Giornalista uccisa a Malta, la pista dei narcos italiani

fonte: http://www.repubblica.it – di GIULIANO FOSCHINI

C’è una rotta, che parte dalla Libia, passa per Malta, e arriva fino in Italia che potrebbe essere la chiave dell’omicidio di Daphne Caruana Galizia. Una rotta lungo la quale si movimenta droga, petrolio, prostitute e soprattutto denaro. La linfa dell’Isola del tesoro. Perché Daphne è morta per il suo lavoro, questo è il punto di partenza dal quale si muovono gli investigatori maltesi, le intelligence europee che già ieri si sono mosse attorno all’isola e l’Fbi che invece dovrebbe arrivare domani. E il suo lavoro mirava principalmente a Malta. La chiave, dunque, è qui.

Ma le modalità di esecuzione, e forse parte delle ragioni del suo assassinio, vanno trovate fuori dall’Isola. “È stata un’esecuzione mafiosa” dice un investigatore che la mafia la conosce. Una macchina presa a noleggio. Un comando a distanza. Due esplosioni: le prima dovuta alla detonazione, la seconda al serbatoio del carburante. “Dobbiamo ancora terminare le analisi ma sembra materiale raffinato, non certo esplosivo che si può trovare a Malta. La dico chiaramente: sembra materiale italiano” spiega una fonte qualificata. Se ne saprà di più nei prossimi giorni. Ma nel frattempo si battono due piste: il noleggiatore dell’auto.

E i sette casi di autobomba degli ultimi tre anni a Malta, sempre legati a fatti di droga.
Ecco, appunto: perché hanno ammazzato Caruana Galizia? E perché in quel modo? Del lavoro di Daphne sulla Pilatus Bank e sul riciclaggio di esponenti del governo azero nell’isola, si sa. Così come è nota la sua inchiesta sulla famiglia del primo ministro Muscat, accusata (la moglie) di avere un conto corrente a Panama dove è transitato un milione di euro. Ma Dafne negli ultimi mesi aveva cambiato obiettivo. Aveva preso a parlare di narcotraffico e dei collegamenti di uno di essi, Andre Falzon, conosciuto come Id-Diesel, con il capo dell’opposizione Adrian Delia. Ed è stato proprio Delia uno dei suoi ultimi obiettivi: il 26 agosto aveva raccontato i collegamenti con un cittadino maltese, Emanuel (Lolly) Bajda che a Londra, a Soho, sarebbe proprietario di un immobile affittato a prostitute.

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Secondo le sue accuse, Bajda avrebbe fatto transitare su un conto corrente alla Barclays International, in Jersey, un milione di dollari sul conto di Dalia. Un’accusa che il leader dell’opposizione ha sempre negato ma che i suoi non hanno preso bene. Nei gruppi WhatsApp dei suoi sostenitori giravano messaggi di morte per Daphne, come la stessa giornalista ha denunciato depositando un centinaio di screen shot: emoticon di pugnali e sangue, “deve morire “, “l’unico strumento che abbiamo è ucciderla” ed espressioni di questo tipo.

Ieri Dalia ha accusato però il primo ministro Muscat di non voler svolgere le indagini. Mentre il capo del governo ha puntato il dito su Dalia, in relazione alle ultime inchieste di Caruana Galizia. Non è un caso. Non è un caso che governo e opposizione si stiano rimpallando la responsabilità dell’omicidio di Daphne che, da viva, ne ha avuto per tutti. Non risparmiando soltanto una cosa: i fatti. “Ci sono corrotti ovunque, ora. La situazione è disperata” è stato, non a caso, l’ultimo suo post prima di morire.

Per dire. Nei mesi scorsi si era occupata di quel contrabbando di petrolio che, parte dalla Libia, si ferma al largo di Malta, e dopo essere transitato a bordo di petroliere russe, fa rotta verso l’Italia. Un sistema che provoca un danno alle casse italiane di qualche centinaia di milioni di euro. Ma d’altronde, Malta, poco più grande dell’isola d’Elba e abitata come la cinta metropolitana di Bari (450mila abitanti) negli ultimi dieci anni ha privato i paesi europei di circa 8,2 miliardi. A un anno fa erano iscritte alla camera di commercio 53.247 società per 78mila proprietari. Soltanto nel 2015 ha restituito alle società straniere 2 miliardi di euro di tasse, che invece avrebbero dovuto essere pagate altrove. Questo per via del sistema di tassazione locale: una company tax al 35 per cento, con un rimborso dell’80 di quanto versato.

“La tassazione effettiva arriva dunque intorno all’8 per cento” spiegano gli avvocati d’affari. Inoltre la struttura società offre un altissimo livello di privacy: il nome del cliente può essere schermato, perché nei “company act” possono risultate soltanto i nomi di professionisti locali. Risultato: tutti i colossi del gaming (scommesse) come Betson, Bet 365, Microgaming hanno sede ora a Malta, tanto da coprire da sole il 12 per cento del Pil. Le banche d’affari fanno lo stesso, così come i 581 fondi di investimento che oggi si trovano nell’isola.

A Malta, documentano le indagini delle procure italiane, sono arrivati ‘ndranghetisti e mafiosi. Si sono trasferiti i baresi delle società di scommesse. Portano il denaro i trafficanti di uomini somali e i colonnelli di Gheddafi in fuga della Libia. E, ora, con la Brexit, si attende l’arrivo di migliaia di società londinesi. Perché quest’isola, in cui si ammazzano i giornalisti per quello che scrivono, comunque è Europa.

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