“Falda e sottosuolo a rischio inquinamento”: a Molfetta parte la caccia agli scarichi abusivi nella zona Asi

L’inchiesta della Procura di Trani ha portato anche 17 ispezioni della Guardia costiera nell’area Asi molfettese. I quattro dirigenti indagati per inquinamento ambientale – fonte: Chiara Spagnolo – bari.repubblica.it

C’è un’immagine che meglio delle parole racconta l’inchiesta che coinvolge il Consorzio Asi di Bari: è quella di un uomo della Guardia costiera che si cala in un pozzetto della zona industriale di Molfetta, poco distante dall’outlet. È lì che — su mandato del pm tranese Marco Gambardella — i militari del Nucleo speciale di intervento, guidati da Giuseppe Turiano, cercano le prove sui presunti scarichi abusivi che potrebbero aver determinato l’inquinamento del sottosuolo e della falda.

L’indagine è ancora tutta da scrivere e le ispezioni nella zona industriale (con il supporto della Direzione marittima di Bari, di un elicottero e del laboratorio ambientale mobile) mirano a stringere il cerchio anche sulle aziende, visto che al momento sono stati iscritti nel registro degli indagati soltanto i vertici dell’Asi. Avvisi di garanzia sono stati notificati al presidente del Consorzio, Pierluigi Vulcano; al direttore generale Domenico Mariani; a Giuseppe Riccardi, presidente di Asi spa, e a Pierluca Macchia, responsabile tecnico Asi spa.

Devono rispondere di concorso in inquinamento ambientale per aver consentito — ha chiarito la Guardia costiera su indicazione della Procura — «la prosecuzione da parte delle aziende presenti nella zona Asi di Molfetta di scarichi abusivi di acque reflue sia industriali sia di dilavamento che determinavano l’inquinamento della falda acquifera e di porzioni significative del sottosuolo». Ipotesi tutte da verificare e posizioni «al vaglio dell’autorità giudiziaria», viene rimarcato dagli stessi inquirenti.

E gli indagati, da parte loro, attendono il prosieguo degli accertamenti, esprimendo fiducia nell’operato della magistratura. «Abbiamo fornito e continueremo a fornire massima collaborazione all’autorità giudiziaria — spiega Mariani — Appena ricevuti gli alert sulla possibile presenza di scarichi irregolari ci siamo messi in moto».

In Procura ipotizzano che i reflui industriali prodotti dalle aziende (in un’area che ne ospita 95, di diversa tipologia e grandezza) potrebbero non essere stati correttamente smaltiti e che qualche imprenditore, addirittura, potrebbe non essere in possesso delle autorizzazioni ambientali necessarie.

Prima di passare alle ispezioni, nei mesi scorsi, i militari del comandante Turiano hanno acquisito documentazione presso l’Area di sviluppo industriale ma anche presso la Regione Puglia, il Comune di Molfetta, la Città metropolitana di Bari, l’Arpa Puglia, l’Acquedotto pugliese, l’Autorità idrica pugliese. Mettendo insieme una serie di elementi si è arrivati a ipotizzare che falda acquifera e sottosuolo intorno alla zona industriale molfettese siano stati inquinati.

Il coinvolgimento dei vertici del Consorzio nasce dal fatto che tra i compiti dell’Asi ci sarebbe quello di controllare la qualità dei reflui delle aziende, tramite ditte specializzate, con il campionamento e le successive analisi. «Appena abbiamo ricevuto l’alert dalla polizia giudiziaria ci siamo mossi — ha spiegato ancora il direttore Mariani — Da circa otto mesi abbiamo un’interlocuzione costante con loro, abbiamo trasmesso tutta la documentazione richiesta e avviato specifiche verifiche, tramite l’ausilio di un tecnico e un manutentore, inviando gli esiti a chi di competenza».

La trasmissione degli ultimi atti all’autorità giudiziaria risale all’inizio di agosto, fa sapere il direttore. Che si dice «amareggiato» per quanto sta accadendo. Per lui, come per gli altri tre indagati, l’avviso di garanzia è un atto a tutela, che gli ha dato la possibilità di sapere di essere al centro di accertamenti penali. Se la loro posizione non dovesse essere archiviata e si dovesse arrivare a un avviso di conclusione delle indagini preliminari, avranno modo di difendersi chiedendo di essere interrogati o presentando memorie difensive.

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