www.lagazzettadelmezzogiorno.it
«Gentile Gazzetta, sono una studentessa diciannovenne barlettana e quelle appena trascorse sono state le prime elezioni amministrative alle quali ho partecipato attivamente come elettrice». Comincia così la lettera via mail inviata da Lucilla Crudele. «Volendo vivere appieno quest’esperienza e per saggiare da vicino quei meccanismi che a scuola, nel migliore dei casi, vengono trattati solo superficialmente – aggiunge – mi sono offerta gratuitamente come rappresentante della lista per cui avevo intenzione di votare, in un seggio della scuola San Domenico Savio. Pensavo di assistere al momento, secondo me, di massima democrazia ancora più dell’atto del voto, ovvero lo spoglio delle schede, quello in cui si estrinseca la volontà del popolo e non quella dei singoli».
Cosa è successo poi? «Con queste intenzioni – prosegue Lucilla – sono giunta al seggio assegnatomi alle 15 di lunedì. Al cancello, ormai chiuso per eventuali elettori ritardatari, un poliziotto mi ha lasciato passare dopo aver visto che in mano avevo la nomina siglata dall’ufficio comunale e pertanto regolare. Sono entrata. E qui, ciò che avevo solo in parte immaginato chiacchierando con amici e leggendo qualche articolo qua e là si è rivelato per quello che era. Nell’attesa di entrare nel seggio, mentre la commissione ultima le pratiche burocratiche e a noi rappresentanti è stato chiesto di aspettare fuori, mi sembra ci siano un po’ troppe persone … l’occhio mi cade sulla griglia per raccogliere i voti in mano a una signora, di certo non alla sua prima votazione: è organizzata per raccogliere i voti di un solo candidato… Poco più in là un mio coetaneo brandisce con aria compiaciuta la sua nomina (nome, cognome, simbolo e sezione, priva di alcun timbro e alquanto ‘riproducibile’) e una griglia per raccogliere voti per la stessa lista del candidato rappresentato dalla signora. Presto maggiore attenzione, non è un caso isolato».
L’INTERPRETAZIONE – Ancora: «Mentre mi interrogo su una mia possibile mala interpretazione del termine “rappresentante di lista” (se siamo rappresentanti di lista perché fra di noi c’è chi rappresenta un solo candidato?), un altro personaggio appare sulla scena, ha un cartellino appuntato sul petto che cita “supervisore dei rappresentanti di lista” e mostra il suo nome e il simbolo del suo partito; legittimato da tale incarico così ufficiale si muove affannosamente per controllare se tutti sono in posizione e se c’è “almeno uno dei nostri”, parole testuali, per seggio; in caso contrario, scatta la sostituzione manco fossimo alla finale dei mondiali».
Il racconto prosegue: «Scoccano le 15,30. La presidente fa l’appello dei rappresentanti di lista, me compresa, accreditati perché hanno presentato regolare nomina per tempo, mentre gli altri restano fuori, fra loro la signora e il ragazzo che rappresentano 2 candidati della stessa lista. 13 dentro, seduti, almeno una ventina alla transenna. Polemiche. Inizia lo scrutinio, siamo uno dei seggi più numerosi, circa 940 votanti. Aria rilassata dentro e infuocata fuori; man mano che cresce il numero di schede scrutinate, aumentano anche i rumori e le voci provenienti dal corridoio. Sembra di essere in uno di quei centri scommesse in cui si seguono le gare ippiche e si esulta o ci si rammarica platealmente, con la schedina in mano, ad ogni sorpasso riuscito o subito. La presidente chiede silenzio, minaccia l’allontanamento, le vola un insulto contro, arriva il poliziotto dell’ingresso. Procediamo, si è fatto buio, siamo ancora a metà. Finalmente la fine, scattano le telefonate e udite udite sono pochissimi coloro che comunicano direttamente i risultati, i più preferiscono “vedersi di persona” con il candidato rappresentato. Per fare cosa non possiamo saperlo. Immaginarlo sì però, e mi chiedo perché nessuno di coloro che ha titolo e autorità per farlo non sia riuscito ad arginare lo strano fenomeno della ‘moltiplicazione dei voti e dei pesci’, ovvero di coloro che abboccano all’offerta di chi compra il voto. Sarebbe bastato in quel corridoio fra le 15 e le 15.30 un altro poliziotto, in borghese però, che ascoltasse e osservasse, come ho fatto io, e che magari entrasse in confidenza con i rappresentanti ‘sospetti’».
DELUSIONE E INDIGNAZIONE – Conclusione: «Ecco allora il duplice motivo della mia delusione e indignazione. In primis, per l’umiliazione che coloro che si candidano a rappresentare l’interesse comune impongono a chi vende loro il voto, siano essi più o meno indigenti e più o meno coscienti. Successivamente non vedo alcuna forma di repressione del fenomeno che pure era stato denunciato nelle scorse provinciali e regionali. Infine mi pongo due domande; qualcuno chiederà le dimissioni del consigliere neo eletto il cui nome è stato fotografato in cabina elettorale o il ‘sindaco del fair-play’ appoggerà la versione per cui l’episodio è stata una goliardata in un gioco che finisce sempre per capovolgere il ruolo di vittima e persecutore? E chi ha venduto il suo voto per ‘50euro più un cellulare’ è cosciente di aver svenduto anche gli occhi per guardare, la mente per discernere e giudicare e la sua voce per protestare? Buona fortuna Barletta, ne avremo tutti bisogno».
Noi l'avevamo detto solo 5 anni fa…
Ancora una scelta liberatoria
continua a leggere… qui