Giancaspro, spunta pure l’accusa di estorsione. Chiuse le indagini sull’ex patron del Bari

fonte : Massimo Scagliarini – edicola.lagazzettadelmezzogiorno.it

II nodo principale resta la bancarotta fraudolenta, per aver svuotato la società Finpower utilizzando i soldi anche nella scalata al Bari calcio. Ma per l’ex patron biancorosso Cosimo Giancaspro ora spunta anche l’accusa di estorsione, quella che avrebbe compiuto insieme a Orlando Malanga, rite-nuto vicino ai clan baresi, per convincere un imprenditore a ritirare un decreto ingiuntivo. La novità emerge dall’avviso di chiusura delle indagini che la Procura di Bari ha fatto notificare l’altro ieri a quattro persone, tra cui appunto Giancaspro. ai domiciliari da settembre per questa vicenda, in attesa che il Tribunale fallimentare si pronunci sulla richiesta di concordato preventivo della sua Fc. Bari.

Il tema dell’indagine è noto. Il pm Giuseppe Dentamaro, con il procuratore aggiunto Roberto Rossi, ritiene infatti che Cosimo Giancaspro, 56 anni, abbia fatto fallire la Finpower per appropriarsi di circa 30 milioni di euro. Anche Francesco Izzo (liquidatore della Finpower), definito “testa di paglia” dagli inquirenti e Giovanni Ferrara (legate rappresentante della Finpower) risultano indagati per bancarotta fraudolenta insieme all’imprenditore molfettese che pure Ferrara aveva denunciato accusandolo di truffa.

A dicembre 2013 la Kreare Impresa aveva acquistato da Finpower “ad un prezzo notevolmente inferiore a quello reale e a condizioni di favore per l’acquirente (iI versarnento entro l’anno successivo), condizioni del tutto ingiustificate” la Finpower Wind, che possedeva un importante parco eolico poi rivenduto nel 2015 a 17,8 milioni, determinando “una minusvalenza patrimoniale per Firepower di 2.4 milioni“, e “nonostante la sussistenza di un palese conflitto di interessi“, perché Kreare era proprietaria di Finpower. Stesso gioco fatto, ritiene la Procura, con altri sei campi fotovoltaici riconducibili a Finpower.

C’e poi il caso dell’estorsione compiuta con Orlando Malanga (anche lui indagato). Malanga agli atti dell’indagine è ritenuto “elemento di raccordo tra il Giancaspro e la tifoseria del Bari Calcio“, che tramite lui avrebbe ottenuto biglietti e gadget e che avrebbe “convinto” un creditore a rinunciare a due decreti ingiuntivi. L’episodio è documentato da intercettazioni: la Tds, una cooperativa di Bari che si era occupata dei parcheggi, aveva ottenuto due decreti ingiuntivi, uno da 29mila euro nei confronti della Fc Bari e uno da 16mila euro nei confronti di “Magnolia“, un’altra società di Giancaspro, salvo poi rinunciare dopo l’Incontro tra Malanga e il vicepresidente Sabino De Vito in un bar del quartiere Mungivacca.

Dissi all’Orlando – ha messo a verbale De Vito con la Finanza – che avrei valuto un po’ di tempo per pensarci, aggiungevo però che il seguito della trattativa doveva essere curato dai rispettivi avvocati. In quell’occasione mi rappresentò che aveva strettissimi rapporti di amicizia con Giancaspro. Nei giorni successivi mi sono incontrato nuovamente con Orlando il quale mi chiedeva copia della rinuncia perché cosi gli era stato chiesto dal Giancaspro“. Secondo l’accusa, De Vito rinunciò per paura di ritorsioni da parte di Malanga, cui è riconducibile la gestione del bar delle spiagge baresi di Pane&Pomodoro e Torre Quetta. 

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