
«Manca la consapevolezza del rischio che si sta correndo in un territorio ad alto tasso di criminalità, il pericolo è finire come la ‘ndrangheta», estate 2014 l’allora prefetto Luisa Latella. “Gomorra è qui” titolava un settimanale in un focus di quegli anni sul caso Foggia. “La Società foggiana tra le 5 organizzazioni criminali in ascesa in Italia“, dossier del Servizio centrale operativo della Polizia a marzo 2017. “Mafia foggiana impenetrabile, spietata, pericolosa”, per la commissione parlamentare antimafia dopo le audizioni di giugno 2017.
«La mafia garganica la più violenta d’Italia», lo scrittore Roberto Saviano dopo la mattanza dell’agosto 2017 con 4 morti. «L’80% degli omicidi di mafia compiuti nel Foggiano negli ultimi trent’anni resta impunito», allarme del Csm dell’ottobre 2017. «Qui c’è la quarta mafia d’Italia», definizione dell’ex procuratore nazionale Franco Roberti del 2017.
E ancora. «Nel Foggiano la mafia si fa Stato: l’estorsione violenta è stata sostituita da quella ambientale: ci sono imprenditori e commercianti che non attendono la richiesta di pizzo, la anticipano versando spontaneamente la tangente», il procuratore generale della corte d’appello di Bari a gennaio 2018. «Mafia foggiana come la ‘ndrangheta, più efferata della ‘ndrangheta», relazione Dia luglio 2019. «Dal 2017 al luglio 2020 nel Foggiano 230 arresti per mafia, traffici di droga, estorsioni aggravate dalla mafiosità», bilancio tracciato nell’estate 2020 dall’allora procuratore capo di Bari Giuseppe Volpe. «Nel Foggiano non esistono zone franche, il salto di qualità dei clan grazie agli affari con i cartelli albanesi per la marijuana e quelli colombiani per la cocaina attraverso l’Olanda», il procuratore aggiunto coordinatore della Dda di Bar Francesco Giannella e il collega Giuseppe Gatti pm alla Direzione nazionale antimafia, luglio 2020.
«Società foggiana primo nemico dello Stato», il procuratore nazionale Federico Cafiero de Raho a novembre 2020. «Nel Foggiano emergenza nazionale perché c’è una criminalità organizzata molto simile alla ’ndrangheta, ed è molto pericolosa perché da una parte ha la violenza della mafia rurale e dall’altra ha l’intelligenza della mafia degli affari», il procuratore capo della Dda Roberto Rossi a febbraio 2022. «I clan di Foggia e Gargano tra i più letali d’Italia: i boss giustiziano i nemici in pieno giorno e bombardano le imprese», reportage a febbraio 2022 dell’edizione americana del “The Sun” storico giornale britannico.
Non è finita. «La situazione di Foggia e del Gargano è un unicum nel panorama nazionale: solo qui si continua a sparare per intimorire lo Stato e le forze dell’ordine» intervista della Gazzetta del febbraio 2022 al direttore della Dia, Maurizio Vallone. «La Capitanata attraversata da gravi episodi criminali dei quali non c’è ancora consapevolezza», luglio 2022 parole del neo procuratore nazionale Giovanni Melillo (nato proprio a Foggia). «C’è a Foggia quell’arretratezza culturale che forse c’era a Palermo negli anni Ottanta: la gente non denuncia, collabora poco e solo quando non ha alternative; non si avverte la Giustizia come strumento per lavorare al bene comune», il procuratore di Foggia Ludovico Vaccaro a fine 2022.
Ultime ore. «Della mafia foggiana si dà poco conto a livello nazionale, invece è molto aggressiva e pericolosa», l’ex prefetto di Foggia Raffaele Grassi due giorni fa. «La mafia foggiana si sta caratterizzando per l’esercizio di una violenza fisica e talvolta eclatante: da questo punto di vista è quella che più si avvicina alla mafia corleonese», il ministro dell’Interno Matteo Piantadosi due sere alla trasmissione tv Piazza Pulita, dove ha ribadito che sarà presto (il 3 febbraio) nel capoluogo dauno per presiedere il comitato per l’ordine e la sicurezza pubblico.
All’origine di tutto: «Questa è camorra, anzi guerra di camorra» articolo della Gazzetta del Mezzogiorno del 3 maggio ’86 all’indomani della strage al circolo Bacardi con 4 morti ammazzati nella prima delle 7 guerre tra clan della Società foggiana, che resta insieme alla mattanza sul Gargano dell’agosto 2017 uno dei più efferati episodi nel panorama nazionale della criminalità organizzata. Ma in quella seconda metà degli anni Ottanta pronunciare la parola mafia a Foggia era ritenuta un’offesa per la città; c’era chi ai massimi livelli istituzionali locali riteneva la visita della commissione Antimafia un’onta; e chi chiamato a analizzare i fenomeni criminali li sottostimava e confidava al cronista: «Finchè si ammazzano tra loro va pure bene». Senza ricordare o forse senza conoscere le parole del giudice Giovanni Falcone: «Quando finiranno di uccidersi tra loro, con chi se la prenderanno…». Ci sarebbero voluti anni e l’omicidio di Giovanni Panunzio, ucciso dalla mafia del pizzo il 6 novembre ’92 perché simbolo di ribellione al racket e che aveva segnato la strada della denuncia degli estorsori, per aver consapevolezza che dire mafia a Foggia non era una bestemmia ma una constatazione. Eppure nelle analisi anche a livello nazionale quella di Foggia sino a pochi anni fa era ancora considerata una “mafia stracciona”; e sul Gargano non c’era la mafia ma “soltanto” faide tra famiglie di allevatori e pastori. Ora la Dia nelle analisi sulla situazione in Capitanata parla di «mafia degli affari», di «borghesia mafiosa», di «terra di mezzo, punto d’incontro tra gli interessi dei clan e certa parte del mondo imprenditoriale e della politica; la mafia foggiana si infiltra nel tessuto socio-economico con prestanome in aziende dove ricicla i soldi sporchi». Ah, chi glielo doveva dire a boss e picciotti che negli anni Ottanta fondavano la “Società” mutuando riti di affiliazione di camorra e ‘ndrangheta che a distanza di anni sarebbero diventati il nemico pubblico numero uno. Staranno pure in galera la maggior parte, ma vuoi mettere la soddisfazione di essere ritenuti alla stregua dei corleonesi…
fonte: www.lagazzettadelmezzogiorno.it