Fallimento “Schena Editore”: indagine per bancarotta, sequestro da 1,3 milioni

In prossimità del fallimento, una casa editrice aveva venduto le proprie opere ad una nuova società operante nello sesso settore, che però aveva la stessa sede ed era soggettivamente riconducibile alla stessa casa editrice fallita. Le medesime opere, poi, venivano vendute al pubblico, mediante rivenditori, al prezzo di copertina. 

Un’inchiesta della guardia di finanza della compagnia di Fasano riguardo al fallimento della “Schena Editore“, storica società  di Fasano fondata nel 1947, una delle più note in Puglia, ha portato alla denuncia di due persone, i responsabili rispettivamente della casa editrice fallita, che pubblicizzava e vendeva le opere edite attraverso un proprio sito internet, e della nuova casa editrice, la Schena Service Srl, per il reato di bancarotta documentale e patrimoniale aggravata e per omessa dichiarazione dell’esistenza di altri beni da ricomprendere nell’inventario.

I militari inoltre, in esecuzione di un decreto di sequestro preventivo emesso dal gip del tribunale di Brindisi, su richiesta del pubblico ministero Giuseppe Carluccio, hanno apposto i sigilli a testi scientifici, saggi, collane ed altre opere librarie, del valore commerciale di oltre 1 milione e 300 mila euro.

Nei giorni scorsi, le fiamme gialle fasanesi, avvalendosi della collaborazione dei reparti territoriali ubicati in diverse regioni, hanno proceduto all’esecuzione del sequestro che ha interessato distributori e librerie ubicate sul territorio nazionale (Puglia, Toscana, Umbria, Campania) consentendo di recuperare gran parte del compendio aziendale della società fallita e di assicurare alla procedura fallimentare 93.143 opere. 

Le indagini sono partite nel febbraio 2019, dopo il fallimento della Schena. I finanzieri della compagnia di Fasano al comando del capitano Domenico Pirrò, in particolare, si sono attivati a seguito di un esposto tramite il quale il curatore fallimentare ha segnalato che la società fallita continuava ad utilizzare il proprio sito internet per vendere le opere che erano ancora nella sua disponibilità.

Gli inquirenti hanno quindi appurato che dopo il fallimento della storica casa editrice ne era stata costituita un’altra riconducibile allo stesso ambito famigliare, alla quale la prima aveva ceduto tutte le sue opere, ad un prezzo risibile.  La nuova società avrebbe poi iniziato a produrre nuovi libri, affidandosi a grossi distributori sparsi in varie regioni. 

fonte:  Gia.Gre. – www.brindisireport.it

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