
Il clan Parisi non si limiterebbe a fare soldi con il traffico di droga e le estorsioni, ma infiltra le imprese e avvicina la politica: lo si legge nella relazione inviata al Parlamento per il primo semestre 2022 – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it
“Il clan Parisi di Japigia, nell’area barese, è il principale artefice delle commistioni fra business criminali e ambiti politico-amministrativi, conseguite tramite la ricerca di circuiti collusivi nel settore della funzione pubblica”: la Dia, la Direzione investigativa antimafia, mette nero su bianco ciò che sta emergendo in più indagini, ovvero che lo spessore criminale del gruppo fondato da Savinuccio Parisi non si limita a fare soldi con il traffico di droga e le estorsioni, ma infiltra le imprese e avvicina la politica. Lo si legge a chiare lettere nella relazione della Dia al Parlamento relativa al primo semestre 2022, che pure è stata preparata quando la Dda non aveva ancora incassato gli esiti di alcuni processi né i risultati di alcune indagini all’epoca in corso. In quella che nell’ottobre scorso ha portato all’arresto dell’ex consigliera comunale Francesca Ferri, in particolare, è stata intercettata una frase che per gli investigatori la dice lunga su come a Bari il sostegno elettorale possa essere indirizzato verso questo o quel candidato. A pronunciarla è stato un procacciatore di voti, nell’agosto 2019, quando Ferri era stata da poco eletta al Comune e già pensava di candidarsi anche alla Regione: “Francesca non ti preoccupare, che a Japigia e a Libertà siamo forti, quelli sono tutti amici. Specialmente a Japigia, basta che Tommy Parisi dice “aho, votate”, e quelli votano come a Berlusconi…“.

Un clan solido
Il 62enne capo Savino è in carcere dal 2009. Con un breve intervallo di 48 ore nel 2016, quando fu rimesso in libertà per un errore procedurale. Attualmente è detenuto a Terni, dove contava i giorni in vista del 27 maggio prossimo: era la data in cui sarebbe dovuto uscire. Ma a novembre il tribunale di sorveglianza gli ha notificato un diverso conteggio del cumulo delle pene e rimesso tutto in discussione. Il fine pena è previsto per il 2027, adesso, ma il prolungamento della sua permanenza in carcere non sembra avere rallentato gli affari di famiglia. Il suo è gruppo solido, ritengono gli inquirenti, e a differenza di quello consociato dei Palermiti non è stato azzoppato dai collaboratori di giustizia. Domenico Milella, ex braccio destro del boss Eugenio Palermiti, di Savino ha sempre ripetuto che continua a essere il più forte e che il figlio Tommy “è rispettato perché rappresenta il padre“. Lui che apparentemente ha scelto un’altra vita e della musica ha fatto il suo lavoro, a dicembre è stato però condannato a otto anni per associazione mafiosa. E le pene inflitte al termine del processo “Do ut des“, relativo alle estorsioni all’interno di cantieri edili, sono un altro tassello che racconta come i Parisi avessero inghiottito pezzi importanti dell’economia barese. Interessi in ogni campo
La Dia – che in Puglia è diretta dal colonnello Roberto Di Mascio – la chiama “mafia degli affari”, connotando in tal modo la criminalità pugliese e barese soprattutto. Che opera nei più svariati settori dell’illecito con il tradizionale spirito levantino, che nei secoli ha fatto fiorire gli scambi e i commerci. Oggi dall’altro lato dell’Adriatico arriva soprattutto droga grazie all’ininterrotta sinergia con gli albanesi, che rappresentano “importanti canali di rifornimento di origine asiatica per marijuana, eroina, hashish, cocaina e droghe sintetiche“. Mentre con i rumeni, a quanto pare, sono stati intrecciati rapporti utili per la gestione della prostituzione. E legami altrettanto importanti erano quelli con il clan camorristico Moccia. “L’instancabile fiuto per gli affari orienta le attività criminali delle mafie pugliesi anche in direzione di altre forme di guadagno – si legge ancora nella relazione Dia – quali il contrabbando di sigarette e la gestione del gioco e delle scommesse online, non tralasciando gli appetibili settori della gestione dei rifiuti e del turismo“.

Le mani sulle imprese
Enormi quantità di denaro da riciclare e transnazionalità: sono gli elementi su cui puntano i clan baresi e i Parisi più di tutti. “Mostrano avanzate strategie di investimento – è scritto nel documento presentato al Parlamento – e spiccate capacità di infiltrarsi all’interno degli enti locali, condizionando i flussi economici, il libero mercato e l’attività della pubblica amministrazione“. A confermare tale attitudine è stata l’operazione Levante, che nel febbraio 2022 ha portato a 59 arresti per frodi, riciclaggio, traffico di droga ed estorsioni. In quell’occasione era stato scoperto che gli affiliati avevano preso in mano aziende del settore delle carni, della ristorazione e commercializzazione di oli lubrificanti. Fra tante erano emerse prepotenti le figure degli imprenditori Francesco Giordano ed Emanuele Sicolo, poi condannati a 13 e dieci anni, ma più di tutto era stato calcolato che il sodalizio criminale aveva messo in piedi un giro d’affari da 170 milioni di euro.

Gli altri clan
Oltre i Parisi, a Bari è tutto molto fluido. Un quadro “in continua evoluzione – scrive la Direzione investigativa antimafia – destabilizzato da frequenti spaccature dovute all’ansia delle nuove leve di ritagliarsi spazi e dalle pretese dei vecchi boss tornati in libertà di riconquistare il prestigio criminale”. In tale situazione sembra destinato ormai a scomparire il clan Mercante, dopo la morte del capo Pinuccio “U drogat” nell’aprile 2021, mentre i Misceo, prima legati agli Strisciuglio, parrebbero essersi spostati nell’orbita dei Capriati e lo stesso avrebbero fatto i Montani. Fra gli Strisciuglio, tuttora, viene registrato dagli investigatori il maggior fermento, dopo la decisione dei fratelli Donato e Arcangelo Telegrafo di diventare collaboratori di giustizia e quelle di altri uomini che hanno cambiato gruppo. Per quanto riguarda le attività criminali vere e proprie, la principale fonte di sostentamento economico a Bari resta il traffico di droga, fiorente a causa di un consumo molto elevato, che di recente si nutre molto della movida e della numerosa presenza turistica sul territorio.