonio Lomoro (Velenzano) e Michele D’Atri (Grumo Appula); Donato Amoruso, consigliere comunale a Valenzano; Carmine Pastore, Luciano Marinelli, Claudio Montefusco, Mario Pugliese, Felice Carulli, Marianna Portaccio, Carmen Fiore, Domenico Ribatti, Antonio Campanale, Umberto Cannone, Gaetano Natilla e Rosa Rogondino.
L’aiuto del clan
Secondo la Procura, Salvatore Buscemi avrebbe trovato voti per Francesca Ferri e anche prestato al compagno Filippo Dentamaro i soldi necessari per acquistare alcuni pacchetti di voti. Del resto – stando alla ricostruzione effettuata dai carabinieri – Buscemi era uno che sapeva come muoversi e che da tempo aveva rapporti con politici e imprenditori. Uno di loro, Giuseppe Di Lorenzo, è stato arrestato con l’accusa di averlo aiutato a riciclare denaro in una ludoteca, in ossequio alla convinzione che i guadagni non vanno tenuti fermi. “In un clan servono due cose – diceva infatti Buscemi – il cervello imprenditoriale e il braccio armato”.
Il ruolo di Canonico
All’imprenditore barese non vengono contestati rapporti con la criminalità organizzata, ma “l’attività svolta nelle retrovie” per indirizzare la campagna elettorale delle comunali 2019 verso i suoi candidati. Nelle stanze del suo ufficio si sarebbero tenute riunioni con i portatori di voti e con la stessa Ferri, alla quale diceva: “Gli lasci 20mila euro se loro ti trovano 1.100 persone. Laddove trovi 800 voti io ti do la differenza dei voti, tanto 10mila euro ce li ho da parte”.
