Felice Spaccavento: ciao Emiliano! Intervista al fondatore del Progetto Ospedale Unico

di Sergio Magarelli – pubblicato su “l’altraMolfetta” – Settembre 2018

L’11 ottobre 2016, in uno gremito Pala Colombo di Ruvo di Puglia, il Goverantore Emiliano firmava la cosiddetta “Carta di Ruvo”, documento che mirava e che punta ancora oggi a unificare i tre presidi ospedalieri esistenti di Terlizzi, Corato e Molfetta in un unico Ospedale di Primo Livello, con l’aggiunta della Rianimazione. Il Progetto, coordinato dal Dott. Felice Spaccavento, era riuscito ad attivare un inedito canale di partecipazione e collaborazione tra cittadini ed istituzioni. Lo stesso Emiliano, entusiasta, dichiarò: «Il nostro Piano di riordino era già uno sforzo di ottimizzare le risorse. Pensavamo di far bene. Ma qui siete andati oltre. Avete fatto meglio». Ma sono trascorsi due anni, e niente nel frattempo è successo. Per questo motivo il Dott. Spaccavento, qualche settimana fa, con un comunicato ha annunciato di lasciare la responasabilità del Progetto: «Devo quindi prendere atto che sono in gioco fattori a me e a noi ignoti, capaci di fermare un lungo e meraviglioso processo democratico, di scelta e partecipazione informata dal basso». Abbiamo così voluto incontrare l’ideatore del Progetto per porgli alcune domande in tema.

Dalla Carta di Ruvo all’ultimo comunicato con cui annunci di abbandonare la responsabilità del Progetto Ospedale Unico. Che cosa è successo in questi due anni?

Intanto diciamo che la Carta di Ruvo è, secondo me, un grande passo avanti da parte dei cittadini. I cittadini si organizzano attraverso una sorta di comitato e, insieme ai medici del territorio, firmano una specie di contratto in cui 180 medici dei tre Ospedali coinvolti (Molfetta, Corato e Terlizzi) chiedono di unirsi per cercare di creare un Ospedale più completo rispetto a quello che il Piano di Riordino Ospedaliero avrebbe voluto. E anche più efficiente e di un livello superiore perché, non dimentichiamo, precedentemente all’uscita del Piano di Riordino, Molfetta e Corato dovevano essere relegate ad Ospedale di base e Terlizzi doveva essere chiuso.

Ospedale di base significa che…

Ospedale di base significa che ogni Ospedale deve avere una Medicina, una Chirurgia ed una Ortopedia.

Praticamente soltanto i servizi di base?
Sì. Inoltre, un laboratorio con servizio h.12 e una Radiologia semplice con reperibilità.

E il pronto soccorso?

Sì, il Pronto Soccorso rimaneva. Ovviamente un Pronto Soccorso che non ha dietro grandi specialità è un Pronto Soccorso comunque ridotto a base. L’idea è quella di accentrare tutto in un Ospedale, scelto attraverso un metodo, questo è fondamentale; valutare il territorio, considerare la grandezza di questo territorio, parte di Giovinazzo, parte di Bitonto, che arriva fino a Corato; valutare la viabilità, l’emergenza, anche i flussi sui Pronto Soccorsi; quindi una scelta metodologica di accentrare queste specialità, tipo l’Urologia, la Ginecologia, la Pediatria, la Chirurgia, il Servizio di Dialisi che, altrimenti, avremmo perso in un Ospedale di base. Metterli insieme e creare un polo di riferimento. Anche perché ci sono certe branche che secondo me non possono essere divise. È inconcepibile nel 2018 pensare che una Ginecologia possa essere distante da una Urologia o da una Chirurgia, come è attualmente, perché si creano veramente dei casi in cui c’è bisogno di tutti questi operatori insieme. La Carta di Ruvo quindi è questa grande manifestazione popolare. Non dimentichiamoci che al Palazzetto di Ruvo, in un giorno feriale, c’erano circa tremila persone provenienti da ogni territorio interessato.

La posizione di Emiliano dopo la Carta di Ruvo.

La posizione di Emiliano dopo la Carta di Ruvo – per onestà intellettuale lo devo dire – è stata quella assolutamente favorevole ad un percorso partecipativo che chiaramente venisse dal basso; quindi praticamente una scelta che venisse fatta ascoltando le sensibilità della popolazione. Ovviamente anche di chi ci lavora dentro gli Ospedali, questo è fondamentale. Attualmente la Medicina non è democratica, la Medicina si sceglie su dei criteri, cioè ci sono delle cose oggettive. Lui è stato sempre favorevole a questo processo; è chiaro che ci sono stati intoppi come le elezioni. Mi rendo conto che il processo decisionale è stato lungo perché, chiaramente, non è semplice organizzare questa cosa. Però sono passati due anni, e in due anni non abbiamo avuto quantomeno un segnale forte, come penso io, una Commissione o una presa chiara di posizione della politica su questo.

