Giovinazzo, l’ombra degli Strisciuglio in città. Lo dice Pasquale Drago

 
 
 

A Giovinazzo primeggia il clan Strisciuglio, «fortemente radicato nel capoluogo barese», mentre il sodalizio che sembra aver maggiormente risentito dell’azione giudiziaria è quello dei Di Cosola, «che nel recente passato ha rappresentato una delle organizzazioni criminali meglio radicate nell’hinterland barese».

Lo scriveva la Direzione Investigativa Antimafia nell’ultima relazione semestrale (relativa ai primi sei mesi del 2016), ma da ieri sera, con l’intervento del procuratore aggiunto Pasquale Drago all’incontro organizzato nella sala Marano, dall’Osservatorio per la legalità e per la difesa del Bene Comune, in collaborazione con Libera, presentato dal giornalista Massimiliano Scagliarini e introdotto da Vincenzo Camporeale, l’ipotesi investigativa ha preso forma, traducendosi in una conferma.

In particolare sulla possibilità di gestire i traffici di droga che inondano strade, piazze e locali di Giovinazzo. «I Di Cosola sono in netta difficoltà – ha rivelato l’autorevole voce del coordinatore della D.D.A. – e gli Strisciuglio stanno tentando di allungare le mani su Giovinazzo, piccola piazza di spaccio», ma evidentemente preda molto appetibile da parte della cosca della «Luna» che sta lentamente allargando il proprio territorio di influenza e si sta delocalizzando nell’hinterland barese.

«Una provincia, quella di Bari, in cui sono operativi ben 14 clan», ha spiegato Mario Dabbicco, referente regionale di Libera. Ed uno di questi, quello dei temuti Di Cosola, avrebbe condizionato le elezioni regionali del 2015, sostenendo la campagna elettorale, nella sua area d’influenza, di Natale Mariella, iscritto nella lista dei Popolari. Lo scambio elettorale politico-mafioso è un reato del codice penale italiano, previsto dall’articolo 416 ter, «ma che – ha relazionato Drago – trova poche applicazioni in Italia».

«La nostra criminalità organizzata, molto più fastidiosa di quella comune – ha proseguito il procuratore aggiunto nativo di Molfetta – continua a mantenersi fortemente ancorata alle classiche attività delittuose quali traffico di droga e armi, estorsioni e rapine, accumulando e reinvestendo nell’economia legale i vari capitali illeciti». Le indagini degli investigatori, inoltre, hanno documentato anche un ricorso sempre più frequente ai modelli mafiosi e numerose storie di usura e di imprese infiltrate.

Da quando la crisi ha iniziato a impoverire il tessuto imprenditoriale pugliese e da quando le organizzazioni criminali sono intervenute a soccorrere le aziende in difficoltà, le forze dell’ordine, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno concluso decine di inchieste. Storie di infiltrazioni, di imprenditori minacciati, di clan che entrano nei Cda e nel giro di qualche mese ottengono il controllo totale dell’impresa.

Storie di un’economia criminale che galoppa, che si diffonde a macchia d’olio. Storie quasi tutte uguali. «E così si passa istantaneamente – ha detto Drago – dal pizzo al barista ad un sistema molto più articolato di impresa». La soluzione? Secondo il procuratore dell’Antimafia «la detenzione in carcere serve a poco, molto meglio l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali, perché se tocchi il loro portafogli, – è il suo ragionamento – colpisci il punto più vivo che hanno».

Infine, prima del dibattito finale, la risposta a coloro i quali negano anche sotto tortura la “colonizzazione silenziosa” di Giovinazzo da parte dei clan del capoluogo. «Gli Strisciuglio – ha terminato – stanno tentando di allungare le mani su Giovinazzo, i cittadini devono difendere il proprio territorio. Noi, vedremo come fare per intervenire».

 

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