di Lorenzo Pisani – www.molfettalive.it
A Palazzo Vidoni tempi record per la stesura del Rapporto sulla corruzione. Poco meno di un mese è passato dalla nomina della commissione ministeriale – istituita dal titolare della Funzione Pubblica, Filippo Patroni Griffi, e coordinata dal molfettese Roberto Garofoli, magistrato del Consiglio di Stato e Capo di gabinetto del ministro – alla consegna del documento al governo Monti.
Con Garofoli hanno posto la loro firma sul rapporto i magistrati Raffaele Cantone (Corte di Cassazione) ed Ermanno Granelli (Corte dei Conti) e tre docenti universitari: Bernardo Giorgio Mattarella (ordinario di diritto amministrativo), Francesco Merloni (ordinario di diritto amministrativo), Giorgio Spangher (ordinario di procedura penale).
La commissione ha anche incontrato, nel corso dei lavori, i rappresentanti internazionali dell’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. La profonda crisi economica ha, infatti, reso la lotta alla corruzione una priorità nelle agende politiche internazionali. La fiducia di mercati e imprese risulta inversamente proporzionale al diffondersi delle prassi corruttive, determinando una perdita di competitività per i paesi coinvolti.
I lavori sono partiti dai dati del fenomeno in Italia. Dati allarmanti: secondo rilevazioni di organismi internazionali, la percentuale di italiani che hanno ricevuto la richiesta o l’offerta di una tangente negli ultimi 12 mesi di riferimento è pari al 17%. La media dei paesi dell’Unione Europea è invece del 9%.
Tra il 2009 e il 2010, il 13% dei cittadini (la media Ue è del 5%) ha dichiarato di aver pagato – direttamente o tramite un familiare – tangenti nell’erogazione di servizi pubblici (10 per cento nei contatti col sistema sanitario; il 3,8% con la polizia; il 6,4% per il rilascio di licenze e permessi; l’8,7% per servizi di pubblica utilità; il 6,9 con il fìsco; il 12.9 per servizi legati a terreni; il 13.9 in procedure doganali; il 28.8 col sistema giudiziario).
«Per prevenire il fenomeno – sostiene la commissione presieduta dal giudice Garofoli – occorre agire in profondità e con una pluralità di misure».
In queste direttrici vanno le proposte presentate al governo. Necessaria l’imposizione a tutte le amministrazioni pubbliche di seri modelli di organizzazione. A cominciare da una «rigida rotazione dei dirigenti nei settori più sensibili o con una particolare attenzione ai ritardi nella definizione dei procedimenti, spesso spia di patologie comportamentali».
Altri due cardini indispensabili, trasparenza e incompatibilità. Dal ministero si chiede la pubblicazione dei dati relativi ai redditi e ai patrimoni di amministratori e dirigenti e il divieto di accumulare incarichi dirigenziali e cariche elettive o ruoli in società in rapporti con l’amministrazione pubblica.
Fondamentale importanza potrebbero assumere codici di condotta «con prescrizioni rilevanti anche sul piano disciplinare» e la possibilità di nominare – specie negli uffici più esposti al rischio corruzione – «dipendenti che abbiano svolto mirati e specifici percorsi, anche settoriali, improntati alla legalità e all’etica pubblica».
Particolare attenzione si è posta sugli incarichi dirigenziali esterni (per la commissione una possibilità da rivedere) e sulla figura del segretario comunale, giudicato «perno del controllo di legalità». Protezione e riconoscimenti andrebbero infine assicurati a chi denuncia le illegalità.