
Gianfranco Chiariello fu segnalato dalla banca: sequestro da 4,5 milioni. Il racconto dei pentiti – fonte: Chiara Spagnolo – repubblica-bari del 7.7.2023
Nel 2012 dichiarava redditi da lavoro per 70mila euro ma già deteneva un patrimonio da 4,6 milioni e sul conto corrente versava spesso contanti, per cifre inferiori a 15mila euro. Aveva appena dismesso una Maserati pagata 140mila euro e acquistato una Bentley da 64mila. Già all’epoca, l’insieme di queste operazioni aveva fatto drizzare le antenne alla banca a cui si era rivolto l’avvocato barese Giancarlo Chiariello, oggi 73enne, e l’istituto aveva subito inviato alle autorità competenti due Sos (Segnalazioni di operazioni sospette) in merito al tesoretto accumulato dal penalista. Una somma che negli anni è cresciuta grazie ad ulteriori introiti che, secondo la Procura di Bari, erano frutto del lavoro di avvocato ma soprattutto dell’evasione fiscale commessa dal 2000 al 2020. Una “dichiarazione infedele dei redditi”, recita il capo di imputazione, che gli è costata un sequestro da 4,3 milioni disposto dal Tribunale di prevenzione presieduto dalla giudice Giulia Romanazzi (a latere Giovanni Anglana, relatore Marika Schilardi).
I beni immobilizzati sono 2,3 milioni depositati su un fondo che ne contiene in totale 4,7; denaro contante per 1,1 (che era stato trovato nell’abitazione del figlio Alberto durante l’esecuzione dell’arresto del padre per corruzione nell’aprile 2021); l’immobile di via Andrea da Bari in cui era ubicato lo studio professionale chiuso dopo l’arresto (acquistato nel 2009 per 530mila euro); un altro appartamento in via Calefati (che nel 2019 fu pagato 350mila euro); un orologio d’oro Baume&Mercier del valore di 4.500 euro; un lingotto d’oro da 5.900. «Beni mobili facilmente dispersibili – sottolineano i giudici nel sequestro – che potrebbero essere facilmente sottratti o alienati, anche perché intestati ai congiunti».
Chiariello è attualmente libero, dopo aver trascorso 13 mesi tra carcere e domiciliari a causa dell’arresto per corruzione in atti giudiziari in concorso con il giudice Giuseppe De Benedictis avvenuto due anni fa. Entrambi sono stati condannati a nove anni e otto mesi e ora puntano a far diminuire le pene in appello, al termine del processo in corso a Lecce. Ma il penalista è stato indagato anche a Bari, perché dalla perquisizione effettuata il giorno dell’arresto sono emersi elementi che hanno fatto ipotizzare una lunga attività di evasione fiscale.
«Negli ultimi venti anni ha costantemente sottratto a tassazione buona parte dei redditi conseguiti – dice il decreto – Tale attività di sottrazione rispondeva a una prassi assolutamente consolidata e tutt’altro che episodica». Per questo i giudici definiscono Chiariello «soggetto fiscalmente pericoloso», dalla «peculiare versatilità criminale» e «perseveranza nel delinquere». I presunti reati penali commessi fino al 2013 sono ormai prescritti mentre quelli dal 2014 al 2020 sono oggetto di un procedimento penale che nel febbraio 2022 aveva portato il gip di Bari a disporre un sequestro da 10 milioni (dei quali ne erano stati trovati 5) poi rideterminato dal Riesame in 2,9. Successivamente il Nucleo Pef della guardia di finanza – guidato dal colonnello Luca Cioffi – ha svolto ulteriori indagini e la Procura ha avviato un procedimento di prevenzione patrimoniale che ha avuto un primo risultato con il sequestro dei 4,3 milioni effettuato ieri.
La tesi è che il professionista abbia evaso l’Irpef per 4,1 milioni e iva per 2,2, chiedendo ai propri clienti pagamenti dei compensi professionali in contanti e senza poi dichiarali al fisco. A confermare l’utilizzo di tale prassi sono stati alcuni collaboratori di giustizia: Umberto Fraddosio, Danilo Della Malva, Giovanni Naviglio, Adriano Pontrelli e Domenico Milella, ex braccio destro del boss di Japigia Eugenio Palermiti. Quest’ultimo aveva messo a verbale: «Per fare un’istanza di scarcerazione all’avvocato Chiariello davi 40-50mila euro, per il processo poi dipende… gli porti 5-10, un poco alla volta. Su un omicidio ci volevano circa 100mila euro. Tutto in contanti e senza ricevuta». I nominativi dei clienti eccellenti, poi diventati pentiti, sono stati rinvenuti dai finanzieri nello studio legale. Al suo interno era stata acquisita anche la documentazione relativa a 239 fascicoli processuali per effettuare le verifiche fiscali, dalle quali è emersa una discrasia tra i compensi previsti dalle tabelle professionali e quelli dichiarati. In tale lavoro gli investigatori sono stati supportati dai consulenti tecnici Giovanni La Sorsa e Elbano De Nuccio.
Il passo successivo è stato quindi confrontare i redditi dichiarati con il tenore di vita della famiglia Chiariello e, anche in questo caso, per i pm sono emerse evidenti sproporzioni. Nel 2008, per esempio, aveva dichiarato di aver guadagnato 178mila euro ma ne aveva spesi 336mila, 140mila dei quali per acquistare una Maserati Granturismo. Successivamente erano state acquistate una Bentley continental e due Mercedes del valore tra i 60 e i 70mila euro, ma a fronte di guadagni che restavano sempre bassi. E anche la giustificazione addotta da Chiariello due anni fa («Questi sono i risparmi di vent’anni di lavoro») in riferimento al milione di euro in contanti trovato in casa del figlio, ai giudici è apparsa poco credibile: «Ci troveremmo di fronte alla paradossale ipotesi di un soggetto che ha risparmiato più di quanto avesse guadagnato».
Se l’avvocato abbia detto o meno la verità sarà il prosieguo del procedimento giudiziario a stabilirlo. Per ora c’è il nuovo sequestro che la Procura ha chiesto e ottenuto, nella speranza che possa poi trasformarsi in confisca.