Non come medico ma come cittadino, secondo te, perché questa posizione di stasi da parte di Emiliano?

Beh, io penso che la posizione di Emiliano non è una posizione facile perché chiaramente si trova in mezzo ai campanilismi che sono fondamentalmente la parte più negativa di questa situazione, perché ognuno pensa che il proprio Ospedale sia l’Ospedale più giusto per una scelta.

Invece?

Il concetto che io ho sempre detto, e questo è fondamentale, è che la nostra Sanità va diversificata, cioè nel senso che non è che la Sanità è solo l’Ospedale. L’Ospedale è una parte della Sanità, ma mancano le nostre strutture di ambulatori, mancano le lungodegenze. Noi questi anziani non sappiamo dove metterli e andiamo nel privato. Mancano le riabilitazioni. La riabilitazione cardiologica, polmonare, la riabilitazione ortopedica, che sono comunque Sanità ma che comunque non è Sanità ospedaliera, ma che comunque noi non abbiamo e andiamo in cliniche private a fare riabilitazione. Quindi chiaramente quello che noi chiedevamo è un Ospedale inteso come tale, con la rianimazione. Non dimen- tichiamo che nel nostro territorio, a differenza di Bisceglie e Barletta e Andria che sono BAT, ci sono tre rianimazioni. Nei nostri Ospedali non ce n’è nemmeno una. Quindi noi abbiamo un territorio di 180 mila persone senza una rianimazione. Nemmeno a Corato c’è la rianimazione. Praticamente il nostro obiettivo è veramente quello di spingere a creare un Ospedale più completo, ma per il territorio, proprio per evitare la desertificazione sanitaria.

Infatti la situazione è allarmante…

Qualcuno di noi l’ha chiamata “genocidio sanitario”, qua stiamo rimanendo senza nulla.
Quindi io penso che sicuramente i campanilismi l’hanno fermato; sicuramente parte della politica ha messo il suo, perché chiaramente devo dire che in questa esperienza io ho parlato con molti politici, con molti Sindaci, di diversi colori politici, in maniera trasversale, e devo dire che ho avuto anche sorprese positive in questo senso. Però devo dire che sicuramente la politica ha in un certo senso ostacolato un processo, quasi temendo di essere superata da un processo partecipativo.

La mancanza di un Assessore regionale alla Sanità ha inciso negativamente?

Io sono dell’opinione, è chiaro, che più cose hai da fare e più è difficile pensare a tutto. Io non entro nella scelta della mancanza di un Assessore regionale alla Sanità. Se ci fosse stato un Assessore alla Sanità dedicato, probabilmente avrei avuto più semplicità nell’interlocuzione. Anche se devo dire che ogni volta che ho cercato di parlare di questo argomento con il Governatore, lui ha sempre dimostrato disponibilità. Non metto in dubbio questa cosa.

Quindi alla luce dell’ultimo comunicato che tu hai diramato nei giorni scorsi, la reazione politica nell’ambiente vicino ad Emiliano qual è stata?

Alcuni mi hanno sicuramente mandato dei messaggi di sostegno, altri mi hanno chiesto: “Perché hai lasciato?”. Io sto vedendo soltanto dei segnali importanti dalla politica, nel senso che nei Consigli comunali di Ruvo, Terlizzi e di Giovinazzo è stata approvata la mozione all’unanimità, cioè tutti i consiglieri comunali, da destra a sinistra, hanno approvato la mozione all’unanimità dell’adesione alla Carta di Ruvo, cioè della richiesta al Presidente Emiliano del rispetto di quel documento.

Quindi questo è il primo atto formale dopo la nascita del progetto?

Sì, voluto dalla politica su spinta di alcuni partiti e sembrerebbe andare in un senso. Cioè, la cosa è positiva. Ovviamente mancano però i Consigli comunali di Corato e Molfetta che sono chiaramente importantissimi.

E’ chiaro, sono parti in causa…

Però il fatto che la politica da destra a sinistra, incluso anche il Movimento 5 Stelle, abbia dato parere favorevole a questo processo, è per me una soddisfazione. Perché è chiaro che questo processo non è un processo di colore, è un processo trasversale, perché la salute, come ho sempre detto io, non ha colore. Quello che mi preme dire è che noi non siamo contro l’idea di una città o l’altra. La mia idea era quella di scegliere prima un metodo per la scelta e non il contrario; nel senso che un Ospedale di Primo Livello nel nostro territorio, qualora ci sia, qualora ci sarà, qualora ci sarebbe stato, deve essere un Ospedale definitivo. Nel Piano di riordino, se voi vedete bene, si parla di un Ospedale di Primo Livello su Corato come Ospedale transitorio nelle more dell’apertura del grosso Ospedale di Andria. Bene, noi nel nostro territorio a questo punto rimarremo tra Andria e Bari senza Ospedali.

