Mi è stata inviata, in data 10 settembre 2021, questa lettera dal “Comitato di Quartiere Madonna della Rosa” e io ho risposto inviando la lettera che segue, datata 6 luglio 2020. A me fa piacere che ogni tanto i cittadini, o Comitati, ricordano a se stessi di far parte di un organismo istituzionale, ma non è giustificabile il fatto che una richiesta venga avanzata dopo oltre due anni dall’ultima convocazione, solo perchè c’è stato un “botto” nel quartiere che si rappresenta.
Ma ancor più disarmante è leggere tra i destinatari della richiesta il mio nome in qualità di vice presidente del Comitato. Da oltre un anno mi sono dimesso dalla carica di vice presidente in segno di protesta proprio per l’inerzia di questo organismo che non si riunisce dall’11 giugno 2019, nonostante la situazione critica in cui versava, e versa, la città dal punto di vista dei fenomeni delinquenziali. E, pur non avendo alcuna responsabilità dell’inattività del Comitato, chiedevo al Presidente Nicola Piergiovanni e al Sindaco Tommaso Minervini di convocare il Comitato per le elezioni del nuovo vice presidente e per riprendere i lavori dello stesso organismo.
Questa richiesta del “Comitato di Quartiere Madonna della Rosa” non è poi tanto diversa da quella avanzata da alcune associazioni, tra cui l’AUSER e il Presidio di Libera, che fanno parte del “Comitato Comunale di monitoraggio dei fenomeni delinquenziali”; loro chiedevano l’apertura di un tavolo di discussione e confronto con il Sindaco dopo la sparatoria e accoltellamento in Piazza Paradiso del 10 agosto scorso. E, ancor più grave è l’atteggiamento del sindaco che, con un comunicato stampa, si dichiarava disponibile, ignorando l’esistenza di un “organo collegiale ritenuto indispensabile, dal Consiglio Comunale, per la realizzazione dei fini istituzionali dell’Amministrazione” e che assiste il Consiglio Comunale e la Giunta Municipale nell’analisi e nel monitoraggio di fenomeni delinquenziali, in particolare microdelinquenza, criminalità organizzata, narcotraffico e usura».
A tutto questo non ho risposte, sento di dire a tutti che certe iniziative bisogna prenderle in tempo di “pace” e non quando in città si scatenano le “guerre”, nei luoghi e contesti istituzionali e non nei propri orticelli.
Per concludere ripropongo, dopo la lettera che segue, le riflessioni e le proposte operative del “Liberatorio” consegnate in quell’ultima famosa riunione dell’11 giugno 2019 e che non hanno avuto mai risposte.
di Matteo d’Ingeo
Analisi della situazione e proposte operative
Nella nostra città i fenomeni delinquenziali che si sono manifestati nel tempo, prima e dopo l’omicidio del Sindaco Carnicella, sono stati di diversa natura, dalla microcriminalità si è passati alle associazioni criminali famigliari dedite allo spaccio di droga, agli omicidi, rapine, furti, incendi dolosi e attentati dinamitardi. Negli ultimi mesi la comunità ha subito anche gravi atti vandalici contro il patrimonio, ma l’illegalità diffusa per eccellenza, che continua a manifestarsi incontrastata è l’occupazione abusiva di suolo pubblico, con tutte le varianti dell’abusivismo in genere. Spesso abbiamo letto, o ascoltato in pubbliche conferenze, qualche libera interpretazione del termine “abusivismo” anche riferito alle nostre quotidiane denunce in materia. Pertanto sentiamo l’esigenza di aggiungere qualcosa in più al termine “abusivismo” ed al suo significato. Con la formula linguistica “abuso” in realtà si deve intendere ogni condotta o attività che viene svolta in assenza di un titolo che ne sia la ragione giustificativa. Quello che invece si vuole dare ad intendere, e far apparire, è che nel termine “abusivismo” siano da raggruppare solo le “vendite di prodotti senza autorizzazione”, ma questo è solo un costrutto parziale che ha l’obiettivo di spostare la giusta attenzione dal problema.
L’abusivismo, al contrario, è un fenomeno multidimensionale che non si ferma alle occupazioni messe in atto in difformità dei regolamenti comunali, fino a includere le cosiddette “invasioni” ai sensi dell’art.633 cp., ma raggruppa anche tutte le occupazioni vietate dall’art. 20 del Codice della strada. In esso si prescrive che nelle strade, sui marciapiedi e in generale in qualunque luogo destinato ad uso e passaggio pubblico, è vietato occupare il suolo (con banchi, tavoli, sedie, pedane, espositori, attrezzature di servizio o qualsiasi struttura finalizzata alla esposizione della merce posta in vendita) se non previa autorizzazione del Comune, e sempre assicurando che sia lasciato lo spazio per il passaggio dei pedoni non inferiore a due metri.
Non siamo noi a dover ricordare che l’ambiente urbano influenza i nostri comportamenti. Lo dimostra la “teoria delle finestre rotte”, secondo cui, “se l’ambiente è brutto e degradato siamo tutti più portati a degradarlo ancor più e a violare le regole che lo governano”. Se in un caseggiato c’è una finestra rotta che nessuno ripara, è esperienza comune verificare che nella zona si cominciano a rompere altri vetri, ad accumulare rifiuti, poi compaiono le scritte sui muri e in capo a qualche tempo non è difficile che si verifichi nei dintorni qualche atto vandalico o un episodio di microcriminalità. Se una comunità presenta segni di deterioramento ambientale, e questo sembra non interessare a nessuno, allora lì si genererà l’atto antisociale e illegale. Se una Comunità tollera i piccoli abusi finirà successivamente per accettare comportamenti ben più gravi e allarmanti. Non si tratta di adottare la “tolleranza zero” che suona come unasorta di soluzione autoritaria e repressiva, ma il concetto principale è che si deve prevenire qualsiasi forma di abuso e di illegalità diffusa.