Elezioni regionali 2015: «Era voto di scambio, alla sbarra i Di Cosola»

fonte: http://edicola.lagazzettadelmezzogiorno.it

Associazione mafiosa, scambio elettorale politico-mafioso, coercizione elettorale e corruzione elettorale: sono i reati contestati, a vario titolo, ai 27 imputati per i quali la Procura di Bari ha chiesto il rinvio a giudizio. Stando alle indagini della Dda di Bari, gli imputati, quasi tutti affiliati al clan Di Cosola, avrebbero tentato di condizionare l’esito delle ultime elezioni regionali in Puglia del maggio 2015 procurando voti, in cambio di denaro, a Natale Mariella, candidato con la lista «Popolari» a sostegno di Michele Emiliano (poi non eletto e non coinvolto in questa indagine).

I reati relativi al presunto voto di scambio riguardano solo 5 dei 27 imputati, mentre tutti gli altri rispondono di associazione mafiosa e della gestione delle attività illecite legate ad armi, droga ed estorsioni. L’udienza preliminare inizierà il prossimo 22 novembre dinanzi al gup del Tribunale di Bari Alessandra Piliego.

Stando alle indagini dei Carabinieri del Nucleo investigativo, coordinate dai pm Antimafia Carmelo Rizzo e Federico Perrone Capano, in alcuni comuni della provincia di Bari gli affiliati all’organizzazione criminale, fra i quali Michele Di Cosola, figlio del boss Antonio Di Cosola, entrambi collaboratori di giustizia, nelle settimane precedenti le elezioni regionali avrebbero fermato persone per strada invitandole a votare Mariella «mediante l’esercizio della forze di intimidazione del clan» e con «minacce velate», così «impedendo il libero esercizio del diritto di voto». Tra coloro che rischiano il processo c’è anche l’incensurato Armando Giove, ritenuto il referente di Mariella, accusato di aver accettato la promessa del clan di procurare voti, offrendo in cambio 70 mila euro. Giove risponde di concorso esterno in associazione mafiosa perché «mediante l’offerta di denaro e posti di lavoro», avrebbe «fornito un contributo concreto e consapevole al rafforzamento dell’organizzazione criminale».

Agli atti dell’inchiesta ci sono le dichiarazioni del pentito Michele Di Cosola, il quale aveva spiegato agli inquirenti come era stato organizzato il tentativo di pilotare le elezioni. «I» aveva dichiarato circa un anno fa. Di Cosola spiegava che «c’erano parecchi soggetti che hanno lavorato per questo poli- tico, per portare il voto a questo politico in vari paesi», divisi per zone fra Ceglie del Campo, Gio- vinazzo, Bitritto e Valenzano. A una decina di affiliati al clan «avevano promesso lavoro e soldi, – diceva il pentito – avevano mangiato tante persone su quelle cose». «Ci eravamo impegnati per le elezioni – continuava – perché non volevamo fare cadere il nostro nome, perché quelli sono business buoni per tutta la mala di Bari» e se i risultati non arrivano, spiegava Di Cosola «poi non vengono più, tra politici se la girano la voce, quindi nel futuro si rivolge a quel gruppo perché è affidabile, ha dimostrato di essere capace».

La richiesta di soldi in cambio dell’interessamento del clan sarebbe arrivata a Giove direttamente dal pregiudicato Leonardo Mercoledisanto, che avrebbe poi spartito il denaro (28mila euro avuti come anticipo) con i sodali Luigi Guglielmi (per i comuni di Giovinazzo e Bitritto), Giovanni Martinelli, Teodoro Frappampina (per Ceglie del Campo), Michele Di Cosola, Pietro Mesecorto, Alfredo Sibilla e Alfonso Partipilo. Per questi fatti Guglielmi, Martinelli, Frappampina e Sibilla sono stati già giudicati e condannati con rito abbreviato a pene comprese fra i 12 e i 9 anni di reclusione.

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