Favori in Comune, Amati condannato

di SONIA GIOIA – bari.repubblica.it

Piano di recupero del centro storico studiato con particolare riguardo per gli immobili di famiglia. E’ questa l’accusa, tradotta secondo il codice penale nell’ipotesi di abuso in atti di ufficio in concorso, costata la condanna a un anno e otto mesi all’ex assessore regionale ai Lavori pubblici Fabiano Amati. Insieme al politico fasanese è stato condannato a otto mesi anche il sindaco Lello Di Bari, dal quale il primo aveva ricevuto l’incarico di redigere il piano, sebbene Amati all’epoca sedesse fra i banchi dell’opposizione in consiglio comunale. Assolto invece il progettista Davide Maria Dioguardi. La sentenza del giudice Maurizio Saso tiene conto dello sconto di pena (sospesa per tutti) di un terzo previsto per la celebrazione del processo con rito abbreviato.

La vicenda sfociata nell’inchiesta giudiziaria risale al 2009, quando l’uomo di punta del Pd pugliese sedeva ancora fra i banchi delle assise comunali. Prima di finire davanti al gup, il presunto pasticciaccio è passato due volte per il Tribunale amministrativo regionale. Due i ricorsi ai giudici amministrativi. Il primo presentato dall’imprenditore edile Saverio Potenza, l’altro da tre proprietari di altrettanti immobili con sede nel centro storico (Maria Rosiello, Francesco e Vincenzo Saponaro). I ricorrenti contestavano la presunta incompatibilità dell’allora consigliere d’opposizione, che non avrebbe dovuto accettare l’incarico visto che nel borgo antico della città fasanese si trovano diversi immobili di proprietà della famiglia Amati. Il Tar ha dato ragione ad Amati due volte su due, diversamente da quello che è accaduto in sede penale, ritenendo il piano redatto “non viziato da alcuna irregolarità, senza violazioni di legge e dei principi di materia di pianificazione urbanistica”.

Rabbia, sorpesa e amarezza per l’ex assessore, che visti i precedenti proprio non se l’aspettava: “Condannato senza che la delibera di cui mi si incolpa abbia previsto un aumento di un solo centimetro quadro sugli immobili della mia famiglia. Un piano, fra l’altro bocciato dalla Regione, dunque mai attuato. Condannato a dispetto di due sentenze del Tar a me favorevoli, e per giunta sulla base di una consulenza tecnica fornita al pubblico ministero dal tizio  –  per citare il caso più noto  –  che si occupò della vicenda di Lama Balice a Bari, raccontata dall’eroe civile Vito Basile nel libro L’intruso”. Insomma Amati si sente vittima di un errore giudiziario, a pensar bene, ma non molla: “Devo dedurne che chi prende soldi può stare tranquillo, chi non fa nulla va alla sbarra. È questo o no un caso Dreyfus? Naturalmente non mi perdo mai d’animo. Sono un combattente e combatterò sia per me stesso che in nome di decine e decine di casi giudiziari che distruggono con leggerezza la vita delle persone”.

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