Il settore pesca in Puglia è sempre più in crisi. A peggiorare un comparto già penalizzato da scelte nazionali e comunitarie ci ha pensato l’emergenza Covid-19, con i pescatori di tutta le regione in condizioni economiche precarie. La crisi tocca da vicino sia gli armatori sia gli addetti, molti dei quali indebitati fino al collo e illusi da provvedimenti che tardano ad arrivare.
A lanciare l’allarme sono, tra gli altri, i pescatori di Molfetta, costretti addirittura a ridurre l’orario di lavoro a causa di una richiesta molto bassa del pescato. Nonostante negozi e mercati ittici non abbiano mai chiuso, le vendite si sono ridotte in modo considerevole.
«Probabilmente qualcuno continua a non comprendere la nostra difficile situazione – commentato un gruppo di pescatori di Molfetta – ma ormai possiamo tranquillamente affermare che nella nostra città, cosi come in gran parte della Puglia, i pescherecci non galleggiano più sull’acqua ma sui debiti».
Parole molto forti che descrivono una situazione sempre più precaria per tutto il comparto che, lo scorso autunno, ha duramente protestato contro il Governo. Secondo quanto affermano dagli addetti del settore, non sono stati erogati i contributi dovuti per il fermo biologico del 2018 e del 2019, sia per quanto riguarda gli armatori sia per gli operatori stessi, cui spetta una sorta di cassa integrazione in deroga. «Lo scorso anno – continuano dal gruppo – anche su nostra proposta e di tutte le associazioni di categoria avevamo chiesto ulteriori 10 giorni per il fermo biologico da aggiungere ai 30 già stabiliti. Questo per permettere alla specie ittica di ripopolarsi maggiormente. L’accordo dei 10 giorni in più era stato raggiunto anche insieme alla Regione che doveva farsi carico del pagamento della cassa integrazione. Al momento non è stato erogato alcun contributo».
L’emergenza coronavirus ha limitato moltissimo le vendite, per una crisi che si è ulteriormente aggravata. «Chiediamo al più presto misure serie – concludono i pescatori – perché ci sono molte famiglie allo stremo. Chiediamo di intervenire prima che sia troppo tardi».