Giustizia, sulla Riforma Cartabia allarme della Procura di Bari: “Non abbiamo i mezzi, a rischio le indagini di mafia”

Preoccupati il procuratore capo, Roberto Rossi, e gli aggiunti (Francesco Giannella, Giuseppe Maralfa e Alessio Coccioli) che da settimane studiano le nuove norme per arginare possibili problemi pratici nella loro applicazione – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

Dubbi sulla capacità degli uffici giudiziari di reggere il peso di nuove incombenze. Ma anche timori per le ripercussioni che le novità introdotte dalla Riforma del processo penale – in vigore dal 30 dicembre, ma operativa da ieri, 2 gennaio – avranno sulle indagini. Il procuratore Roberto Rossi e gli aggiunti Francesco Giannella, Giuseppe Maralfa e Alessio Coccioli da settimane studiano le nuove norme per arginare possibili problemi pratici nella loro applicazione.

La Riforma Cartabia è in vigore. Cosa vi preoccupa di più?

Coccioli: “Che sia stato introdotto un meccanismo di controllo continuo sull’operato delle Procure della Repubblica da parte non del giudice per le indagini preliminari, come fisiologicamente dovrebbe essere in un sistema accusatorio, ma da parte del procuratore generale con un sistema di comunicazioni continue – in assenza delle necessarie strutture informatiche – che può determinare una ingerenza quasi asfissiante sull’operato dei pm. A loro può essere ordinato di provvedere alla notifica dell’avviso di deposito degli atti, con un sistema di controllo non più giurisdizionale ma gerarchico-disciplinare che non lascia tranquilli”.

Alcune Procure hanno emesso linee guida per dar modo ai pm e alla polizia giudiziaria di districarsi fra le tante novità.

Maralfa: “Le Procure di Bari e Trani hanno tenuto, presso la Scuola allievi della Finanza, un corso di formazione per la polizia giudiziaria per illustrare le principali novità della Riforma, dalla notificazione e documentazione degli atti alla procedibilità di taluni reati a querela di parte, all’iscrizione delle notizie di reato. È stata approntata, e messa a disposizione della polizia giudiziaria, la modulistica per facilitare le prime applicazioni della nuova normativa”.

Durata delle indagini: cambia il meccanismo delle proroghe. I tempi sono troppo stretti per i procedimenti di maggiore complessità, come quelli sulla criminalità organizzata?

Giannella: “Purtroppo sì. Anche se per ora la rigidità della normativa è stata ridotta, in attesa di nuove modifiche: non potremo sfruttare per intero i due anni per le indagini di mafia e terrorismo, perché ci sono nuovi meccanismi che ci costringeranno ad anticipare i tempi per non cadere nella discovery anticipata degli atti. In secondo luogo è stato irragionevolmente abbreviato da 15 a 9 mesi – e la legge delega non lo richiedeva – il tempo concesso al pm, alla fine delle indagini, per valutare tutto il materiale probatorio prima di assumere una decisione: archiviare, esercitare l’azione penale eccetera. Si tratta di un termine inadeguato rispetto all’enorme complessità di queste indagini e ai tempi di cui anche il gip ha bisogno per redigere una misura cautelare adeguatamente motivata”.

Coccioli: “Ciò vale anche per i procedimenti di maggiore complessità riguardanti i reati contro la pubblica amministrazione. Da un lato la normativa più recente ha esteso a tali reati la disciplina in materia di intercettazioni prevista per i reati di criminalità organizzata, dando a intendere un’attenzione particolare del legislatore, dall’altro la modifica della durata delle indagini e il nuovo meccanismo delle proroghe rischiano di frustrare l’incisività dell’azione repressiva per questo tipo di delitti”.

Discovery degli atti, altra novità che fa storcere il naso. C’è il rischio di danneggiare indagini in corso?

Giannella “C’è il rischio di vanificare le indagini, perché la discovery può avvenire addirittura prima che sia stata emessa ed eseguita una misura cautelare. I meccanismi per procrastinare la discovery sono del tutto inadeguati anche perché coinvolgono i procuratori generali, che nulla sanno delle indagini e non hanno gli organici per caricarsi di questo lavoro. Alla Procura generale di Bari sono previsti 11 magistrati più due flessibili, mentre nel Distretto di sua competenza e nella Procura per i minorenni l’organico è di 148 magistrati, fra togati e onorari”.

Obbligo di videoregistrare gli atti investigativi: è realistico?

Coccioli: “Si, ma ricorrendo a mezzi esterni all’amministrazione con dispiego di mezzi economici non indifferenti. Il che suscita dubbi sulla opportunità di introdurre in questo momento tale obbligo”.

Ci sono disposizioni che limiteranno le indagini, come era stato paventato nella lettera inviata dai procuratori generali al ministro?

Maralfa: “Si, perché l’obiettivo principale del pm non sarà più quello di investigare con serenità ma quello di evitare di impegnare le segreterie nel dispendioso meccanismo dell’avviso di deposito della documentazione delle indagini, optando più spesso per la scelta dell’archiviazione. Il giusto obiettivo della riforma, che è quello di portare le indagini preliminari a conclusione con rapidità, si scontra con la cronica carenza di uomini e di mezzi. Si pretendono prestazioni da Formula 1 da una modesta utilitaria, insomma”.

Coccioli: “La continua preoccupazione di un controllo dall’alto del procuratore generale, il controllo per una retrodatazione delle iscrizioni nel registro degli indagati determineranno una tensione continua nello svolgimento delle indagini, limitandole. I pm saranno più attenti a evitare violazioni disciplinari piuttosto che a svolgere le loro investigazioni con efficacia e incisività”.

L’Anm auspicava rafforzamento degli organici e riorganizzazione degli uffici giudiziari. A Bari c’è la forza lavoro adeguata per reggere?

Coccioli: “La Procura di Bari non dispone di organici e di forza lavoro adeguati a fronteggiare le numerosissime incombenze imposte dalla nuova normativa. A maggior ragione perché non sono stati implementati gli strumenti informatici per far fronte alle incessanti comunicazioni alla Procura generale. Il che graverà in maniera pesantissima sulle segreterie dei magistrati già ridotte al minimo dalla carenza di organico”.

La stretta sulle intercettazioni annunciata dal ministro Carlo Nordio vi preoccupa?

Rossi: “La stretta sulle intercettazioni dovrebbe preoccupare i cittadini onesti. Non è vero che le intercettazioni sono inutili – soltanto così si scoprono gravi reati di criminalità organizzata – e dispendiose, atteso che il recupero dei patrimoni illeciti è superiore alle spese. E il confronto con gli altri Paesi è fuorviante: in molti, al contrario del nostro, le società telefoniche devono mettersi a disposizione gratis. E noi abbiamo una presenza importante di criminalità organizzata”.

E l’introduzione della querela di parte per alcuni reati?

Maralfa: “Si tratta di una scelta non condivisibile, perché finisce per scaricare sulle vittime dei reati la scelta di punire oppure no persone che si rendono responsabili di delitti che destano un particolare allarme sociale, qual è per esempio il furto aggravato. Chi sarà disposto a chiedere la punizione di un ladro senza che possa temere ritorsioni?”.

 

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