De Falco e la tragedia del Moby Prince: «Primi soccorsi non per i passeggeri»

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fonte: http://www.corriere.it/cronache – di Marco Gasperetti 

I primi soccorsi furono tempestivi, quella notte del 10 aprile del 1991, ma non per salvare i passeggeri del traghetto del Moby Prince che il fuoco stava divorando, ma per raggiungere la petroliera Agip Abruzzo. Fu un intervento «volontario» e privato con lo scopo di trarne un profitto. Così trascorsero più di sei ore prima che si organizzasse un effettivo coordinamento di soccorsi per salvare i passeggeri e l’equipaggio del Moby Prince.

La deposizione in Senato

Il risultato fu asimmetrico: il salvataggio dell’equipaggio dell’Agip Abruzzo e la morte di 140 persone (soltanto il mozzo Alessio Beltrand si salvò in modo rocambolesco) sul traghetto diretto a Olbia. Venticinque anni dopo un capitano di 8-0-1395149827-k8mi-u432301125589940ts-140x180corriere-web-sezioniFregata, Gregorio de Falco, famoso in tutto il mondo per i soccorsi durante il naufragio della Costa Concordia e le frasi di esortazione a tornare a bordo al comandante Francesco Schettino, depone davanti alla commissione parlamentare d’inchiesta del Senato e la tragedia del traghetto torna ad essere d’attualità. Perché, durate l’audizione, de Falco, codici e regolamenti alla mano, dimostra che la sera del disastro furono disattese le più elementari regole di buonsenso nei soccorsi e da Livorno e La Spezia non partirono quei mezzi (elicotteri, squadre di avvistamento da terra, navi, ecc…) che forse avrebbero potuto salvare vite umane. E invece per alcune ore il Moby Prince, di cui non si riuscì neppure a stabilire l’identità, non venne neppure cercato e tutte le unità si diressero e furono dirette verso la petroliera. In più, senza elementi di valutazione concreti, si decise che sul traghetto non ci potevano essere superstiti e dunque non si salì neppure a bordo.

Eppure il Moby Prince era stato costruito per resistere al fuoco per diverso tempo. Giusto comandante?

«Sì, come ho detto in commissione, il Moby Prince, come tutte le navi da passeggeri, era stato costruito con una zona apposita capace di resistere al fuoco diretto per ore».

Dunque se ci fosse stato un coordinamento immediato e ci si fosse concentrati sul Moby ci sarebbero stati meno morti?

«Questo io non posso dirlo con certezza. I dati tecnici dimostrano che la nave era stata progettata per proteggere passeggeri e equipaggio in caso di incendi violenti. Se gli sforzi fossero stati organizzati con metodo per individuare il traghetto e non solo sull’Agip Abruzzo che ormai aveva l’equipaggio in salvo, il Moby sarebbe stato individuato molto prima e dunque si sarebbe potuti intervenire molto più efficacemente».

I soccorsi volontari furono abbastanza immediati dopo l’Sos. Giusto?

«Quelli spontanei sì. Durante l’inizio dei soccorsi, salparono rimorchiatori privati per andare a raggiungere l’Agip Abruzzo dopo aver ascoltato direttamente la richiesta d’aiuto della petroliera senza per altro alcun ordine o istruzioni della capitaneria. Il soccorso spontaneo, se pur importante, è quello che si configura come intervento egoistico, lucrativo. Il fine è quello dell’utile anche se si salvano persone».

E il soccorso della capitaneria e delle altre autorità pubbliche?

«La testimonianza dell’allora ispettore generale delle capitarie, Giuseppe Francese, è molto precisa. Secondo l’ammiraglio un effettivo coordinamento dei soccorsi fu organizzato soltanto dopo le cinque del mattino».

C’è chi ha sostenuto che il soccorso al Moby Prince, devastato dal fuoco, tecnicamente era impossibile. Lei che cosa ne pensa?

«Come ho detto in audizione, l’equivalenza riassunta nello slogan “dove non c’è una via di fuga non c’è neppure un via d’ingresso” è una grande sciocchezza. I passeggeri non avevano indumenti di protezione contro le fiamme, erano impauriti, mentre i soccorritori avrebbero potuto utilizzare respiratori, tute antincendio e crearsi una via di accesso per raggiungere gli eventuali superstiti».

E allora perché non ci si mosse in questa direzione?

«Non lo so. Secondo me si sarebbero dovuti utilizzare i rimorchiatori per trasportare i vigili del fuoco a bordo del Moby Prince e allo stesso tempo raffreddare il traghetto con lanci d’acqua. Ma questo non fu fatto».

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