I mafiosi Santapaola, controllano azzardo e scommesse clandestine ma promettono soldi a funzionario di “Invitalia” per farsi approvare progetto contro la ludopatia

fonte: Fulvio Miele – https://www.juorno.it

Otto persone indagate con le accuse di associazione per delinquere di tipo mafioso, traffico di influenze illecite, estorsione e turbata libertà degli incanti. La procura distrettuale antimafia ha chiesto ai carabinieri del Ros, autori delle indagini, di arrestare presunti appartenenti al clan Santapaola -Romeo operanti tra Messina, Catania e Palermo. Gli investigatori dell’Arma dei Carabinieri hanno ricostruito gli affari illeciti della cosca mafiosa catanese nel settore dei giochi di azzardo, negli affari del gioco di azzardo e delle scommesse clandestine oltre che la distribuzione di farmaci in Sicilia e Calabria. Contestualmente agli arresti i carabinieri hanno eseguito il sequestro preventivo di na società concessionaria di giochi e scommesse con sede a Catania del valore di 4 milioni di euro.

Le indagini furono avviate nel 2017 e costituiscono lo sviluppo dell’operazione BETA, eseguita nel luglio dello stesso anno e che aveva documentato l’operatività nel capoluogo peloritano di una cellula di cosa nostra catanese, diretta emanazione della più nota e famigerata famiglia mafiosa dei Santapaola e sovraordinata rispetto ai clan che tradizionalmente operano nei quartieri cittadini. L’esistenza e l’operatività della cosca mafiosa sono state recentemente confermate dal giudice delle udienze preliminari di Messina che, in sede di giudizio abbreviato, ha inflitto pesanti condanne ai principali esponenti del clan.

Grazie alle attività investigative alle dichiarazioni del collaboratore Biagio Grasso, è stato possibile far luce su ulteriori vicende associative e settori di interesse della cosca. In particolare, sono stati documentati:

  • il controllo della distribuzione dei farmaci in Sicilia e Calabria e l’imposizione, sfruttando la capacità di intimidazione del clan Santapaola, dell’acquisto di farmaci da parte delle farmacie dislocate sul territorio di Messina;
  • la commissione di azioni punitive mediante l’uso delle armi e/o della violenza, nei confronti di esponenti di clan cittadini rivali, e di danneggiamenti;
  • la gestione, nell’interesse del sodalizio, del settore dei giochi e delle scommesse illegali;
  • il traffico di influenze illecite, aggravato dal metodo mafioso, poiché i membri dell’associazione promettevano la somma di 20.000 euro a titolo di acconto da corrispondere ad un  funzionario della società Invitalia (ex sviluppo italia) per ottenere l’inserimento di un progetto contro la ludopatia in una graduatoria che avrebbe dovuto consentire di ricevere un finanziamento di circa 800 mila euro, di cui il 40% – 50% a fondo perduto.
  • l’estorsione ai danni del citato Biagio Grasso, costretto a cedere la propria quota societaria, del valore di 220.000 euro, della P&F s.r.l. con sede a Messina;
  • la turbativa d’asta commessa da un dipendente dell’ufficio urbanistica del comune di Messina, nell’interesse del gruppo criminale, alterando la gara – indetta dal predetto comune nel 2014 – per l’acquisto sul libero mercato di alloggi da assegnare in locazione agli abitanti delle novantacinque baracche della zona di Messina denominata “Fondo Fucile”.

Nel medesimo contesto, è stata data esecuzione al sequestro preventivo della BET s.r.l., società con sede a Catania, operante nel settore dei giochi e delle scommesse.

L’attività investigativa ha confermato l’immagine di un’entità criminale capace di proiettare i propri interessi in diversi settori dell’imprenditoria, che non si è limitata a sfruttare parassitariamente, ma che ha pesantemente infiltrato e finanziato. Il tutto, ancora una volta, grazie alla particolare capacità d’interlocuzione con professionisti ed ambienti istituzionali, in un percorso trasversale in cui il ricorso alla violenza è rimasto sullo sfondo, limitato ai momenti di particolare criticità e nei rapporti con i clan di quartiere.   

Tra gli episodi ricostruiti, singolare il tentativo da parte di un gruppo che concentrato i propri interessi sul settore dei giochi e delle scommesse, di accedere ad un bando per la realizzazione di un progetto contro la ludopatiache avrebbe fruttato ingenti somme. Gli interessi della criminalità organizzata in tale lucroso settore emergono, inoltre, i maniera eclatante, da una conversazione ambientale registrata nel 2014, nel corso della quale Vincenzo Romeo, il cui ruolo direttivo è stato recentemente confermato dalla sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato, a proposito delle concessioni per i centri scommesse, affermava: … a TRAPANI lo ha per dire il nipote di MATTEO (ndr: Matteo MESSINA DENARO), là ce l’hanno quelli la, i GRAVIANO, quello là per dire Totò RIINA …dove… (ine.)… il genero di coso … no vero, la figlia di LO PICCOLO aveva il tabacchino con la BETTER , no, no vero”.

