Si tratta di Pasquale Misciagna: il suo nome compare nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari fatto notificare dalla Procura di Potenza a dodici persone. Informazioni riservate girate ad Amara da cui poi ha avuto incarichi legali per 40mila euro – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it
C’è un secondo avvocato coinvolto nello scandalo degli incarichi legali affidati grazie all’intercessione dell’ex procuratore di Trani e Taranto, Carlo Maria Capristo: è Pasquale Misciagna, sessantasettenne barese, il cui nome compare nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari fatto notificare dalla Procura di Potenza.
Dodici gli indagati, per reati che vanno dalla corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio a quella in atti giudiziari, dall’abuso d’ufficio al favoreggiamento personale fino alla concussione. Il primo della lista è l’avvocato siciliano Pietro Amara, che ai pm Anna Gloria Piccininni e Giuseppe Borriello (coordinati dal procuratore Francesco Curcio) ha raccontato con dovizia di particolari un sistema di vendita delle funzioni giudiziarie in cambio di incarichi, messo in piedi tra Roma, Trani e Taranto.
E poi l’ex procuratore Carlo Maria Capristo, il poliziotto Filippo Paradiso, l’ex consulente Ilva Nicola Nicoletti, l’avvocato Giacomo Ragno, l’ex giudice Michele Nardi, l’ex pm di Trani Antonio Savasta, l’imprenditore Flavio D’Introno, il carabiniere Martino Marancia, il ragioniere Franco Balducci e l’avvocato Pasquale Misciagna.
La vicenda relativa a quest’ultimo è venuta fuori nel prosieguo delle indagini, dopo che a giugno il gip aveva fatto arrestate Amara, Nicoletti, Ragno e Paradiso e interdire Capristo. A fine settembre, poi, era finito agli arresti domiciliari Enrico Laghi, l’ex commissario dell’Ilva (recentemente rimesso in libertà) che con Capristo avrebbe scambiato favori. L’inchiesta ha svelato un presunto sistema di corruzione negli uffici giudiziari di Taranto (che aveva come primario obiettivo quello di favorire l’Ilva) e prima ancora di Trani.
Non è un caso che tra i protagonisti ritornino Nardi e Savasta, già condannati a Lecce per corruzione in atti giudiziari (a 16 e 10 anni) e una serie di personaggi che da loro avrebbero avuto aiuti processuali. Anche l’avvocato Misciagna si inserirebbe in tale filone. La Procura di Potenza gli contesta di aver cavalcato l’onda del cosiddetto “complotto Eni”, rispetto al quale Amara e Paradiso avevano presentato un falso esposto ai magistrati di Trani.
L’inchiesta (anch’essa farlocca) era affidata a Capristo e Savasta e da quest’ultimo Misciagna avrebbe ottenuto informazioni riservate in merito all’attività giudiziaria, poi prontamente girate a Paradiso e Amara. In particolare, avrebbe saputo in anticipo dal pm le mosse che intendeva fare la guardia di finanza per verificare la veridicità dell’esposto ovvero fare una visita negli uffici dell’Eni per acquisire la necessaria documentazione.
E se il falso complotto tirava in ballo ingiustamente nomi di spessore nazionale – come l’ex presidente Eni Emma Marcegaglia e l’ex ministra Paola Severino – per suscitare un terremoto negli ambienti dell’economia che conta, il fine perseguito da Misciagna, invece, secondo la Procura lucana era un semplice tornaconto personale. In base a quanto hanno ricostruito la Polizia e la Guardia di finanza, il penalista barese avrebbe ricevuto da Amara incarichi professionali per 40mila euro, “a fronte di consulenze, formalmente fatturate, che schermavano il suo illecito profitto”.
Una contestazione simile a quella relativa all’avvocato Giacomo Ragno, che dal processo di Lecce era uscito con una condanna relativamente bassa (2 anni e 8 mesi) e, pochi mesi dopo, si è ritrovato invischiato nell’indagine potentina, nella quale è stato arrestato e quindi anche sospeso dall’Ordine degli avvocati di Trani. Secondo l’accusa, Capristo lo avrebbe sponsorizzato con i vertici Ilva per fargli ottenere importanti incarichi legali. Il procuratore, dal canto suo, avrebbe assicurato all’acciaieria in amministrazione straordinaria un atteggiamento processuale favorevole, dovendo ricambiare anche i favori fatti da Paradiso e Nicoletti quando avevano sponsorizzato la sua nomina alla guida della Procura di Taranto.