
La vicenda legata di un’area nel comune di Giovinazzo denominata D1.1 si arricchisce di un altro importante capitolo.
Il riferimento è ai lotti, destinati sia ad abitazione che a botteghe artigiane, posti sotto sequestro dall’autorità giudiziaria il 16 settembre del 2010.
Il 26 novembre scorso, la terza sezione penale del Tribunale di Bari ha disposto il dissequestro di 6 lotti, a seguito di una pronuncia della Corte di Cassazione.
La corte di primo grado, composta dal presidente relatore Giuseppe Battista, e dai due giudici Ida Iura e Rosa Caramia, ha accolto l’istanza di riesame di quel provvedimento del settembre 2010, presentata dal molfettese Michele Amato, legale rappresentante della Gramco srl, assistito dall’avvocato Francesco Armenio del Foro di Trani.
La Suprema Corte aveva in precedenza accolto i ricorsi di Michele Amato, circa le motivazioni alla base del sequestro operato con decreto da parte del giudice per le indagini preliminari sui lotti denominati A3, A15, A43, A44, A45 ed A46. E pertanto il Tribunale di Bari non ha potuto che far riferimento al principio di diritto espresso dai giudici romani.
In sostanza, per la terza sezione del Tribunale penale del capoluogo pugliese, quei lotti non andavano posti sotto sequestro poiché “nella motivazione del provvedimento del gip di tali aree ed opere non vi è traccia, sicché è mancata ogni concreta e specifica valutazione circa la sussistenza anche rispetto ad esse della fattispecie criminosa (abusivismo edilizio)». La corte barese ha poi specificato, nella sua decisione del 26 novembre, come «tale carenza non può essere supplita dalla pur legittima iniziativa successiva del pubblico ministero che le ha ricomprese nell’alveo della lottizzazione abusiva […]“.
L’area denominata D1.1 prevedeva la realizzazione di lotti che fungessero da casa e bottega per alcuni artigiani. Il 25% degli immobili edificati avrebbe dovuto essere destinato alle abitazioni e l’altro 75% doveva invece fungere da luogo per quelle attività lavorative.
Così non sarebbe stato, almeno secondo l’ipotesi accusatoria, ed è tutt’oggi in corso un procedimento per accertare le responsabilità sull’accaduto, che continua ad essere un tema caldissimo e di grande attualità per Giovinazzo, poiché ha coinvolto imprese, famiglie intere e pubblici funzionari. Tra gli indagati circa venti molfettesi, rappresentanti legali, amministratori e soci di aziende del settore edile. Ma anche proprietari e assegnatari dei lotti.