«Elezioni con i voti della mafia»: la Procura di Bari chiede il processo per gli arrestati di Codice Interno

Alla sbarra con rito immediato le 124 persone ancora in custodia cautelare. Ci sono i boss Parisi e Palermiti insieme all’ex consigliere regionale Olivieri e alla moglie. Si parte il 2 luglio

fonte: Isabella Maselli – www.lagazzettadelmezzogiorno.it

Il presunto voto di scambio politico mafioso che avrebbe consentito a Maria Carmen Lorusso di essere eletta il 26 maggio 2019 nel Consiglio comunale di Bari finisce a processo. La Dda di Bari ha chiesto e ottenuto il giudizio immediato per 124 persone. Tra loro ci sono anche Giacomo Olivieri, marito della ormai ex consigliera, insieme a imprenditori, vertici e sodali dei principali clan mafiosi della città, come i boss Savinuccio Parisi e Eugenio Palermiti. L’inchiesta il 26 febbraio portò all’arresto di oltre 130 persone, 124 delle quali tuttora detenute. Per loro, a meno di tre mesi dalle misure cautelari, su richiesta dei pm Fabio Buquicchio, Marco D’Agostino e Federico Perrone Capano, il gip ha fissato al 2 luglio l’inizio del processo davanti alla Seconda sezione penale (salvo richieste di riti alternativi).

E così tutto quello che l’Antimafia ha scoperto in anni di indagini, raccolto in decine di migliaia di atti giudiziari tra informative, fotografie, intercettazioni, documenti contabili, finirà davanti ad un collegio di giudici. Un nuovo maxi processo alla mafia barese che riunisce l’esito di due diverse indagini: una sugli affari tipici della criminalità organizzata, l’altra sulle presunte infiltrazioni dei clan nelle istituzioni e nell’economia della città. Una mafia moderna capace di penetrare nel tessuto politico e di fare affari con il mondo delle imprese, mettendo le mani su un pezzo della città. Una mafia capace di truccare le elezioni, di condizionare il risultato di partite di calcio, di controllare il business del caffè, di veicolare le assunzioni nella società comunale dei trasporti, l’Amtab, da quel giorno sottoposta ad amministrazione giudiziaria.

Il clan Parisi-Palermiti – hanno ricostruito gli investigatori della Squadra Mobile – sarebbe riuscito a infiltrarsi «in tutti i settori immaginabili» della vita economica e sociale della città, trovando la connivenza di imprenditori e politici (come l’ex consigliere regionale Olivieri e la moglie, eletta nella lista «Di Rella sindaco» con il centrodestra e poi passata in maggioranza).
L’inchiesta, ribattezzata «Codice Interno», ha smascherato gli affari del clan di Japigia all’indomani della guerra di mafia della primavera 2017: estorsioni, armi, droga, ma anche aste giudiziarie truccate, truffe su falsi incidenti, estorsioni su gare sportive. In questo spaccato oscuro della vita cittadina, sono descritti anche riti di affiliazione, fenomeni di folklore mafioso come i fuochi d’artificio in occasione di scarcerazioni, le canzoni in piazza evocando la scarcerazione del capo clan, il controllo del territorio che si esprime nel rapporto quotidiano con le persone, che si rivolgono al clan per riavere un macchina rubata, per recuperare un credito, per i biglietti di un concerto, per un’assunzione, per dirimere controversie sindacali.

Scorrendo l’elenco degli imputati si ritrovano i nomi storici dei principali clan del capoluogo pugliese: Savinuccio Parisi e il «socio» Eugenio Palermiti, ma anche i loro diretti «eredi», dal figlio cantante del capo clan di Japigia, Tommy, ai nipoti dei boss, Tommaso Lovreglio (clan Parisi) e Gaetano Strisciuglio (figlio di «Franco La Luna» del Libertà), alla cugina del boss del San Paolo Andrea Montani «Malagnac», Bruna, ritenuti questi ultimi tre l’anello di congiunzione con il mondo della politica per procacciare i voti della criminalità, in cambio di buoni benzina, buoni spesa, denaro e favori, alla candidata Mary Lorusso, figlia dell’oncologo Vito Lorusso (ad lui imputato ed entrambi finiti agli arresti domiciliari, mentre il marito è in carcere).

Le telefonate e le chat intercettate dagli investigatori negli ultimi quattro anni hanno permesso di ricostruire ruoli e traffici, il tutto confermato dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, primo fra tutti l’ex braccio destro del boss Palermiti, Domenico Milella, ma anche Nicola De Santis, ex sodale dei Capriati ed ex autista dell’Amtab. Agli indagati sono contestati, a vario, titolo, i reati di associazione mafiosa, estorsioni, porto e detenzione di armi da sparo, spaccio di droga, turbativa d’asta, estorsione in competizioni sportive, favoreggiamento, intestazione fittizia di beni (tutti aggravati dal metodo mafioso) e scambio elettorale politico-mafioso.

Nell’atto notificato agli imputati che li avvisa dell’inizio del processo, i pm hanno identificato anche le persone offese dei reati contestati, che se lo vorranno potranno costituirsi parti civili. In testa all’elenco c’è il Comune di Bari, travolto dalla bufera per via della vicenda Amtab: dopo il blitz il Prefetto ha nominato una commissione d’accesso incaricata di valutare l’eventuale scioglimento per mafia. Ci sono poi l’Amtab, la Regione Puglia, il Comune di Altamura (per la presunta asta di un capannone nella zona industriale della città murgiana pilotata dal clan barese), i Ministeri di Interno, Economia e Giustizia, la Figc (per due presunte partite truccate del 30 aprile 2017 e del 7 ottobre 2018 tra Corato Calcio e Fortis Altamura), e pure la Banca del Mezzogiorno (ex Popolare di Bari) per una presunta estorsione contestata a Olivieri.

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