Si parlava invece della costruzione di un Ospedale tra Molfetta e Bisceglie.

Ma quello è stato chiaramente accantonato dal piano di riordino.

Ah, quello è rimasto così?
Sì, è rimasto così. Era un’idea di Guglielmo Minervini e di Tonino Camporeale. Quell’idea è stata praticamente superata.

Quindi non si può dire che in forza di quel progetto verrebbe meno quest’altro?

No, attualmente no, non si può dire. Proprio per questo noi rischiamo di rimanere con un Ospedale di Andria e un Ospedale di Bari, perché è chiaro che l’Ospedale di Corato, e questo c’è scritto nel Piano di Riordino, nel momento in cui sarà costruito quello di Andria, terminerà la sua esistenza. Perché, è chiaro, sarebbero due Ospedali a 5 chilometri, che senso ha? La scelta nostra era un metodo per scegliere un Ospedale definitivo nel nostro territorio. Chiaramente un Ospedale definitivo permette non solo di fare una prospettiva sanitaria migliore ma…

Ma anche investimenti ben oculati.

Infatti, non dimentichiamoci anche che, pur essendo in un’altra ASL, fra qualche anno ci sarà Bisceglie che comunque rimarrà isolata perché con la nuova costruzione di Andria, sceglierà di andarsene o potrà anche pensare di guardare verso questa nuova… e qua potrebbe esserci l’idea dell’Ospedale Consortile che era quella idea di Guglielmo Minervini.

Adesso il gruppo che cosa fa? Continuerà ancora senza il tuo apporto? Il tuo apporto morale ci sarà sempre?

Sì, io ci sarò sempre, anche eventualmente nel bisogno di consigli. Io penso che qualsiasi processo partecipativo di un gruppo di persone non deve dipendere dal singolo, ma deve dipendere dalla voglia di coinvolgere, di creare, di far andare avanti la propria idea. Io sono una piccola parte di un’idea bellissima che ha condiviso tanta gente di tante città. La cosa bella di questa esperienza è che ho incontrato persone di tutte le città, e queste persone hanno abbracciato questa mia idea. Il fatto che non ci sia più a guidare questo gruppo non significa che questo gruppo non debba andare avanti. Anzi, spero in una staffetta, che questa mia uscita responsabilizzi di più le altre persone, o eventualmente altri miei colleghi a non delegare questa cosa.

Abbiamo fatto recentemente un’intervista al Sindaco Tommaso Minervini in cui ha dichiarato che per l’Ospedale di Molfetta si stanno preparando nuove sale operatorie, e stanno ristrutturando anche alcuni reparti. Secondo te, perché queste spese? Per rallentare ulteriormente il processo di unificazione o perché erano interventi già pianificati e quindi con soldi già stanziati?

No, erano già dei progetti pianificati e per una questione di fondi bisogna chiaramente metterli in pratica. Questo succede a Molfetta ma succede anche a Corato, eventualmente anche a Terlizzi. È chiaro che i Sindaci, ma io non ne faccio una colpa, tendano a sponsorizzare il proprio Ospedale. Il livello praticamente mio come Operatore è quello invece di sponsorizzare l’Ospedale più sicuro, che risponda alle norme della legge, soprattutto della Legge Gelli del 2017, sulla sicurezza, sui protocolli di sicurezza. Più sicuro, quindi, più completo e più efficiente, nel senso che per me avere tutte le branche mi serve un Ospedale insieme, significa fare un numero di casi maggiori e avere anche più complicanze e essere allenato a gestire queste complicanze.

Un esempio?

Se in un Ospedale di base non c’è una Ginecologia e ti arriva una paziente ginecologica scioccata, che fai? Come la tratti? È questo il problema. È chiaro che queste cose sono meramente tecniche e soltanto chi lavora dentro gli Ospedali può conoscere. Io, per esempio, ho avuto lamentele anche dai medici di base, ma con tutto il rispetto per loro, che io conosco e alcuni sono veramente preparati, purtroppo non vivono nell’Ospedale e non sanno che succede quando noi non abbiamo una banca del sangue vicino e la notte c’è una paziente che si sta dissanguando o un distacco di placenta o, nel caso dell’Urologia, una prostatectomia. Ci sono praticamente dei casi importanti, di emergenza, in cui la rete medica specialistica dev’essere tutta lì, quindi dev’essere vicina.

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