Particolarmente rilevante l’infiltrazione nel settore della distribuzione di farmaci, che ha visto confermati i legami tra il gruppo Romeo con il clancatanese dei Santapaola e che avrebbe preso forma nel corso di una cena tenutasi a Messina nel 2014, a cui avrebbero partecipato i vertici della società interessata ed esponenti del sodalizio, tra cui Romeo Vincenzo che, nell’occasione, sarebbe stato presentato come “un imprenditore in vari settori e parente diretto di Nitto Santapaola, con interessi economici a Messina, Catania ed in buona parte della Sicilia Orientale”. Tra i progetti del gruppo, la creazione di un hub per la distribuzione di farmaci nell’hinterland di Milazzo (ME), che avrebbe aumentato esponenzialmente le potenzialità di intervento nello specifico settore. Addirittura, in una circostanza, confermata dall’interessato, ad un farmacista in difficoltà poiché in debito la società fornitrice, sarebbe stato “consigliato” di “farsi prestare i soldi dalla malavita”.

È emerso, infine, che il sodalizio aveva la capacità di incidere anche sull’espressione del voto in alcune zone della città di Messina. Emblematica, a tal fine, l’affermazione di Romeo Francesco, captata nel 2015 dalle intercettazioni, che, dialogando col figlio Vincenzo, commentava le vicende elettorali di uno dei destinatari dell’odierna misura cautelare che, all’epoca, si era candidato alle elezioni amministrative: “se non era per noi altri i voti dove li prendeva nella funcia… (nel muso, ndr) “le casette” tutti me li hanno dati i voti… ”. 

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Messina, le mani dei boss sui farmaci e sui fondi statali anti ludopatia

fonte: SALVO PALAZZOLO – https://palermo.repubblica.it

Vincenzo Romeo, il nipote prediletto del capomafia catanese Nitto Santapaola, aveva escogitato un sistema quasi perfetto per riciclare i milioni di euro guadagnati con il business delle scommesse on line: le forniture alle farmacie. “Non si tratta di fare estorsioni – ha spiegato il pentito Biagio Grassoma di infiltrarsi in varie attività economiche, attraverso una partecipazione societaria occulta”.

Gli investigatori della sezione Anticrimine di Messina hanno scoperto un altro segmento importante dell’impero criminale del giovane Romeo, che ormai da anni si è trasferito nella città dello Stretto dove si è laureato e ha messo su famiglia, ufficialmente per allontanarsi dai parenti catanesi, ma era solo una grande messinscena. Le indagini coordinate dal procuratore di Messina Maurizio de Lucia hanno fatto scattare un blitz questa notte, che ha portato in carcere otto persone, accusate a vario titolo di associazione mafiosa, traffico di influenze illecite, estorsione e turbata libertà degli incanti, aggravati dall’avere agevolato il gruppo Romeo-Santapaola. Il rampollo di Cosa nostra era già in carcere da un anno, adesso vengono bloccati i suoi attivissimi manager.

Il gruppo, specializzato nel grande affare del gioco on line, stava provando a mettere le mani persino sui fondi statali anti ludopatia. Per questo, aveva promesso un acconto di 20 mila euro ad un funzionario della società Invitalia, una sostanziosa mazzetta, per ottenere l’inserimento di un progetto contro la ludopatia in una graduatoria. In ballo c’era un finanziamento di circa 800 mila euro, di cui il 40%-50% a fondo perduto.

Le intercettazioni dicono che il clan incideva in maniera pesante nella vita amministrativa della città. Con la complicità di un dipendente dell’ufficio urbanistica del Comune, sarebbe stata alterata la gara d’acquisto di alloggi da assegnare agli abitanti delle novantacinque baracche della zona “Fondo Fucile“. E, intanto, Francesco Romeo si vantava con il figlio Vincenzo di aver fatto avere tanti voti a Salvatore Lipari, uno degli arresti del blitz di stanotte, che fu candidato al consiglio comunale nel 2013 con i Democratici riformisti per la Sicilia. “Se non era per noialtri i voti dove li prendeva nella funcia… (nel muso, ndr) ‘le casette’ tutti me li hanno dati i voti…”. Lipari ebbe 622 voti, ma non bastarono per l’elezione.

Questi gli otto destinatari del provvedimento restrittivo nell’operazione del Ros denominata “Beta 2“: i messinesi Antonio Lipari, 41 anni; Salvatore Lipari, 44; Giuseppe La Scala, 51; Ivan Soraci, 43; Maurizio Romeo, 38, di Messina; Giovanni Marano, 46 anni, di Catania; Michele Spina, 46 anni, di Acireale; Salvatore Parlato, 62 anni di Franconte (Siracusa).

 

 

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