“Da Capriati via libera per uccidere”

II carisma criminale di Filippo Capriati è in ascesa se, stando alle indagini della Direzione distrettuale antimafia di Bari, avrebbe avuto iI potere di “avallare” un omicidio. E se iI presunto mandante di un delitto, si sarebbe rivolto proprio a lui per ottenere il “via libera“. L’omicidio di Girolamo Valente, ucciso nell’agosto 2017 a Bisceglie, è stato un omicidio di mafia anche per questo. Capriati, nipote del boss della città vecchia Antonio, ritenuto dall’Antimafia colui che ha raccolto le redini dell’omonimo clan di Bari Vecchia, già detenuto nell’ambito di un’altra inchiesta sull’omonimo clan, è accusato di essere stato iI  “concorrente morale“, dell’omicidio poi ordinato, secondo l’accusa dal biscegliese Paolo De Gennaro, anche lui arrestato con l’accusa di omicidio volontario premeditato con l’aggravante mafiosa, anch’egli già detenuto per un’altra vicenda. L’ordinanza è stata emessa dal gip del Tribunale di Bari Giovanni Abbattista su richiesta dei pm antimafia Luciana Silvestris e Giuseppe Maralfa che hanno coordinato le indagini dei Carabinieri della tenenza di Bisceglie e della Compagnia di Trani.

L’omicidio avvenne a distanza di due mesi dall’agguato in cui rimase ucciso il fratello di De Gennaro, Matteo, e gli inquirenti ritengono che Valente sia stato ucciso anche per vendicarne la sua morte. Due sicari in sella a una moto (uno ancora in corso di identificazione) affiancarono l’auto con a bordo Valente ed esplosero 18 colpi di mitragliatrice uccidendo l’uomo e ferendo la moglie che viaggiava con lui. Per questo il giudice ha riconosciuto anche il reato di tentato omicidio, oltre a ricettazione, detenzione e porto di armi.

L’inchiesta avrebbe accertato l’esistenza di un accordo tra De Gennaro e Capriati per compiere l’omicidio. Da Capriati – secondo l’accusa – arrivò l’ok all’agguato e la rassicurazione di una successiva protezione in caso di ritorsioni. Oltre al desiderio di vendetta per l’agguato al fratello, alla base del delitto ci sarebbe stata anche la volontà di De Gennaro “di affermare la propria personalità criminale” – spiegano gli investigatori – nel locale traffico di sostanze stupefacenti“.

Capriati, come detto, era detenuto nell’ambito di un’altra inchiesta dell’Antimafia. Dalla droga alla detenzione di armi; dall’acquisto di merci imposte ai commercianti del quartiere Carrassi e agli ambulanti della Festa di San Nicola, al “controllo del servizio di assistenza e regolazione del traffico veicolare, connesso ai traffici e alle operazioni portuali all’interno del porto di Bari“. Ovvero gli affari del clan Capriati che, stando alle indagini, stava provando a rinascere dalle sue ceneri. A raccogliere l’eredità lasciata dal capostipite Antonio Capriati, ci sarebbe stato suo nipote Filippo, da ieri in carcere anche con l’accusa di omicidio.

fonte: Giovanni Longo – La gazzetta del mezzogiorno

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